Mentre non è chiaro ancora chi vincerà le elezioni di oggi in Emilia-Romagna e Calabria, è chiaro già chi perderà: il governo nazionale di Giuseppe Conte e il Pd di Nicola Zingaretti.

La contesa calabrese ha dinamiche sue particolari. La sinistra è estremamente divisa e sembra improbabile che il centrodestra dietro il candidato governatore Jole Santelli (FI) perda. Ma la vera contesa è in Emilia-Romagna, guidata dalla sinistra dalla fine della Seconda guerra mondiale.



Se il candidato della sinistra Bonaccini vince, lo fa per merito proprio, non del suo partito o del governo nazionale. Se Bonaccini invece perde, avrà perso perché gli emiliani e i romagnoli hanno smesso di avere fiducia nel governo e nel Pd. Quindi, in ogni caso, il governo e il Pd sono sconfitti. Tanto più se, come pare possibile, Bonaccini alla fine anche perderà.



Detto ciò, il governo vorrà restare a galla, perché in primo luogo i deputati del M5s non si dimetteranno per alcun motivo, consci che non sarebbero rieletti nella maggioranza dei casi e fedeli al principio pratico, e molto italiano, di “quando ci ricapita nella vita?”.

Inoltre, nei prossimi mesi si tratta di fare molte nomine importanti e chi governa vuole partecipare a questa grande spartizione dei pani e dei pesci.

Il Pd però è un’altra cosa. Già ferito dalla scissione di Italia viva di Matteo Renzi, aveva puntato su Zingaretti per risollevare le proprie sorti. Ora se il governo non può cadere per oggettive esigenze dei deputati Cinquestelle, viceversa, il Pd non può però non affrontare la crisi che emerge in queste ore. Quindi deve decidere se confermare Zingaretti o viceversa trovare una sua nuova guida e una sua nuova direzione. Ciò a sua volta potrebbe portare a un rimpasto di governo. Zingaretti potrebbe cedere il posto di segretario del Pd in cambio di un ruolo ministeriale.



La profondità di questo cambio interno del Pd e il suo impatto sul governo naturalmente dipende dall’esito finale del voto. Se Bonaccini perde in Emilia, il governo, già debolissimo, diventerebbe barcollante e a quel punto si scatenerebbe un’importante corsa nel centrodestra.

Infatti, negli ultimi mesi si è fermata l’inarrestabile ascesa di Salvini, che rimane inchiodato nei sondaggi intorno al 30%. Cioè Salvini non può governare da solo e i suoi problemi antichi (le relazioni ambigue con la Russia, la diffidenza della Chiesa nei suoi confronti) non sono stati neppure toccati. In ciò la Meloni e il suo partito Fratelli d’Italia paiono più “normali”, anche se pure lì i legami con una certa destra estrema, revanscista, continuano a essere un pericolo. Ma tutto questo riguarda il dopo-voto.