Nel corso di un evento organizzato dal ministero delle Finanze tedesco a Berlino, martedì Christine Lagarde ha detto che “non è il momento di cantare vittoria”, dato che nei prossimi mesi “ci aspettiamo che l’inflazione salga leggermente di nuovo”. Quindi, “dovremo rimanere attenti finché non avremo prove certe che esistono le condizioni per un ritorno sostenibile dell’inflazione” all’obiettivo del 2%. Questo vuol dire che la Bce potrebbe alzare ancora i tassi. Ieri dalla Banca centrale europea è arrivato, invece, il Financial Stability Review, nel quale si evidenzia che, pur non escludendo la possibilità di un soft landing, una recessione resta uno scenario probabile. Inoltre, nonostante l’aumento dei tassi si sia già tradotto in un incremento dei costi di finanziamento per tutti i settori dell’economia, gran parte dell’impatto della stretta monetaria deve ancora materializzarsi, con tutto quel che ne consegue per il finanziamento di famiglie, imprese e Governi. Insomma, ancora non si sono scaricati tutti gli effetti del massimo storico raggiunto dai tassi di interesse sull’economia dell’Eurozona, che rischia una recessione, ma la Bce non esclude ulteriori rialzi.



Secondo Luigi Campiglio, Professore di Politica economica all’Università Cattolica di Milano, «la politica tradizionale di stretta monetaria sull’aggregato di domanda – ahimè aggiungo, dato che non c’è una controparte fiscale – ha funzionato, nel senso che i prezzi, grazie anche a condizioni più favorevoli per quel che riguarda le materie prime energetiche, hanno rallentato la loro corsa. Penso, quindi, che le dichiarazioni della Lagarde volessero lanciare un segnale al mercato».



Che tipo di segnale?

Ritengo che l’intento fosse far capire che c’è ancora margine per alzare i tassi e che non bisogna farsi illusioni troppo anticipate circa la possibilità che la Bce possa iniziare a tagliarli.

Se il quadro economico è quello descritto dal Financial Stability Review, viene da pensare che la Bce dovrà tagliare i tassi l’anno prossimo…

Ci sono due elementi di cui tenere conto. Il primo è quello relativo, appunto, all’andamento dell’economia. Ma vi sono anche importanti elementi di incertezza, tra i quali emergerà, con il trascorrere dei mesi, l’esito delle presidenziali americane dell’anno prossimo. E non è da escludere che, in questo contesto di incertezza, non si decida che è meglio attendere gli sviluppi prima di agire.



Non è una situazione ottimale per gli operatori economici.

In questa fase, in effetti, per gli operatori l’incertezza riguarda in misura maggiore proprio la politica monetaria e le sue ricadute sulle attività legate al credito.

Se la Fed dovesse tagliare i tassi, per la Bce sarebbe più facile fare poi altrettanto?

Questa è un’ipotesi che non è campata per aria. Se la Fed dovesse arrivare a una svolta sui tassi, da un lato sarebbe una notizia, e, dall’altro, per com’è andata finora, la probabilità che la Bce faccia altrettanto dopo poco tempo sarebbe elevata.

All’inizio lei ha evidenziato che di fronte alla stretta monetaria della Bce continua a mancare una controparte fiscale. Potrebbe non esserci anche nel 2024, se la riforma del Patto di stabilità continuasse a limitare le politiche fiscali anti-cicliche.

È così, ma non fasciamoci la testa prima del tempo, anche se l’Italia sarebbe il Paese a risentirne in misura maggiore. Infatti, se ci venisse chiesto di seguire un percorso troppo stretto di rientro sui conti pubblici è chiaro che ne soffriremmo più degli altri.

In questo senso non è arrivato un bel segnale da Bruxelles martedì, con la possibilità che la prossima primavera venga chiesto un aggiustamento sui conti o venga persino aperta una procedura d’infrazione nei confronti del nostro Paese…

Non è un bel segnale, perché queste formule involute di “è possibile che…” sono i preliminari di pressioni che non resterebbero ipotetiche, ma potrebbero diventare molto stringenti. C’è purtroppo il rischio che si ripeta un copione che già abbiamo vissuto e che non è stato all’insegna della crescita e della stabilità. Il Patto di stabilità ha cioè generato instabilità.

(Lorenzo Torrisi)

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