Una settimana fa era alta l’apprensione per il giudizio di Moody’s e Commissione europea sull’Italia. Come evidenzia l’ex direttore del Sole 24 Ore, Guido Gentili, «questo doppio esame in pochi giorni rappresentava un passaggio complicato ed è andata decisamente meglio del previsto. Questo non significa, tuttavia, che il Governo possa allentare la politica economica orientata alla prudenza e al realismo della coppia Giorgetti-Meloni, che è stata apprezzata sia dalle agenzie di rating che da Bruxelles, anche perché il faro resta puntato sul debito pubblico, tanto che la Commissione, al contrario del Governo, pensa che salirà in rapporto al Pil nei prossimi due anni. Vedremo a questo punto quale sarà il giudizio che verrà formulato in primavera da palazzo Berlaymont».
Gentiloni ha spiegato che la decisione sulle eventuali procedure di infrazione verrà presa a fine giugno, cioè poco dopo le elezioni europee, dunque da una Commissione di fatto uscente…
Aspetterei marzo per capire qual è lo stato dell’arte di questo percorso, ma mi sembra uno scenario abbastanza irrealistico quello di procedure di infrazione aperte da una Commissione che sarebbe di fatto “superata” dal voto di inizio giugno.
Nel frattempo andranno portate avanti le trattative sulla riforma del Patto di stabilità. A suo avviso come si concluderà questa partita?
Penso che si arriverà a un accordo sulla riforma entro fine anno. Da quello che si capisce, infatti, visto anche il contesto internazionale con due conflitti non lontani in corso, nessuno dei Paesi membri ha voglia di arrivare a una rottura. Mi sembra, tra l’altro, che dall’incontro Meloni-Scholz di mercoledì siano emersi spunti interessanti su questo fronte.
A Berlino si è parlato molto dell’importanza degli investimenti. Questo vuol dire che si arriverà a una qualche forma di golden rule come l’Italia chiede da tempo?
Da parte tedesca è stata ribadita la volontà di spingere sugli investimenti ed evitare il ritorno a un’austerità che taglierebbe le gambe a una crescita che già stenta. Tra l’altro, la perfetta coincidenza di postura euro-atlantica tra Italia e Germania sul tema del sostegno all’Ucraina, per fare un esempio, lascia intravvedere un comune interesse a uno scorporo degli investimenti in difesa da deficit e debito. Mi pare, inoltre, che il nostro Paese possa ottenere un aiuto per arrivare a delineare un percorso più realistico e sostenibile di rientro del debito/Pil rispetto a quello previsto dalle attuali regole.
Questo appoggio tedesco nelle trattative sulla riforma del Patto di stabilità sarebbe importante per l’Italia. Bisognerà dare qualcosa in cambio alla Germania?
Ovviamente l’Italia dovrà portare avanti l’atteggiamento di prudenza e responsabilità sui conti pubblici già mostrato negli ultimi mesi per garantire che venga raggiunta la riduzione del rapporto debito/Pil prefigurata dal Governo, magari con un impegno rafforzato sulle privatizzazioni, un tema cui altri Paesi possono essere interessati. Va sottolineato, infatti, che Giorgetti ha previsto privatizzazioni per circa 20 miliardi di euro, una sfida enorme visto che nessuno recentemente è riuscito in un’operazione del genere. Un primo segnale è stato dato nei giorni scorsi con la cessione del 25% di Mps. E non va dimenticato, tra l’altro, che nel Patto d’azione siglato a Berlino si parla di maggior investimenti diretti reciproci. Questo potrebbe essere un terreno di scambio. A proposito del Patto d’azione credo valga la pena evidenziare una cosa.
Quale?
Non solo è a larghissimo raggio e appare gemello del Trattato del Quirinale tra Italia e Francia, e mi sembra, quindi, indicativo del fatto che le tre principali economie europee sono sempre più legate tra loro. Ma trovo che rappresenti anche un dato politico molto rilevante il fatto che sia stato siglato da esponenti di due gruppi europei non alleati: i socialisti (Scholz) e i conservatori e riformisti (Meloni).
Perché è così importante questo dato politico?
Finora Meloni è stata abile e si è mossa bene, ma sarà importante, in vista delle europee, vedere se entrerà nell’orbita di una possibile “maggioranza Ursula-2” con Pse e Ppe e al contempo osservare le mosse dei partner di Governo di Fratelli d’Italia, visto che il 3 dicembre a Firenze si terrà la manifestazione della Lega con gli alleati europei tra cui il Rassemblement National, Afd e il Partito per la libertà di Wilders che ha appena vinto le elezioni in Olanda. Vedremo quali sviluppi ci saranno.
Come vanno interpretate le lamentele di Confindustria contro i sussidi diretti o indiretti che Paesi come Francia e Germania garantiscono alle loro imprese?
Il fatto che Francia e Germania facciano uso di questi sussidi mette in evidenza una delle tante contraddizioni esistenti in Europa. La sottolineatura di questa oggettiva situazione credo sia finalizzata a spingere il Governo italiano a essere più interventista su questo fronte, ma non vi è lo spazio fiscale sufficiente, anche perché la manovra è già in larga parte in deficit e Bruxelles ha evidenziato che non è pienamente in linea con le raccomandazioni europee.
La Commissione europea, come anche la Bce, ha raccomandato a tutti i Paesi di porre fine a questo tipo di sussidi. Verranno presi provvedimenti nei confronti di chi, nonostante ciò, ancora li utilizza?
Immaginare che Berlino e Parigi diano un taglio netto a questi sostegni mi sembra francamente irrealistico. Lo stato dei rapporti di forza è anche questo e non credo che una Commissione uscente possa costringere Francia e Germania ad arretrare.
Torniamo ai giudizi delle agenzie di rating e della Commissione europea: in entrambi i casi per il nostro Paese resta cruciale lo snodo del Pnrr…
Questo è un punto dolente, perché a parte i ritardi visti all’inizio, adesso, oltre a dover lavorare per ottenere le risorse, occorre agire sulla loro messa a terra per far sì che possa essere raggiunto il traguardo della crescita del Pil ipotizzato dal Governo per il 2024. Non dimentichiamo che essendo il principale beneficiario del Next Generation Eu, il nostro Paese ha gli occhi puntati addosso riguardo il buon uso delle risorse ricevute. L’Italia deve necessariamente dimostrare di essere efficiente su questo terreno complicato e la sfida va affrontata con grande determinazione, evitando le infinite trattative che alla fine non fanno altro che spostare in avanti il raggiungimento di determinati obiettivi. E, purtroppo, oltre il 2026 non si può andare.
(Lorenzo Torrisi)
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