La contraddizione sempre più stridente tra grandi interessi del Paese e “piccoli” interessi dei partiti e dei loro capi sembra alla base della paralisi e dell’avvitamento politico attuale del paese.
Tale contraddizione è la base di ogni politica. Spesso i politici non sono missionari, ma persone avide di potere e ambizione. Essi però possono realizzare tali ambizioni soddisfacendo in qualche misura i bisogni del paese, per questo il paese li premia dando loro potere. Così ambizione personale e necessità nazionali si incontrano in misura più o meno grande, a seconda dei casi.
Nel caso attuale dell’Italia c’è il problema della Libia e quello dei 5 Stelle che sono in tragica rotta di collisione e forse stanno facendo affondare il paese come il celebre Titanic.
Cominciamo con la politica piccola. Il problema più forte del processo decisionale in corso è che gli M5s sono il partito che domina il Parlamento con il 33% dei seggi, ma non sanno governare. Sanno che non saranno rieletti ma per tenere ciascuno il proprio posto sono frantumati in varie formazioni ormai in guerra aperta fra loro.
Giuseppe Conte e Luigi Di Maio hanno governato con la destra e la sinistra, ma in entrambi i casi non hanno fatto niente. Per questo sono colpevoli e lo sono i loro alleati. Il Pd avrebbe dovuto commissariarli, ma alla fine è stato conquistato dallo spirito del Movimento 5 Stelle.
Del resto neanche la Lega aveva fatto di meglio. Se il suo leader Matteo Salvini davvero avesse un’idea chiara, farebbe proposte su Taranto, dove la chiusura totale o parziale dell’Ilva cancellerà dall’1 al 4% del Pil, oppure avrebbe fatto le barricate contro la legge che cancella la prescrizione e complicherà ogni transazione sociale e commerciale del Paese.
La sinistra si coalizza contro Salvini, come un tempo si concentrava contro Berlusconi. Opposizioni forse anche giuste ma non è chiaro per fare cosa. La divisione di fondo del dibattito politico è: qual è il problema di fondo del paese? La minaccia autoritaria di Salvini o lo sfarinamento anarchico portato da M5s?
Chiaramente si tratta di due facce della stessa medaglia. I dittatori arrivano perché il governo non governa. Se ci si oppone alla dittatura solo con una proposta contro, alla fine un qualche dittatore vincerà sempre. Fu così per Lenin, Mussolini o Hitler.
La Germania in realtà fu il paese più resistente alle tentazioni della dittatura perché ci mise praticamente 15 anni, dalla fine della prima guerra mondiale al 1933, per portare i nazisti al potere.
La stessa china si vede in Italia: più resta questo assetto confusionario più aumentano le pressioni per un governo autoritario.
Certo il populismo non è un fenomeno solo italiano, ma altrove lo Stato profondo è molto forte e ingabbia e incanala le spinte populiste. In Italia la burocrazia si sta dissolvendo per l’assenza ormai decennale della politica.
Adesso il dibattito si concentra sui due grandi temi: quello dell’elezione del prossimo presidente della Repubblica e quello sulla legge elettorale. Sono questioni importanti, che determinano come spartire il potere. Ma il problema vero sarebbe: questo potere, una volta spartito, per che cosa serve? e non solo contro chi serve.
In questo stato di confusione si arriva ai grandi temi esistenziali, che per l’Italia oggi si riducono praticamente a uno: la Libia. Da qui arrivano i migranti e il petrolio, quindi è cruciale per il dibattito del paese diviso tra “migranti sì – migranti no”.
I Savoia conquistarono la penisola inserendosi nella grande politica europea del tempo e battendosi contro l’Impero austroungarico, ma anche contro la Russia in Crimea nel 1855, allora accanto a Gran Bretagna, Francia e Impero ottomano. Poi, nel 1911, dopo avere lasciato Malta agli inglesi e perso la Tunisia perché preceduta da francesi, l’Italia di Giolitti prese la Libia all’Impero ottomano.
Ora Russia e Turchia si spartiscono la Libia a due passi dalla Sicilia. Oggettivamente questo mette il fiato sul collo agli Stati Uniti, che in Sicilia hanno basi importanti.
