L’INTERVISTA A DALIA GABERSCIK: “ECCO COME ERA PAPÀ GIORGIO”

Dalia Gaberscik ha raccontato nell’ultimo film “Io, noi e Gaber” la grandezza artistica, culturale e personale di un personaggio che ha segnato la storia del Novecento italiano: ha raccontato un padre così famoso con gli occhi innamorati di una figlia ma anche con la coerente testimonianza di chi è impegnato tutt’ora – tramite la Fondazione Gaber – alla memoria viva di quello che stata l’opera gaberiana. Dalia Gaberscik si è raccontata a 360° nell’ultima puntata di “Giù la maschera” con Marcello Foa su Rai Radio 1, sottolineando per cosa il suo amato papà scomparso l’1 gennaio 2003 varrà per sempre la pena di ricordare.



Deluso dalla politica perché credeva nell’unità di politica e persona: Giorgio Gaber era questo, come ha raccontato assieme a Sandro Luporini nell’iconico brano “La libertà”: la figlia Dalia svela un aneddoto rispetto alla genesi di quel testo, in particolare alla discussione su quella formula “libertà è partecipazione” che non soddisfava appieno il duo “fondatore” del teatro-canzone, «Avrebbero preferito dire “spazio di incidenza.” Nel film-doc spiego che non stava benissimo in termini di metrica per cui si sono poi rassegnati a “libertà è partecipazione” che comunque, insomma, se letta nella maniera corretta ha lo stesso tipo di significato». Viene poi chiesto alla figlia di Gaber come il padre prese la discesa in campo della moglie Ombretta Colli in politica con Silvio Berlusconi dopo il 1994: «lui la prese bene e questa cosa aveva sorpreso tutti i compagni di mio papà, molte delle persone della sinistra che addirittura si erano anche interrogate su come lui potesse rimanere insomma come con mia mamma senza divorziare». Dalia racconta che il padre rimase molto sorpreso da queste “reazioni”, perché in realtà il rispetto che c’era tra loro due (Giorgio e Ombretta, ndr) «era la base di qualunque tipo di ragionamento quindi prima di qualunque altra di qualunque altra cosa». Gaber era convinto che la politica avesse bisogno di brave persone e alla moglie disse «tu sei una brava persona», racconta ancora Dalia Gaberscik al programma radio, «C’era una forma di rispetto totale alla base delle scelte l’uno dell’altra. Rispetto e anche tifo l’uno per l’altra che le cose andassero bene. Questo da sempre e per sempre».



DIO, LA PERSONA E L’ESISTENZA: LA TESTIMONIANZA LAICA DI GIORGIO GABER

Nel corso degli anni Gaber è stato definito sì un genio ma da molti (specie a sinistra) venne relegato come “pessimista” o “troppo disilluso”: Dalia smentisce tutto quanto, facendo riferimento allo “schiaffo” dato alla sinistra con lo spettacolo “Polli di allevamento”: «aveva deciso di attaccare il movimento a cui lui stesso fino a quel momento si sentiva di appartenere, lo ha fatto senza sconti e per questo ha ricevuto in cambio una bella valanga di proteste, di critiche, di insulti anche a teatro».

Si è sempre professato un ateo sui generis Giorgio Gaber ma è dalla figlia Dalia che arriva una precisazione in merito al complesso rapporto tra il proprio sé e la religiosità del grande artista milanese: «Non era religioso, probabilmente aveva la laicità della persona concreta, della persona super razionale, però teneva ad un rapporto con se stessi che prevedesse anche la presenza di un’entità superiore». Gaber non era né praticante né cattolico nella forma “principe”, eppure quando parlava di Dio -spiega la figlia – «parlava proprio anche un po’ del Dio che abbiamo dentro, cioè del come noi ci dobbiamo comportare. Non era un uomo di chiesa, non era un uomo di fede, però sicuramente credeva nel Dio che abbiamo dentro tutti noi». Dio, la politica, le battaglie e l’intimità: tutto per Giorgio Gaber aveva una dimensione che riconduceva al valore sacro dell’esistenza umana, il suo messaggio più importante è che «Dobbiamo cercare la forza e il senso della vita dentro a noi stessi e pensare a contempo non solo a noi stessi», spiega ancora Dalia Gaberscik su Rai Radio1, «Lui cercava l’autenticità del senso dell’esistenza e non il consenso per il consenso, davvero controcorrente. Il fatto che comunque sia riuscito a far passare il messaggio è straordinario».