Tra aumento dell’Iva sì o no, la maggioranza sta dando in questi giorni messaggi confusi agli italiani e al mondo, tutti incerti se la tassa sui consumi aumenterà o meno nei prossimi mesi, e cosa succederà con la previsione ormai quasi matematica di un disastro economico tra la seconda metà del 2019 e la prima metà del 2020.
In questa situazione, vista dall’esterno, l’Italia sembra scivolata negli ultimi cinque-sei anni da uno stato di nevrosi a uno di pura psicosi. La nevrosi era quella di Matteo Renzi che ha sottoposto il paese a una cura intensiva di annuncite acuta: durante il suo governo sembrava che tutti i problemi dell’Italia sarebbero stati risolti con l’ultimo twitter, con l’ultima idea geniale del governo, con l’ultima facile scorciatoia a cui – chissà perché – nessuno prima aveva pensato.
Ma dietro la nevrosi c’era una percezione reale: che il paese aveva problemi sempre più insormontabili e che qualcosa andava fatto presto, anche se magari non bene. La distanza tra le promesse e la pochezza dei risultati fece cadere Renzi.
Dopo di lui però, nell’ultimo anno scarso alla nevrosi si è sostituita la folle mancanza di percezione della realtà. Il governo scombinato M5s e Lega semplicemente non pensa di risolvere i problemi in maniera concreta ma solo con l’intervento della formula magica “l’abbiamo fatto”, indifferente al fatto di cosa stia accadendo nella realtà.
Il ponte Morandi di Genova è crollato e dopo un anno il moncone è ancora lì, incerti se conservarlo o abbatterlo, ma non è un problema perché (e purché) non li si veda e non appaia nelle coscienze. Il reddito di cittadinanza non è arrivato né potrà mai arrivare, ma non importa, perché è solo l’annuncio che conta. Gli immigrati clandestini non sono stati cacciati, non potranno esserlo, e anzi quest’anno aumenteranno, ma non importa perché la posa truculenta contro lo straniero è ciò che conta.
Cioè dal nevrotico “risolviamo tutto subito” si è passati allo psicotico “abbiamo risolto tutto perché l’abbiamo detto”.
Di certo i problemi dell’Italia, economici e non solo, stanno aumentando a vista d’occhio e andrebbero affrontati di petto, senza nevrosi o psicosi. La questione del deficit pare solo l’ultima manifestazione esterna di problemi più profondi e più gravi. L’Italia va cambiata radicalmente, il debito pubblico è l’ultimo segno di un fallimento generale del sistema. Forse è questo a cui Salvini pensa agitando l’idea dell’uomo forte.
Non è possibile pensare a governi tecnici. Essi erano soluzioni “tecniche” quando il quadro politico di riferimento era chiaro. Ciampi nel 1993 rimise a posto i conti ma dietro di lui Scalfaro aveva un’idea chiara della direzione generale del paese e all’esterno c’era un quadro politico chiaro; la guerra fredda era finita e gli Usa governavano tutto senza opposizioni.
Con il senno di poi l’esperienza del governo tecnico Monti era un fallimento sul nascere. Il quadro internazionale non era cristallino, e neppure quello interno era chiaro visto che era totalmente finito il sistema costituzionale del 1948, con le sue leggi scritte (equilibri certosini fra poteri onde evitare centralizzazioni) e non scritte (veto agli estremi, destra e sinistra, dal governo).
La reazione di Renzi, di pancia, istintivamente giusta, ma non digerita e ragionata, era la nevrosi: tutto si può risolvere rapidamente. Oggi, davanti al fallimento della velocità, si è passati appunto alla psicosi: i problemi si risolvono solo con la loro proclamazione.
Gli alieni di M5s (la giungla non c’è) e il richiamo alla forza bruta di Salvini (dalla giungla si esce urlando), da un lato gettano l’Italia nel prossimo precipizio, dall’altro aprono uno spazio a qualcuno che proponga una nuova grande visione del paese, entro la quale tutti problemi prendano una dimensione diversa.
Intanto sembra che i vecchi Stati nazionali, nati in Europa due secoli fa, non abbiano ancora realizzato di essere vecchi. Nuove costruzioni statuali stanno nascendo: le città stato multietniche come Singapore, i progetti geo-economico-politici come gli Usa o la Cina del partito-Stato. In realtà l’Unione Europea oggi regge i vecchi stati nazionali, senza Ue molti di essi si sfascerebbero.
Oltre al Regno Unito, dove le pulsioni centrifughe di Scozia, Galles e Nord Irlanda verso l’Inghilterra aumentano in proporzione con le pulsioni inglesi al Brexit, c’è la Spagna con la sua Catalogna… e c’è l’Italia che senza Ue non resisterebbe le spinte opposte di Sud e Nord, e tornerebbe a spaccarsi.
L’Italia può essere salvata solo con un importante progetto politico di lungo termine.