A meno di un mese dall’elezione del Quirinale il Partito Democratico vive ore di profonda tensione dopo le ultime dichiarazioni rilasciate da Massimo D’Alema in una riunione online di “Articolo Uno” (il partito fondato nel 2017 dopo la scissione dal Pd renziano): il “lider maximo” in sostanza nel fare i complimenti al nuovo corso Dem inaugurato da Enrico Letta ha tirato l’ennesima stilettata al rivale Matteo Renzi, con la risultanza di imbarazzare parte del Pd, far infuriare Italia Viva e causare una frattura ancora più ampia nella già iper-complessa situazione del Centrosinistra alla vigilia del voto sul Colle.
Partiamo con ordine però dalle parole di Massimo D’Alema pronunciate il 31 dicembre scorso in un evento online di Articolo 1 “Buon 2022”: «nonostante in questi anni Articolo Uno si sia comportato bene e abbia conquistato un patrimonio di credibilità, nel PD siano tornate le condizioni per costruire una grande forza progressista». Non solo, D’Alema loda la svolta verso sinistra con l’arrivo di Letta: «Renzi? La principale ragione per andarcene era una malattia terribile che fortunatamente è guarita da sola. Non sarà proprio il partito che volevamo noi, ma alla fine secondo me vale la pena di portare questo patrimonio che noi rappresentiamo, questo punto di vista, nel contesto di una forza più grande. Un certo percorso volge al termine. Il dibattito delle Agorà è il modo migliore per arrivare attraverso il confronto e la convergenza delle idee, non in modo burocratico, a una ricomposizione che appare necessaria».
LETTA MEDIA, RENZI REPLICA: “AUGURI!”. INTANTO AL COLLE…
Apriti cielo: le dichiarazioni di D’Alema squarciano l’apparente calma interna al Centrosinistra. Se infatti molti dirigenti di Articolo 1 (che ricordiamo esprime la quota politica nel Governo Draghi rappresentata dal Ministro della Salute Roberto Speranza con 8 senatori, un deputato e un parlamentare europeo) si dicono concordi con la linea di D’Alema, in casa Pd le parole di “Massimino” non sono affatto piaciute: «Le sue parole rozze guardano al passato e rimestano rancori mai sopiti. Se questi sono i presupposti per ragionare su future evoluzioni del Partito Democratico, per noi semplicemente la questione non esiste», attacca il coordinatore di Base Riformista Andrea Alfieri, mentre il senatore Dem Andrea Marcucci rilancia, «D’Alema rientra nel Pd e parla di malattie? Lui è un esperto, avendone vissute e provocate molte fin dai tempi del Pci-Pds. Il Pd deve essere più ambizioso. La legislatura volge al termine. Ci sono le condizioni per un congresso costituente, dopo l’elezione del capo dello Stato? Io penso di sì». Con un tweet dopo due giorni interviene anche il segretario Enrico Letta, che non può non nascondere un certo imbarazzo per la situazione (lui che tra l’altro con Renzi è tutt’altro che in buoni rapporti ma che in vista del Colle sta tentando un difficile lavoro di cucitura per non lasciare Italia Viva in quota Centrodestra): «Il Pd da quando è nato, 14 anni fa, è l’unica grande casa dei democratici e progressisti italiani». L’ex Premier si dice orgoglioso di esserne «il segretario pro-tempore e di portare avanti questa storia nell’interesse dell’Italia. Nessuna malattia e quindi nessuna guarigione. Solo passione e impegno». Nel dibattito non poteva che intervenire anche il “diretto interessato” Matteo Renzi che a D’Alema prima risponde con un’intervista al “Messaggero”, poi con un tweet al veleno: «D’Alema mi ha sempre fatto la guerra da dentro e da fuori. Quando ho guidato il Pd abbiamo preso il 40%, governato 17 regioni su 20 e scritto pagine importanti sui diritti, per abbassare le tasse, sul lavoro e sull’impresa con Industria 4.0. Con noi la classe operaia ha ricevuto più soldi, non solo con gli 80 euro. Per uno come D’Alema tutto ciò è una malattia». La ‘ricetta del Dottor D’Alema’, attacca ancora Renzi sul “Messaggero”, «è di avere il 20%, stare all’opposizione in larga parte delle regioni, fare convegni sui diritti senza approvare alcuna riforma, fare scioperi sul lavoro e scommettere sui sussidi di cittadinanza. Sono due visioni opposte della vita e della politica. Se i Dem di oggi pensano che il renzismo sia la malattia e D’Alema sia la cura sono contento per loro e faccio molti fervidi auguri. È il motivo per cui non sono più nel Pd: io credo nel riformismo, loro nel dalemismo».