Dalia Gaberscik, figlia di Giorgio Gaber, ha ricordato il padre nel corso di una lunga intervista concessa ai colleghi de “La Repubblica”, con particolare riferimento all’edizione in edicola oggi. La donna, agente di attori e organizzatrice di manifestazioni a carattere culturale, ha parlato innanzitutto del suo vero nome, Dahlia Deborah: “La storia familiare narra che mio papà portò in ospedale a mia mamma un grande mazzo di dalie. Per Deborah nessuna leggenda, era un nome che piaceva molto a entrambi. Ho fatto fatica negli anni a far perdere le tracce di quelle due acca”.
Poi, il ricordo delle sue lunghe conversazioni con il padre, in particolare dopo l’adolescenza: i due parlavano sempre del loro lavoro, facendo emergere idee, iniziative, retroscena, pettegolezzi e tutto quello che riguardava lo spettacolo: “Era il nostro gioco preferito. Passavamo nottate a fare scenari improbabili e a ridere come pazzi delle stranezze dell’ambiente. E prima della politica, era sempre coinvolta anche la mia mamma. Mio padre mi portava dai medici, andava a parlare con i professori a scuola”.
DALIA GABERSCIK: “PRIMA DI MORIRE, MIO PADRE DISSE…”
Peraltro, i genitori di Dalia Gaberscik erano rivali politici: la mamma, Ombretta, era di Destra, mentre Giorgio Gaber era di Sinistra. Nonostante la contrapposizione ideologica, “non hanno mai litigato in maniera irreparabile. Le posizioni culturali non erano tanto distanti. Si amavano, tutto qui. Le litigate a casa nostra erano lunghissimi silenzi”.
Fra i tanti compagni di viaggio avuti da Gaber nella sua carriera, figura Enzo Jannacci, con cui aveva un legame profondo: “Erano come due compagni di classe che si ritrovano, nel clima continuo della gita
scolastica”. In merito alla Fede, invece, l’artista “non era affatto religioso e gli dispiaceva. Ha sempre pensato che la Fede sia una forma di conforto eccezionale. La malattia? L’ha affrontata con grande lucidità, non aveva paura della morte”. Prima di morire, Gaber ha avuto il tempo di salutare i suoi cari: “Mi disse che era dispiaciuto di non poter più giocare con noi. Se ne è andato via troppo presto, aveva 63 anni. E poi, mi batteva sempre a scacchi e a biliardino…”.