Caro direttore,
qui la situazione è sempre più difficile. Manifestazioni mai viste, in tutto il paese, con gente che arriva fin dalle campagne per parteciparvi. Li riconosci. Sono i più poveri. Non so da quanto non mangino qualcosa di diverso dal riso. Eppure sono qua in città e vogliono fare la loro parte nella battaglia per la libertà. È commovente.
Vi chiedo di fare pressioni sulle autorità italiane ed europee perché si adoperino per una soluzione “politica” della crisi finché si è in tempo ad evitare morti e sofferenze. Semplicemente perché l’alternativa è la guerra civile. Qua si è deciso, individualmente ma collettivamente, che non si torna indietro. Teniamoci in contatto con gli escamotage informatici che sappiamo.
Qui è ormai convinzione comune (dal pedalatore di risciò all’impiegato statale di ogni ordine e grado) che piuttosto che tornare indietro al 1988 si fanno ammazzare tutti. Questi sono disposti a tutto. Piuttosto che tornare a vivere sotto una dittatura, preferiscono morire. Quali forme prenderà la protesta non lo so. Finora i manifestanti sono molto bravi nel non provocare e l’esercito nel mantenere la pazienza. Ma quanto durerà?
Per questo temo sviluppi imprevedibili: da gesti individuali alla Jan Palach (si diede fuoco a Praga in piazza san Venceslao per protesta contro l’invasione sovietica) a fenomeni collettivi. Dall’altro lato va notato che 10 o 15 anni fa, in condizioni simili, l’esercito avrebbe sparato ad altezza d’uomo senza ritegno. I manifestanti sono molto bravi nel non provocare ma capiamo che anche l’esercito non ha la forza o la voglia di fare gesti sconsiderati. Però basta che a qualcuno saltino i nervi!
Questa ha davvero l’aria di un Armageddon: la battaglia finale tra il bene e il male. Di questo sono tutti convinti. Da un lato mi piace, dall’altro mi spaventa. La posta in gioco è immensa. Da una parte e dall’altra. Da una parte i soldi e la sete di potere, dall’altra la libertà. I civili temono infatti che in modalità 2.0 si vada a una situazione stile tibetano. Le dichiarazioni di Pechino dei giorni scorsi (“Non abbiamo dato noi l’ok all’operazione”) qua hanno la stessa credibilità di quando mio figlio dice di non fumare ma puzza di fumo lontano un miglio. Ma davvero credete a queste dichiarazioni? Ma davvero credevate che vi dicessero “Sì, lo hanno fatto perché noi siamo d’accordo?”. È la loro via di fuga. Se vogliamo, per diplomazia, far finta di crederci. Semplicemente fanno quello che in passato hanno fatto gli Usa con i golpe in America latina. È la versione in salsa cinese della dottrina Monroe (nella nostra area non tolleriamo ostacoli). Ammesso e non concesso che fosse giusta, nel frattempo c’è stata la globalizzazione e anni di storia con “un cambiamento d’epoca”.
Quali pressioni politiche adottare decidetele voi. Il governo australiano ha bloccato tutti i beni (conti bancari e ville dei generali con vari prestanome) sul loro territorio. Identicamente perché non bloccate anche voi tutti i conti e gli immobili che i figli dei generali ribelli (golpisti) hanno in Europa e in Italia? In Italia vive la figlia del generale golpista ministro degli Esteri. E in altre parti d’Europa altri figli di altri generali. Per quanto si riesce a sapere qui, pare che nessun paese europeo riconoscerà questo governo come legittimo. Ma non basta. I tempi della diplomazia temo non si concilino con i nuovi tempi.
Quello che mi pare evidente è che la posizione del governo non può tenere. Troppo forte l’opposizione civile, al di là di ogni posizione ideologica. Le alternative sono solo due (tertium non datur): Armageddon con una lunga fila di morti e vittoria finale, o una via d’uscita onorevole subito.
L’Europa si proponga come mediatrice. È l’ideale: non ha interessi diretti elevati nell’area (salvo qualche compagnia petrolifera), non ha da vantare interessi geopolitici (a differenza di Usa e Cina), non ha interessi finanziari (nell’area domina Singapore). In subordine, entri la Chiesa cattolica: il viaggio del Papa ha dato risultati. Ma questo produrrebbe irrigidimenti da parte della fazione integralista buddista. Il cardinale Bo da subito ha offerto una via di dialogo (per un comprensibile desiderio di offrire una strategia di uscita da una situazione complessa) mentre l’arcivescovo di Mandalay ha chiaramente appoggiato i manifestanti.
Io da pragmatico, estraneo alle ideologie ma cosciente delle dinamiche di queste parti, dove è opportuno sempre offrire una via d’uscita onorevole al perdente, ripeto che proporre un salvacondotto per destinazione a scelta dei generali golpisti ribelli con restituzione allo Stato birmano di quanto sottrattogli in questi giorni e un ritorno alla democrazia, potrebbe essere una soluzione. Insomma: facciamo finta che dal primo febbraio a oggi non sia successo niente. Non è bello ma tanti morti in meno.
PS. se mai non si fosse capito, qua dei problemi Covid se ne fregano. C’è qualcosa che viene prima.
(Un lettore dal Myanmar)