Quanti sono oggi in Italia i seguaci ed emuli di San Giorgio, aspiranti uccisori di Draghi? Più di quelli che sembrano.
Le critiche sono il sale della terra, ma gli assalti al neogoverno di Mario Draghi per avere nominato un generale esperto di logistica, Figliuolo, per la distribuzione dei vaccini e un superpoliziotto, Gabrielli, a capo dei servizi paiono, dalla distanza almeno, incomprensibili.
Per carità, i loro predecessori Arcuri e Conte/Benassi saranno stati dei geni, ma non erano esperti dei settori affidatigli, né avevano portato risultati immensi, visto che quel governo poi è caduto. Se Figliuolo e Gabrielli sbaglieranno, è giusto che siano criticati, ma è anche giusto che lo siano nel merito, e quindi quando avranno potuto operare.
Già Stefano Folli spiegava che tali critiche non hanno basi, ma forse c’è anche altro. Criticare queste nomine dicendo o suggerendo che si tratta quasi di un colpo di Stato militare significa in realtà chiudere le strade di una critica sostanziale, avvelenare i pozzi aprioristicamente e cercare di estirpare il seme della democrazia.
Infatti la democrazia parte con l’ammissione reciproca della legittimità dell’avversario politico. L’avversario può sbagliare nel merito, in quello che fa o che crede, ma non per quello che è; diversamente si crea un diverso spazio di agone politico teso a escludere l’avversario dal dibattito.
Certo, l’Italia è la patria del melodramma e spesso in questo paese si dice “ti ammazzo” per un buffetto sulla guancia, si grida al golpe quando si cambia governo e si annuncia una rivoluzione per un giro intorno al palazzo. Ma questi sono tempi drammatici e le parole oggi hanno un peso diverso.
L’epidemia ha portato allo slittamento delle Olimpiadi, originalmente previste a Tokyo l’anno scorso. I Giochi olimpici sono stati rinviati solo in tempi di guerra. Come in tempi di guerra, allora, le parole forse vanno misurate, rinunciando a esasperare paure e psicosi, piuttosto placandole.
Inoltre c’è un problema di logica politica: chi delegittima gli altri di riflesso delegittima se stesso. Cioè chi cerca di escludere gli altri si emargina e si esclude dal gioco democratico. Naturalmente c’è libertà, compresa quella di delegittimare se stessi, e chiunque può scegliere cosa fare.
Ma in un momento come questo, il paese avrebbe bisogno di tutti, perché non c’è tizio o caio da tenere a galla, ma il paese da salvare, anche con critiche, purché legittime e legittimanti.
Questo punto di vista potrebbe anche essere sbagliato, ma in Cina i Draghi sono la quintessenza della tradizione e molti li amano.