I russi, dopo essersi rafforzati nel porto di Tartus Siria e apprestati a insediarsi a Suez, si allargheranno anche a Bengasi? I manuali di guerra insegnano che la strategia è importante ma la logistica è cruciale. Dalla Crimea a Tartus, a Suez e Bengasi la Russia sta costruendo una catena logistica marittima che ridefinisce la politica del Mediterraneo e di fatto respinge la tradizionale presenza Usa e Nato nell’area.
La Turchia, imbottigliata dalla Russia nel Mar Nero e nel Mediterraneo orientale con un arco che passa dalla Grecia (amica secolare della Russia) a Cipro, a Tartus, deve arrivare a Tripoli per aggirare Mosca e protendersi ancora di più verso l’Europa.
L’Italia può restare indifferente a queste evoluzioni, rinunciando ad avere una politica di interessi nazionali, ma la Nato e gli Usa possono ugualmente lasciare che tutto si dissolva? E la Ue?
Ma anche se gli Usa volessero intervenire in Italia o in Libia come potrebbero farlo? Non è chiaro a quali attori possono appoggiarsi in Italia, nello sfarinamento generale. Un tempo la Democrazia cristiana e la sua costellazione di alleanze aveva garantito l’Italia e gli Usa. Oggi si sente nostalgia di quei tempi passati. Un film recente celebra il leader socialista Bettino Craxi che, dice la vulgata in corso, sarà stato corrotto ma sapeva di politica.
Proprio in questi giorni l’ex ministro Dc Calogero Mannino è stato pienamente assolto da tutte le accuse che lo avevano cancellato dalla politica per un ventennio. Vuol dire che era un grande politico e non era nemmeno corrotto. Arturo Parisi, acuto gran consigliere di Romano Prodi, twitta incessantemente sul bisogno di garantire al paese una capacità di governo.
Si può ricominciare da alcuni fili dell’eredità di quella Dc? Oggi, se si facesse un sondaggio, certo quasi tutti si direbbero democristiani. Ma come fare rinascere una Dc nel caos attuale e poi inserirla nella disordinata dinamica di questo Parlamento? Esso non ha voglia di sciogliersi anche se non è capace di cavare un ragno dal buco. In altri tempi questa sarebbe stata l’atmosfera per un colpo di Stato; oggi che i golpe non si fanno più, e che se si fanno poi non riescono, servirebbe forse una formula alchemica o magica per salvare tutto.
In questo frangente, l’intervento in Libia pare facile dal punto di vista militare, ma impossibile dal punto di vista politico. L’Italia ha truppe di qualità, conoscenze del territorio e contatti di lungo termine. Potrebbero sbarcare a Tripoli e piegare le sorti del conflitto in un senso o in un altro.
Ma, come chiedeva Lucio Caracciolo, per fare che cosa? Non si sa. Senza questa risposta in Italia si può continuare a girare in tondo, all’estero ci si fa subito uccidere.
Allora è impossibile al momento pensare che l’Italia risolva i suoi problemi in Libia. Continua invece un bizzarro girotondo in attesa delle elezioni regionali in Emilia-Romagna e Calabria il 25 gennaio prossimo. Questa data è anche la Festa di Primavera in Cina, l’inizio di un nuovo grande ciclo di 60 anni, i 12 segni che passano per i cinque agenti secondo l’oroscopo tradizionale. È l’anno del topo di metallo (金鼠), come nel 1960, quando la Cina, dopo la prima ubriacatura del Grande Balzo in Avanti, fu travolta dai morti di fame per una carestia senza precedenti. In Italia sembra invece che dopo il 25 gennaio tutto resterà così com’è. Vinca la Lega o il Pd-M5s, che differenza farà? O sarà l’inizio di un redde rationem come quello della Cina del 1960?
Riuscirà questo fragilissimo equilibrio del posto fisso parlamentare a durare ancora senza produrre qualcosa? Quando si gira sempre in tondo, alla fine si perde l’equilibrio e si precipita per terra.