Caro direttore,

nella mia mail precedente ti ho scritto “l’inferno esiste, è qui” e ho cercato di descrivere cosa accade dal punto di vista sanitario.

Ora, su suggerimento dei miei amici, aggiungo: “Di una cosa siamo certi, noi non andremo all’inferno. L’abbiamo già vissuto qui.”

Non voglio fare il filosofo (che non sono) ma qua alla drammaticità di quanto accade in tutto il mondo con la pandemia, si è aggiunto un quid drammatico. Sfruttando la bolla e l’attenzione mediatica sul Covid, il male (o chiamatelo come volete), ha colto il momento per imporre la sua legge. Infatti l’arroganza del potere ha la presunzione di controllare tutto (come ti ho scritto: anche le bombole di ossigeno) con il risultato di non riuscire a fare niente. Muoiono di Covid gli stessi militari, perché il vaccino cinese fornitogli a caro prezzo dal potente vicino non funziona.



Purtroppo il virus non fa distinzioni: muoiono anche i pastori delle anime non vaccinati (sacerdoti e religiosi cattolici in prima fila – l’ultimo è il vescovo di Pathein che pure avevo conosciuto – come monaci buddisti).

Ma l’inferno di cui ti parlo non è solo quello sanitario: anzi e soprattutto – è quello dello stato sociale.



L’orgia del potere arriva a livelli di controllo spaventosi. Continuano arresti arbitrari e violenze indiscriminate incutendo un clima di terrore paragonabili a quelli imposti dalle polizie segrete dei regimi filosovietici più dogmatici dei tempi andati. Ormai questo non fa più notizia. Solo e forse se arrestassero il primate di Birmania ne parlereste. Ammesso e non concesso che i vostri telegiornali abbiano dato conto per più di 30 secondi nell’arco di un mese delle violenze degli ultimi tempi.

La novità è che ora gli avvocati sono sottoposti a tali e tante pressioni che preferiscono rendersi irreperibili. Così è sempre più difficile trovarne uno disponibile ad assumersi l’incarico e gli arrestati non hanno neanche la possibilità di un minimo di difesa! Per altro, sempre in tema di certezza del diritto, in un’udienza al processo contro la Lady, il colonnello che comandava la perquisizione ha ammesso che non avevano alcun mandato delle autorità giudiziarie. Per certi versi non stupisce, ma per altri  neanche avere la decenza di farsi firmare un mandato di perquisizione da un giudice compiacente? Suvvia!!  Per cui, non stupisce certo che non si facciano scrupolo di arrestare un semplice cittadino per ragioni tutte da verificare, magari per sequestrargli l’auto (come al mio vicino) o l’unica mucca che ha nella stalla!



L’altro aspetto inquietante in questo clima di menzogne è che i militari stessi organizzano delle false rivolte. Accade anche questo. Perché questo giustifica l’intervento armato, rastrellamenti e – soprattutto – se qualche civile pensa ingenuamente di unirsi alla manifestazione, finisce nella rete bellamente approntata.

Nelle settimane scorse si era anche palesata una fake news. Poiché il capo dei ribelli era andato a Mosca, per rinsaldare i rapporti, qualcuno aveva messo in giro la notizia che un altro gruppo di generali poteva fare un controgolpe. Nessuno ci ha creduto. Il commento era: “Tanto, generali sono e altri generali verrebbero”.

Ma in tutto questo male, ci sono gesti di solidarietà, di bene. Gente che condivide il poco o niente che ha: una visita ai malati portando un po’ di latte, riso o l’ultimo pesce pescato…   Ma questo vincerà?

Qua in Myanmar è in ballo una domanda semplice, semplice: può il potere di quattro generali appoggiati dal potente vicino decidere le sorti di un paese, con 60 milioni di persone e – in tempo di Covid – non incontrare obiezioni di alcuno? Nulla quaestio? Scusate il disturbo.

Un lettore dal Myanmar