Cosa lega lo snervante e drammatico stallo sul fronte del conflitto russo-ucraino alla ridda di tensioni e colpi di Stato che sta attraversando la dorsale subsahriana del continente africano fino al Sudan e che ha ormai compromesso i legami occidentali di Paesi come il Mali, la Guinea, il Burkina Faso e da ultimo il Niger?



Intorno al braccio di ferro che vede coinvolti gli Stati Uniti con i loro tradizionali alleati, e la Russia, che con insistenza cerca di legare i destini dei Paesi emergenti e di quelli oggetto dei timori per le offensive dei gruppi jihadisti con una precisa strategia che mira a massimizzare il consenso anti-Occidente, si stanno dipanando nuovi equilibri e nuove alleanze. Questi scenari rendono estremamente improbabile un intervento armato in Niger di una forza internazionale, che anzi potrebbe risultare controproducente, e ci fa capire come proprio lo “stallo” – che nella tradizione dei grandi scacchisti russi rappresentava la più valida alternativa alla sconfitta in condizioni di oggettiva maggiore debolezza – sia effettivamente lo scopo degli sforzi di Mosca.



Il Cremlino infatti ha accompagnato le altalenanti vicende della guerra di occupazione ucraina con un’attenta iniziativa internazionale volta ad avvelenare i pozzi degli occidentali nelle relazioni con le storiche zone di influenza. L’uso spregiudicato della Wagner in Africa e Medio Oriente, il forte rapporto con Algeria ed Etiopia, le difficoltà sul tema del grano di Egitto e Marocco hanno fatto crescere l’influenza russa nell’area ed oggi i russi rappresentano come non mai nella loro storia, compresa quella recente dell’internazionalismo sovietico, un interlocutore se non gradito almeno credibile. È una situazione oggettivamente pericolosa, con Paesi come Italia, Spagna e soprattutto Francia che troppo tardi e troppo poco hanno capito cosa stia realmente succedendo.



Mentre il dibattito interno italiano si crogiola su quisquilie e amenità come le destinazioni vacanziere del premier, l’Africa si arroventa e lambisce le vicende dei nostri vicini più prossimi, tunisini e libici, aggiungendo allo scenario il record di profughi sbarcati quest’anno nel nostro Paese dal 2016.

Certo non ci sono i russi dietro tutti gli episodi che compongono il complicato intreccio delle vicende africane, ma a differenza dei Paesi europei che ho citato e della stessa Ue la Russia di Lavrov e di Putin guarda a questa parte dello scacchiere con intenzioni ambiziose e con una capacità di immedesimarsi in quelle tragedie di gran lunga superiori a quelle delle cancellerie occidentali.

Attenzione allo stallo nello scacchiere euromediterraneo e nordafricano, dunque, perché se in Niger per esempio non sarà possibile ripristinare le condizioni della democrazia, presto anche in altri e più importanti Paesi si comincerà a dubitare della credibilità europea.

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