Caro direttore,
in questi giorni siamo riusciti “miracolosamente” a vedere alcuni canali televisivi europei, anche cattolici, con il desiderio di capire se e quanto di ciò che accade da noi è a conoscenza del mondo. Sono rimasto turbato. Non ne parlano mai. Il silenzio aleggia. Noi non esistiamo.
Siamo figli di un dio minore?
Capisco che la comunicazione ha le sue leggi, ma è triste constatare che non si parli più della Birmania nei Tg. Quanti morti ci devono essere perché si parli di noi? Ciò mi ha gettato in una profonda disperazione, perché la speranza per questa gente è quasi esclusivamente legata alla pressione dell’opinione pubblica mondiale. Se si scatena la guerra civile totale sarà un massacro. Fionde, archi e frecce contro fucili, cannoni e aerei. E legittimerà ulteriormente l’uso della forza. Non devono cadere in questa trappola, ma perché questo non accada devono percepire almeno che nel mondo si parli a oltranza del Myanmar. Sennò è facile che prenda il sopravvento la disperazione che conduce a forme di lotta non pacifiche.
Ciò che addolora, per quanto ho potuto vedere, è il constatare come i media internazionali siano concentrati quasi esclusivamente sul tema Covid. Capisco ma non concordo.
Per noi il Covid è un “di cui”. Anche così, con questo silenzio, si aiutano dittatori e governanti senza scrupolo, lasciando loro – di fatto – mano libera. Al massimo vi preoccupate dello sgarbo rivolto alla von der Leyen (e con lei a tutte le donne) perché è rimasta senza sedia ad Ankara e, nel contempo, non fate sentire la vostra voce davanti a queste violenze! E non siamo gli unici. So bene – con tristezza – che anche altrove accadono fatti simili ai nostri (Siria, Etiopia, Venezuela, ecc): tutti figli di un dio minore.
Davvero devo riconoscere che i nostri generali hanno colto una tempistica perfetta, direi chirurgica: Covid & nuova amministrazione americana. Solo casuale?
Sempre a proposito di Covid: non ne scrivo anche perché incredibilmente qui la gente non si lamenta sebbene i morti come da voi siano migliaia. Credo non sia difficile immaginare con quanta virulenza questo dramma si aggiunga a quello politico, in un paese senza ospedali, senza medicine e … con i militari per le strade.
A partire da ciò consentitemi un’osservazione sulla situazione europea/italiana vista da Rangoon. Premettendo che è basata solo su quanto abbiamo visto, quindi parziale.
Capisco che anche per voi sia difficile vivere questa situazione: migliaia di morti, ospedali e reparti di emergenza intasati, lockdown, crisi economica. Ma da qui, pare che la vostra difficoltà sia innanzitutto psicologico-culturale. Vista da Rangoon, è come se, per gli europei, i 75 anni di pace, prosperità e welfare abbiano prodotto un indebolimento delle coscienze. L’idea – giusta – che lo Stato debba avere un approccio solidaristico e “keynesiano” si è trasformata in una delega totale allo Stato o quantomeno in una riduzione delle responsabilità personali. Al punto che oggi andate in crisi perché vi è chiesto per ragioni sanitarie un sacrificio che qua a Rangoon sembrerebbe ovvio. Lungi da me dare lezioni, ma qualcosa non torna.
Da ultimo solo un cenno alla cronaca: continuano le violenze e i saccheggi indiscriminati da parte dei “ribelli”. Senza ritegno. Sono stati arrestati molti medici che erano in sciopero negli ospedali ma fornivano la loro opera gratuita nei dispensari e ambulatori della Caritas. Contemporaneamente sono stati liberati i delinquenti comuni che andranno ad ingrossare le fila di chi semina terrore. Aiuto.
Un lettore dal Myanmar
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