IL RACCONTO DI MASSIMO D’ALEMA SU COME L’ITALIA ENTRÒ IN GUERRA CONTRO LA JUGOSLAVIA (PARTENDO DA UN DENTISTA…)

Venticinque anni dopo l’ingresso in guerra dell’Italia a fianco dei Paesi NATO contro l’ex Jugoslavia, l’ex Premier Massimo D’Alema racconta la sua “versione” fatta di trame, passaggi politici, drammi e addirittura dentisti “necessari” per condurre in porto il bombardamento su Belgrado. Il resto della storia che arriva fino ad oggi è stato sviscerato e scandagliato migliaia di volte in questi anni, comprese alcune somiglianze con quanto è in corso alle porte dell’Europa nella guerra Ucraina-Russia: eppure il senso dell’intervista dell’ex leader dei Pds (primo Presidente del Consiglio post-comunista d’Italia) a Francesco Verderami sul “Corriere della Sera” riguarda cosa portò mezza Europa sul finire del primo millennio a cominciare un conflitto per la prima volta dopo la fine del Seconda Guerra Mondiale.



In primo luogo, D’Alema sale al Governo dopo la caduta del Prodi 1 e non si andò a elezioni perché il Quirinale con il Presidente Scalfaro impose niente urne vista la cornice internazionale che già preparava una potenziale guerra della NATO contro la Serbia di Milosevic, intento alla mortale guerra fratricida con il resto dell’ex Jugoslavia. Prima di Srebrenica e prima dei bombardamenti su Belgrado (avviati senza l’ok dell’ONU) D’Alema racconta dell’ultimo incontro avuto con il presidente della Serbia Milutinovic (braccio destro di Milosevic, all’epoca ancora leader della Jugoslavia post-Tito) dentro uno studio dentistico di Roma. Fu proprio il dentista di D’Alema, di origini giuliane, a organizzare l’incontro per cercare di evitare lo scontro sul campo: «non avrete mai il coraggio di mettere piede da noi», disse Milutinovic. Di lì a qualche mese Usa con Uk, Germania, Francia e Italia quel “coraggio” lo mettono sulle bombe sganciate su Belgrado e il Kosovo.



I MOMENTI CHIAVE, L’ALLEANZA CON CLINTON E LA DIVISIONE DELL’EUROPA SULL’INVASIONE: COSA HA DETTO D’ALEMA

Secondo D’Alema, fu l’asse di sinistra con il Presidente Usa Bill Clinton a consentire quella guerra e a trovare un’unione precaria con le altre nazioni europee, divise sulla tipologia di intervento: l’ex Premier svela come Washington propose all’Italia di far utilizzare solo le basi NATO senza intervenire direttamente, ma D’Alema si oppose imponendo la presenza di Roma a fianco di Londra, Parigi, Berlino e degli stessi Usa. «Se avessimo ridotto l’Italia al ruolo di portaerei della Nato, non avremmo più contato nulla», racconta lo stesso politico ex PCI che oggi chiede una fine politica e diplomatica alla guerra in Ucraina.



Nella medesima intervista, il primo “scissionista” del Pd racconta di come il Regno Unito di Tony Blair con la Spagna di Aznar nel pieno della crisi dei Balcani spingevano per l’invasione via terra, trovando il “niet” di Chirac e Schröder e dello stesso D’Alema con l’Italia. Alla fine decise Clinton che avrebbe detto durante il vertice decisivo di non voler “dividere l’Ue sulla guerra in Jugoslavia”: oltre alla liberazione (su pagamento) del nazionalista pacifista kosovaro, Ibrahim Rugova, un passo decisivo per l’intervento su Belgrado fu il “via libera” condizionato della Russia con l’ex Premier Chernomyrdin, convinto a Roma in una “triangolazione” fra Clinton e D’Alema. Quando poi la Serbia si ritirò sotto il peso delle bombe, in Kosovo entrò un contingente ONU proprio grazie a quel semi-accordo trovato prima con Mosca, che partecipò attivamente con alcuni militari al cordone entrato nell’enclave albanese in Serbia. Secondo Massimo D’Alema la scelta diplomatica (unita al peso delle bombe) deve rimanere sempre sul tavolo, perciò non ha senso parlare di «vincere la guerra in Ucraina»: in questo senso, conclude l’ex Premier, esattamente come il Kosovo era un pezzo della Serbia ma venne poi reso indipendente («per scelta del popolo kosovoaro»), anche il Donbass potrebbe avere questa fine lontano da Kiev, «potrebbero alla fine essere i cittadini del Donbass a decidere».