Caro direttore,
il 1° febbraio ricorreva il secondo anniversario del colpo di Stato dell’esercito birmano. Mercoledì in tutto il Paese è calato un profondo silenzio. Lo sciopero generale non prevedeva manifestazioni, forme di protesta o altro. Solo il silenzio di un intero popolo. Così è stato. Un silenzio di piombo.
Questo non cambierà nulla. Assicuro, però, che vedere strade deserte e ascoltare uno spettrale silenzio ha comunicato a tutto il Myanmar qual è il sentiment generale. Neanche un’indagine demoscopica della migliore agenzia al mondo poteva dare risultati più chiari. Qua, come in quasi tutti i Paesi poveri, la vita-vita si svolge nelle strade: perciò il silenzio ha detto tutto. Più di mille parole o editoriali. Ma cos’altro si può fare davanti all’arroganza del potere?
Nell’immediatezza dei fatti posso solo dirvi che tutto pare si sia svolto pacificamente. Spero di non dovervi aggiornare: qui le notizie arrivano col contagocce. Di molti eccidi si è saputo solo dopo vari giorni. Sui telegiornali di Stato sono comparse solo immagini di centri commerciali (di proprietà dell’esercito!) pieni di gente. Verosimile: come l’anno scorso hanno organizzato pullman dalle campagne, obbligando la gente a partecipare, per dimostrare che la vita si svolgeva normalmente. Non sono neanche sicuro che le immagini fossero dell’anno scorso o di quest’anno! Poi, qua e là, qualche manifestazione pro-regime preconfezionata. Ma la realtà è quella descritta: un silenzio di piombo.
Posto che ormai è chiaro che alla domanda “Perché morire per Rangoon?” sono seguiti solo meri atti formali da parte delle democrazie (sottovalutando le implicazioni di questa dittatura nell’attuale panorama geopolitico mondiale), il popolo birmano dovrà approcciarsi a una biblica ennesima “lunga traversata del deserto”. Ma veniamo ai fatti.
L’arroganza del potere è arrivata a infliggere il 30 dicembre 2022 ad Aung San Suu Kyi altri anni di detenzione: siamo a quota 33 anni. È chiaro che, per la sua età (75 anni) e il suo stato di salute, è stata solo l’ennesima dimostrazione di potere. Da voi qualcuno ne ha parlato. Qua, per la verità, non ha fatto notizia. Era già scritto.
L’arroganza del potere è arrivata a concedere la grazia al cittadino australiano consigliere economico della Lady per poi revocarla. Ergo: lo stato di diritto – semmai vi fosse stato bisogno di conferma – è carta straccia. È vero che molte persone sono state graziate. Ma nessuno di loro era un detenuto politico: solo i delinquenti comuni sono stati graziati, a condizione che sostenessero il governo. Immaginate l’esito! Settemila delinquenti comuni in giro al soldo del potere!
L’arroganza del potere è arrivata a bombardare e distruggere chiese nello stato Sagaing (ma facenti parte della diocesi di Mandalay). Numerosi i morti. So che il Papa ha parlato di questo. Il tutto avviene in una zona a forte presenza cattolica che – come ho già avuto modo di scrivere – risale ai tempi in cui alcuni pirati portoghesi vennero mandati a due a due in confino in quell’area e lì comunicarono la fede cattolica alla popolazione locale ben prima dell’arrivo dei missionari. Perciò – nonostante il card. Bo si sia mostrato pronto al dialogo, attirandosi anche molte critiche – neanche la Chiesa cattolica è esclusa dalle violenze.
L’arroganza del potere si esercita non solo in questi fatti eclatanti ma anche nella vita quotidiana. Fino – banalmente, ad esempio – a fermare e requisire il misero motorino di seconda mano di un mio conoscente. Era la sua fonte di lavoro: faceva il mototaxi. Dal risciò a pedali era riuscito a passare al motorino. Ora non ha più né l’uno né l’altro. Si farà una colletta per lui.
L’arroganza del potere è arrivata ad incrementare gli acquisti di aerei, navi ed elicotteri per l’esercito in un Paese che è alla fame. Mezzi di seconda mano (perché esiste un fiorente mercato anche per questi), spacciati dalla propaganda come grande successo, ma – sia come sia – se messi a confronto con le fionde e i fucili da caccia …. sono invincibili.
Insomma, non c’è area o comparto in cui non si voglia inculcare un clima di paura e terrore. Puoi essere fermato ed arrestato per qualsiasi motivo. Regna il terrore: alla domanda delle ragioni, come anch’io ho fatto quando mi hanno fermato, la risposta – candidamente – è stata “Qui comandiamo noi, non fare domande”. Il che mi ricorda quanto è scritto all’ingresso delle scuole statali: “Impara quello che diciamo, mangia quello che ti diamo e non fare domande”.
L’arroganza del potere è tale che non vengono più rilasciati passaporti: questa ora più che mai è una prigione a cielo aperto. Perché un posto da cui non si può uscire ha solo due nomi, che io sappia: prigione o manicomio.
In tutto questo elenco del male non posso non citarvi, seppur brevemente, i tanti gesti di carità e sostegno tra la gente. Fra etnie e religioni diverse, cose mai viste! Ma consentitemi un distinguo. Tutti – ripeto: tutti – sono generosi, ma mi pare – o forse sono condizionato – che i cristiani, avendo la coscienza di un Dio presente, abbiano un quid, un modo diverso di farlo rispetto ai buddisti.
A questo riguardo: vi è un aspetto che è stato messo in grande evidenza dai monaci buddisti nazionalisti (sostenitori dei militari) ed ovviamente amplificato dai notiziari di Stato. Per noi è, diciamo, tra il naturalistico e il folkloristico, ma per i buddisti è importante: in Birmania è nato un elefantino bianco (albino). Per loro è un grande segno di benedizione e approvazione divina sul Paese, di felicità e prosperità. Preciso ancora una volta, pur non essendo uno storico delle religioni, che il buddismo è una filosofia con aspetti rituali ma non può essere considerato una religione tout court e che al suo interno esistono scuole e impostazioni assai variegate.
Non so come e dove la gente trovi la forza per vivere. Vi prego di sostenere questo popolo. Io speriamo che me la cavo.
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