ROBERTO D’ALIMONTE: “LA VERA RIFORMA SAREBBE L’ELEZIONE DIRETTA DEL PREMIER”

In materia di sistemi elettorali, riforme istituzionali e politologia, Roberto D’Alimonte è ben noto essere un’autentico punto di riferimento: a poco più di un mese dalle Elezioni 2022, la riflessione posta dal fondatore del Centro studi elettorali della Luiss si concentra tanto sulle proposte delle coalizioni quanto sul sistema elettorale in quanto tale. Raggiunto da “Libero Quotidiano”, il professor D’Alimonte entra nella polemica di questi giorni sul Presidenzialismo (la riforma istituzionale proposta dal Centrodestra per l’elezione diretta del Presidente della Repubblica) e spiega perché al nostro Paese servirebbe ben prima un’altra riforma presidenziale, ma che punta a Palazzo Chigi. «Da molto tempo sostengo che occorra porsi il problema della stabilità del governo nazionale. Non possiamo affrontare le grandi sfide legate alla radicale trasformazione dell’economia e dei rapporti internazionali cui stiamo assistendo con governi che durano in media meno di due anni», spiega ai colleghi di “Libero” il professore, fautore di una riforma di tipo Presidenziale verso l’elezione diretta del Capo di Governo.



D’Alimonte guarda all’esempio delle leggi elettorali che hanno rivoluzionato Comuni e Regioni dopo il disastro politico-istituzionale di Tangentopoli: «A partire dal 1993 abbiamo risolto il problema della stabilità dei governi comunali e regionali introducendo un modello che combina elezione diretta del capo dell’esecutivo – sindaco e presidente della giunta regionale – con sistemi elettorali a premio di maggioranza e il voto di sfiducia abbinato allo scioglimento automatico degli organi legislativi». Il modello potrebbe essere adottato anche a livello nazionale, non così lontano da quel modello a “sindaco d’Italia” proposto da Renzi nell’ormai famoso Referendum del dicembre 2016. Si tratterebbe di un modello «che combina elementi del presidenzialismo, come l’elezione diretta, con elementi del parlamentarismo, come il voto di sfiducia. Oggi sindaci e presidenti di regione nella stragrande maggioranza dei casi durano in carica cinque anni. Durante la Prima Repubblica duravano pochi mesi. Questa è una delle possibili strade per dare stabilità al governo nazionale. Non l’unica».



“PRESIDENZIALISMO? RIFORMA CONFUSA: MANCA…”: PARLA D’ALIMONTE

Altre possibili opzioni secondo Roberto D’Alimonte – per sostituire uno schema elettorale che non ha portato grandi risultati in termini di tenuta dei Governi negli ultimi trent’anni – potrebbero essere il semi-presidenzialismo francese e anche il Presidenzialismo americano, che però «non si adatta al nostro contesto». Dunque piuttosto del Presidenzialismo del Quirinale sarebbe decisamente prioritario quello di Palazzo Chigi: lo spiega ancora D’Alimonte nella sua intervista a “Libero”, ponendo attenzione alla riforma proposta dal Centrodestra. «Al vertice ci sarebbero un presidente della Repubblica eletto direttamente dai cittadini e un primo ministro che non è chiaro cosa ci starebbe a fare, visto che la direzione del governo è assegnata al presidente della Repubblica. Messa in questi termini non è né il modello Usa, dove non c’è un primo ministro, né il modello francese, dove il presidente sceglie il primo ministro, ma non è formalmente il capo dell’esecutivo. In più si introduce il meccanismo della sfiducia costruttiva, senza specificare quale sia il sistema elettorale con cui viene eletto il parlamento»: non convinto praticamente da nulla l’esperto politologo, ad eccezione della previsione di ballottaggio per l’elezione del Presidente che lo vede concorde.



Il punto di svolta vero che D’Alimonte “consiglia” in qualche modo al Centrodestra e in generale a tutti i partiti è eleggere il capo del Governo in maniera diretta: invece, «parlare di elezione diretta del presidente della Repubblica senza specificarne i poteri non vuole dire nulla». Secondo Roberto D’Alimonte, esattamente come avviene nei Comuni e nelle Regioni, «si debba eleggere il capo dell’esecutivo con una sua maggioranza. Vista la debolezza dei partiti e il livello di sfiducia nella classe politica, è meglio che siano i cittadini a scegliere direttamente e in maniera chiara chili debba governare. Il presidente della Repubblica deve restare una figura di garanzia. In questo modello di governo non è necessario che sia eletto direttamente dal popolo. Anzi, è meglio che non lo sia». A domanda secca in merito al tema dell’uomo forte in Italia, ovvero quella malcelata “richiesta” della popolazione davanti alla politica e ai problemi di governare un Paese così complesso come il nostro, D’Alimonte si dice convinto che proprio l’elezione diretta del Capo di Governo sarebbe in qualche modo l’unico vero argine. «La sindrome della deriva autoritaria serve a cristallizzare lo status quo. E questo è rischioso. Sono l’incapacità a decidere, la mancata soluzione dei problemi, l’irresponsabilità legata alla breve durata degli esecutivi e i governi tecnici ad alimentare l’insoddisfazione, la protesta e il desiderio dell’uomo forte», conclude il docente e politologo.