Oggi Ursula von der Leyen sarà a Roma per consegnare al Premier Draghi il Pnrr “vistato” dalla Commissione europea e da sottoporre per l’approvazione definitiva all’Ecofin. Quello che può sembrare l’approdo verso un periodo di progressivo rilancio dell’economia, grazie anche alle risorse europee, e in cui certo non dovrà mancare l’impegno italiano a realizzare investimenti e riforme, è in realtà, come ricorda Domenico Lombardi, una tappa dopo la quale arriverà un periodo sempre più complicato e ricco di scontri a livello comunitario.
«La pandemia – evidenzia l’economista ed ex consigliere del Fmi – ha avuto un effetto simmetrico che ha messo tutti i Paesi europei sullo stesso piano. Ora, con la prospettiva di un ritorno alla normalità, stanno riemergendo le vecchie asimmetrie. In questi mesi non è infatti sorta una nuova dinamica, che pure ci si poteva attendere dopo aver superato una prova così dura, più coinvolgente o in qualche modo più comunitaria, nella gestione di una serie di intricati nodi politici su cui l’Unione già faticava ad avanzare».
In effetti la scorsa settimana l’Eurogruppo si è concluso ancora con un nulla di fatto sull’Unione bancaria. E questo non lascia ben sperare sulla possibilità che si arrivi a un accordo sulla revisione della governance economica prima che tornino in vigore le regole del Patto di stabilità e crescita, come auspicato dall’European Fiscal Board.
L’European Fiscal Board vorrebbe evitare che nel periodo post-pandemico si arrivi a un quadro destabilizzante tramite la reintroduzione asettica del Patto di stabilità o il permanere di un “limbo” che non dia indicazioni precise alle autorità nazionali su quale sarà il futuro orientamento europeo nell’ambito delle politiche fiscali. Questo è un aspetto cruciale per i Paesi a elevato debito come l’Italia. Non solo per le conseguenze dirette, quali una restrizione di bilancio che deriverebbe da un’ottusa reintroduzione del Patto di stabilità, ma anche per le concessioni che si dovrebbero fare su altri dossier per ottenere maggiore flessibilità rispetto alle regole del Patto.
Cosa intende dire?
Che se venisse reintrodotto il Patto di stabilità e l’Italia non fosse in grado di soddisfarne i requisiti, come altamente probabile, è chiaro che su altri tavoli il suo potere negoziale si annullerebbe, perché tutto il capitale politico rischierebbe di essere speso nel richiedere continue eccezioni alle regole del Patto di stabilità.
Su quali altri dossier l’Italia dovrebbe rinunciare a poter dire la sua?
Un esempio concreto è quello dell’Unione bancaria. Il progetto è ancora incompleto perché manca l’assicurazione dei depositi paneuropea. Alcuni Paesi del nord ne subordinano l’approvazione a precisi limiti nella facoltà delle banche di classare titoli del debito pubblico nel proprio bilancio. È chiaro che per l’Italia sarebbe importante opporsi a tale impostazione, ma sarebbe più difficile farlo nel momento in cui avesse la necessità di negoziare delle eccezioni alle regole di bilancio. Mi lasci evidenziare una cosa riguardo la posizione dei Paesi del nord sull’Unione bancaria.
Prego.
Questi Stati che cercano di limitare il loro coinvolgimento in possibili crisi debitorie dei Paesi del sud, nel gestire i loro interessi nazionali non vengono mai tacciati di anti-europeismo. Cosa che, invece, accade sempre più spesso quando nel nostro Paese si cerca di stimolare l’attenzione dell’opinione pubblica su posizioni che sono maggiormente collegate all’interesse dell’Italia e che creano una dialettica all’interno dell’Europa.
Cosa pensa dell’annuncio del ministro delle Finanze austriaco Gernot Blumel riguardo la creazione di un’alleanza tra Paesi contro quelli, come Italia e Francia, visti come sostenitori del debito?
L’uscita del ministro austriaco sembra essere in perfetta sintonia con quello che è l’approccio tedesco alle questioni europee spinose. La Germania, infatti, tende a mandare avanti altri Paesi in genere più piccoli quando si tratta di formulare delle posizioni in aperto contrasto con altri membri dell’Ue. Mi sembra che si vada delineando, nel contesto europeo post-pandemico, una netta polarizzazione tra Paesi ad alto debito, che sono stati più colpiti dalla pandemia, come Italia (secondo le proiezioni del Fmi, il suo rapporto debito/Pil passerà dal 135% del 2019 al 157% del 2021) e Spagna (incremento del debito/Pil dal 95% del 2019 al 118% del 2021), ma anche la Francia (aumento del debito/Pil dal 98% del 2019 al 115% del 2021), e Paesi che stanno uscendo dalla pandemia con un minor fardello fiscale.
Questa polarizzazione può trasformarsi in una vera e propria battaglia? Si potrebbero vedere i Paesi del nord applicare il cosiddetto “freno di emergenza” del Recovery fund per cercare di bloccare l’erogazione di risorse ai Paesi del sud?
Tale polarizzazione condizionerà l’intero dibattito europeo, comprese le varie review all’interno del Recovery fund che presuppongono un quadro macroeconomico soddisfacente. Questo fornisce potenzialmente un’ulteriore freccia all’arco dei Paesi del nord. L’esito probabile non è, però, la sospensione dell’erogazione dei fondi, bensì la diminuzione significativa del potere contrattuale dei Paesi oggetto di esame, che dovranno quindi arretrare dalle loro posizioni su altri tavoli e dossier, a meno di formulare un asse particolarmente coeso. Non dimentichiamoci che tutta questa partita coinvolge anche le scelte che la Bce è chiamata a prendere nella fase post-pandemica.
Questa situazione dà più potere alla Germania che può fare da ago della bilancia?
Come detto in precedenza, la Germania tendenzialmente manda avanti i Paesi più piccoli quando si tratta di esprimere posizioni conflittuali all’interno dell’Ue, salvo poi intervenire cercando di riequilibrare, a proprio favore, le posizioni discordanti emerse. Nello scenario post-pandemico la Germania emerge ancor di più come un attore particolarmente potente, perché, pur essendo stato colpito dalla pandemia, non solo ha avuto la forza di attutirne le conseguenze, con gli aiuti significativi che è stata in grado di fornire, rispetto ad altri Paesi, alla propria economia, ma anche perché la solidità di quest’ultima presenta minori squilibri rispetto ad altre. Certamente bisognerà valutare quali saranno gli equilibri dopo le elezioni di settembre, ma nel complesso la potenza tedesca esce senza dubbio rafforzata dalla pandemia.
Ieri Mario Draghi ha incontrato Angela Merkel. Questo colloquio può essere considerato importante stante la prossima uscita di scena della Cancelleria?
Il colloquio tra questi due leader europei molto diversi tra loro, ma grazie ai quali, più di ogni altro, oggi abbiamo ancora l’euro, ha avuto una valenza simbolica importante. È vero che tra pochi mesi Angela Merkel uscirà di scena, ma resterà un “padre nobile” della Germania, manterrà un’influenza significativa sugli equilibri politici tedeschi, anche perché è stata in grado di essere una Cancelliera super partes per molti aspetti. Il fatto che abbia incontrato Draghi alla fine del suo mandato fornisce uno status ulteriore al nostro Premier: è una sorta di investitura europea di un leader nazionale che in questo modo assume una caratura comunitaria ancora più rilevante. Ne arricchisce ulteriormente il capitale politico alla vigilia di una fase negoziale in Europa non meno conflittuale del periodo pre-pandemico.
(Lorenzo Torrisi)
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