COSA SUCCEDERÀ DOPO LA MORTE DEL DALAI LAMA: INIZIANO LE TRAME, “SARÀ GUERRA GLOBALE”
Era lo scorso 28 marzo che a New Delhi in India il Dalai Lama – leader spirituale del buddismo tibetano – annunciò al mondo di aver riconosciuto un bambino di otto anni, come reincarnazione dell’ultimo grande maestro tibetano della Mongolia. Da quel momento il mondo buddista è in fermento e le tensioni/trame in gran segreto corrono dietro al “grande maestro” Tenzin Gyatso, l’attuale Dalai Lama. Nel recente raduno al monastero di Namgyal a McLeod Ganj (nord India), in occasione del suo 14esimo anniversario da Dalai Lama in carica, la massima carica buddista ha lanciato una importante novità sul futuro: con i suoi 88 anni portati, l’avvicendamento al vertice potrebbe non essere questione co lontana nel tempo.
«Sono ancora determinato a servire tutti nei prossimi decenni», ha detto il Dalai Lama secondo il reportage firmato dal Financial Times, promettendo che ha intenzione di vivere anche oltre i 113 anni. «Dovreste anche pregare per la mia lunga vita», ha poi aggiunto, sottolineando come tra due anni – allo scadere dei 90 anni – «affronterò la questione della mia reincarnazione». Qui però il tema non è da poco, come certifica il focus del FT: «la morte del Dalai Lama ha già segnali che indicano come la comunità tibetana in esilio e la leadership cinese stiano già litigando a distanza». Una scomparsa imminente avrebbe l’ardire di scatenare, in teoria, uno scontro di politica e religione internazionale: «La morte del Dalai Lama potrebbe scatenare una gara tra i leader comunisti atei di Pechino e i buddisti tibetani in esilio su chi debba orchestrare i rituali spirituali che sono stati usati in passato per scoprire la sua reincarnazione e designare un successore».
DALAI LAMA E LA “REINCARNAZIONE”: DESIGNATO GIÀ UN BAMBINO?
Il braccio di ferro potrebbe coinvolgere anche gli Stati Uniti – in quanto il “bambino designato” ad essere il possibile prossimo Dalai Lama è nato negli Stati Uniti ed è figlio di un ricco uomo d’affari mongolo – e l’India: «Per quanto riguarda la reincarnazione, dipende completamente da Sua Santità, perché è Sua Santità che rinascerà», ha dichiarato al Financial Times Penpa Tsering, il Sikyong (leader dell’Amministrazione centrale tibetana) con sede in India, «Quindi saranno le persone o le istituzioni a cui si affiderà a cercare la sua reincarnazione e potrebbe lasciare segni precisi su dove nascerà».
Di contro la Cina, che che sostiene di avere l’ultima parola sulla nomina come in passato gli imperatori della dinastia Qing, starebbe preparando un proprio processo di selezione del Dalai Lama “parallelo”: «Essi ritengono che potrebbe trattarsi di una ripetizione dell’insediamento del Panchen Lama, il secondo leader spirituale del buddismo tibetano, avvenuto nel 1995». Secondo quanto racconta sempre al FT un monaco direttore della Biblioteca delle opere e degli archivi tibetani a Dharamshala, «Da un lato credono nel comunismo, che definisce il buddismo o qualsiasi religione un oppio, e allo stesso tempo sono interessati a riconoscere la reincarnazione, che è una cosa molto religiosa. Questa è pura menzogna e uso della forza». Il rischio addirittura, se non si dovesse trovare un accordo tra le varie “anime” in campo, è che si possa arrivare ad avere due distinti Dalai Lama: non sono pochi in Tibet a ritenere immorale e ingiusto che i comunisti cinesi, che di per loro rifiutano esplicitamente l’idea di vite passate e future, «si intromettano nel sistema della reincarnazione». Nella comunità internazionale del buddismo tibetano sono almeno mille i lama, ovvero i “maestri”, riconosciuti come reincarnazioni di precedenti leader spirituali: il riconoscimento che potrebbe avvenire tra due anni con l’attuale Dalai Lama, avviene grazie a segnali che loro stessi danno o tramite le indicazioni di oracoli o delle persone a loro vicine. Il riconoscimento del bambino però ha una netta importanza politica, in quanto mira «a rivitalizzare la presenza del buddismo tibetano nel Paese asiatico “schiacciato” tra Russia e Cina dove, nel sedicesimo secolo, il re Altan Khan, convertitosi al buddismo, conferì il titolo di Dalai Lama (Oceano di saggezza) al maestro Gelugpa Sonam Gyatso, terzo esponente del lignaggio mongolo», sottolineava l’ANSA lo scorso marzo. L’identificazione del possibile nuovo Dalai Lama sembra essere un’ulteriore “provocazione” anti-Cina per l’anziano leader spirituale tibetano che fin dal suo esilio in India non accenna a diminuire la sfida a distanza per il “suo” Tibet occupato da Pechino fin dal 1950.