Il giorno in cui la questione inglese si è risolta, con il voto che scioglie la Brexit e i dubbi sulla governabilità del Regno Unito, il leader della Lega Matteo Salvini, evidentemente nostro lettore, ha annunciato di volere un patto istituzionale per l’Italia.
In Gran Bretagna dopo anni di incertezze oggi è più chiaro. Ci sarà una Brexit morbida, a condizioni più favorevoli alla Ue di quelle negoziate dall’ex premier Theresa May, e Boris Johnson resterà premier cinque anni, a meno di imprevisti.
Ci sono le perplessità del destino della Scozia, che potrebbe chiedere il referendum per l’indipendenza, portarsi via il petrolio e aderire alla Ue. C’è la diatriba nord irlandese, che potrebbero staccarsi da Londra e ricongiungersi a Dublino. Resta il sospetto della City, il centro finanziario britannico e mondiale, ben cosciente di perdere un grande vantaggio allontanandosi da Bruxelles.
Ma nel quadro di una Brexit morbida e di un governo stabile tali problemi sono più gestibili.
In tal modo emerge, come da una bassa marea, il dramma dell’Italia che era rimasto occultato. Essa è, con il suo enorme debito pubblico e le sue ancora più grandi indecisioni politiche, il più grande nodo della Ue e dell’euro.
Il paese è sfasciato come non mai dopo la seconda guerra mondiale. Le infrastrutture si sbriciolano, il sistema creditizio traballa. Un’intera Regione, la Puglia, è sull’orlo del collasso per la chiusura possibile dell’Ilva e il tracollo della maggiore banca regionale.
I miliardi qui si contano come i bruscolini a una fiera. Sono tanti e potrebbero scuotere pesantemente il paese. Una pioggia e un vento un po’ più violenti del normale hanno fatto chiudere le scuole a Roma perché il sindaco non sapeva che fare.
Inoltre si addensano nubi fosche nel quadro internazionale. Gli Usa e la Cina sul commercio hanno siglato solo una tregua che non si sa quanto durerà e quanto ossigeno darà all’economia americana. Qui molti si aspettano una recessione per il 2020. La Russia è irrequieta, l’America Latina si sta infiammando intorno al Venezuela, in Africa chi ha due soldi vuole scappare.
In questo contesto inquietante, da fuori il paese appare fuori controllo e in balia delle onde.
In tale situazione Salvini ha fatto una proposta a sorpresa: un “comitato di salvezza nazionale” (così il capo della Lega) per salvare il paese.
L’idea potrebbe essere dovuta alla paura. Salvini non sa come governare il paese in tali difficoltà e come vincitore (secondo i sondaggi) delle prossime elezioni, non vuole trovarsi con il cerino in mano.
Inoltre il movimento delle sardine appare più incisivo e alla moda oggi dei “vaffa day” di M5s o delle adunate anti immigrazione della Lega di ieri. Le polemiche sulla Nutella di Salvini sembrano frutto dello sforzo di avere una finestra di propaganda agganciandosi alla crema più amata dagli italiani. Ma questa è pubblicità, non è politica.
Un patto di unità nazionale potrebbe fermare l’erosione in atto della Lega e forse per questo è strumentale. Ma la politica è fatta anche di questo: coincidenza di interessi anche molto parziali con interessi più grandi.
Si dice che Salvini parli con il leader di Italia Viva Matteo Renzi, entrambi parlerebbero con il leader del Pd Nicola Zingaretti. Si mormora che molti deputati e senatori M5s (il movimento in crollo verticale nei sondaggi) siano pronti a vendersi oggi per una poltrona domani.
Ma al di là anche dei giusti colloqui, riservati o meno, non basta mettersi tutti insieme per essere tutti corresponsabili e non avere opposizioni. Occorrono progetti forti.
Johnson per l’Inghilterra ce l’ha. Vuole trasformare il paese in centro di scambi internazionali, come una specie di super Singapore o Svizzera del mondo. Per questo avrà bisogno di ottime relazioni con Usa e Ue, che gli diano le concessioni necessarie per realizzare il piano. In altre parole Bruxelles e New York non devono svuotare di transazioni la piazza di Londra. La City è scettica perché teme che la Ue non collabori. Forse però se Johnson “cede” alla Ue Scozia e Irlanda del Nord e soprattutto mantiene il Brexit soffice si potrebbe trovare un equilibrio.
Con ciò Johnson, studioso di storia, vuole recuperare l’antico ruolo dell’Inghilterra portandolo in epoca contemporanea. Il centro mondiale delle transazioni “offshore”, destinate a crescere, non può essere lasciato a Singapore o in due isole dei Caraibi. Ci vuole un grande paese.
Se lo si fa a Londra avrebbe molta più solidità e potrebbe dare anche un contributo positivo alla finanza mondiale. Non è chiaro se funzionerà. È un azzardo enorme. Molto dipende dai dettagli, dove si nasconde puntualmente il diavolo, e dalla grande politica che deve allineare tanti interessi internazionali. Ma c’è una grande idea.
L’Italia ugualmente avrebbe bisogno di ritrovare un “destino” che è la sua geografia – essere ponte naturale tra Asia, Africa, Europa, tirando dentro l’America. Ciò darebbe impulso al Sud e riporterebbe il Nord Italia a essere centro dell’Europa e non periferia di Francia e Germania.
Per questo un patto tutti insieme è il primo passo, ma poi occorre un piano serio portato avanti da persone serie, che sanno che fare. Altrimenti, separati o tutti insieme, l’Italia, oggi sotto i riflettori, salta.