L’opinione dei commentatori politici italiani, a cominciare dal loro principe Stefano Folli, si sta consolidando: la legislatura finisce a febbraio dopo l’elezione del presidente. Verrà a mancare infatti almeno uno dei tre elementi dell’equilibrio attuale.
L’esecutivo di Mario Draghi nasce infatti nel febbraio scorso con il sostegno del presidente della repubblica Sergio Mattarella e sotto l’ombra del semestre bianco, che congelava i rischi di andare alle urne.
A febbraio 2022, dopo l’elezione del capo dello Stato, anche se fosse confermato l’attuale duo Mattarella-Draghi, mancherebbe il semestre bianco, fondamentale finora per tenere insieme il tutto.
Del resto la situazione interna e internazionale è troppo cambiata e questo parlamento ha da tempo smesso di essere in realtà rappresentativo del paese. Il presidente Mattarella in questi anni ha avuto l’enorme merito di avere contribuito in maniera determinante ad assorbire e normalizzare il Movimento 5 Stelle, che prometteva di portare il caos nel paese.
Ma il M5s, pur finendo di essere una forza di trambusto, non è diventata davvero una forza di governo, tranne qualche eccezione. Il M5s non si è neppure trasformato in una forza organizzata e rimane un magma con un capo spirituale, Beppe Grillo, assente e presente a corrente alternata, e un capo organizzativo, Giuseppe Conte, ormai inseguito anche lui da ignominiose inchieste giudiziarie.
La Lega è spaccata in verticale, solcata da scandali di diversa natura. Inoltre è incerta sul percorso da seguire, se avviarsi a essere una forza moderata di governo o battere ancora sul tasto dell’euroscetticismo e del contrasto all’immigrazione.
In apparenza Fratelli d’Italia (FdI) aveva già scelto di muoversi nella direzione moderata, favorita dagli elettori, senonché l’elezione del sindaco di Roma rischia di trasformarsi in una trappola. Ancora un paio di mesi fa il centrodestra pareva avere la maggioranza certa, addirittura secondo alcun sondaggi se si fosse presentata la leader di FdI Giorgia Meloni avrebbe vinto al primo turno. Oggi invece la vittoria pare incerta perché il candidato scelto dalla Meloni, Michetti, non convince. Se Michetti perdesse, la sconfitta cadrebbe sulle spalle della Meloni.
Né il centrodestra nel complesso dovrebbe trionfare alle prossime amministrative, a dispetto degli umori popolari che gli sono favorevoli. Tranne poche eccezioni, come in Calabria, dove Roberto Occhiuto dovrebbe trionfare, il centrodestra sembra non avere trovato uomini giusti da proporre.
Quindi i partiti “rivoluzionari”, dal M5s alla Lega di Matteo Salvini, hanno perso la loro spinta sovvertitrice senza avere completato la trasformazione “di governo” e di organizzazione, anzi si stanno spaccando o sbriciolando.
Intanto quello che è da anni la spina dorsale di governo del paese, il Pd, si sta sfarinando. Titubante se davvero sostenere Draghi e preoccupato di inseguire il M5s di Conte, pare trovarsi fra due seggiole. Inoltre Conte potrebbe essere presto travolto dagli scandali.
Nelle elezioni amministrative il Pd non dovrebbe andare male, perché valgono i candidati e in genere il Partito democratico ha proposte migliori del centrodestra, ma questo non pare indicare un cambio del sentimento generale, che resta contrario al centrosinistra.
Il rischio è che le amministrative segnino un nuovo trionfo dell’astensionismo e delle schede bianche, già da anni maggioranza assoluta e rappresentazione autentica della sfiducia popolare nell’offerta politica. Né i dubbi internazionali, europei e atlantici, sull’Italia si saranno placati, anzi.
A febbraio senza un equilibrio di governo, con i partiti sfilacciati, e con alle spalle un largo scetticismo interno ed esterno, il paese potrebbe essere sull’orlo dell’impotenza e del caos. Le elezioni a quel punto sarebbero oggettivamente l’unico modo di cercare di riannodare i fili e ridare un’iniezione di fiducia al paese.
Qui però continuano a esserci resistenze dai parlamentari in carica che, nel 70% dei casi, non sarebbero rieletti e finirebbero disoccupati fuori da Montecitorio. Questo elemento è stato finora uno dei principali fattori che hanno spinto avanti la legislatura, ma da febbraio potrebbe non bastare più.
Il dubbio profondo è che se non migliora sostanzialmente l’offerta politica dopo il voto, anche col nuovo presidente la confusione italiana continuerà. Storicamente, però, la confusione viene sempre prima o poi risolta, in un modo o in un altro. In assenza di soluzioni positive e costruttive, rimangono quelle distruttive ed esplosive. Gli italiani – e chi li governa – paiono non aver capito che è finito il tempo in cui il paese era “troppo grande per fallire”. Il mondo è nel mezzo di una guerra fredda dove alcuni forse puntano all’esplosione della Cina, che ha 5 volte il Pil italiano e 20 volte la sua popolazione. In questo contesto nessuno ha tempo e pazienza per salvare l’Italia. O farà da sola, e bene, oppure arrivederci.
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