A poche ore dall’assunzione della guida ufficiale di M5s da parte di Giuseppe Conte, il Movimento sembra essersi in realtà spostato da un’altra parte.

Lo spostamento non è di quelli banali e potrebbe portare un rimescolamento interessante in questi prossimi mesi di semestre bianco.

Infatti in queste stesse ore il premier Mario Draghi ha sdoganato in linea di principio il reddito di cittadinanza. La misura, diciamolo, è più che una follia, è una droga pesante, un allucinogeno dato a chi già beveva molto e fumava sostanze proibite. È il contrario di quello che serve al Paese in un momento in cui dovrebbe svegliarsi dal torpore soporifero dello stipendio a casa per l’epidemia e dovrebbe tornare a lavorare e pensare il suo futuro.



Ma il reddito è anche l’unico scalpo, l’unico risultato concreto che l’M5s di Grillo e Luigi Di Maio ha da mostrare ai propri elettori. Quindi Draghi che approva il reddito di cittadinanza dimostra l’esistenza di un accordo politico con Di Maio.

Di Maio infatti la settimana scorsa in un’intervista a Repubblica prometteva appoggio al premier, contro le insinuazioni e le minacce che partivano invece da Conte. Il Movimento 5 Stelle è spaccato, come rilevava giustamente il giorno dopo Stefano Folli.



Se effettivamente è così ci sono varie conseguenze. Conte è di nuovo dimezzato, stavolta come capo del Movimento, e leader torna ad essere Di Maio. C’è una tattica in questo e forse anche l’inizio di un pizzico di strategia.

La tattica è che Conte ha oggettivamente interesse al caos, come abbiamo detto, e ad elezioni anticipate: dopo il voto, per pochi che siano, i parlamentari pentastellati risponderebbero solo a lui. Quindi vuole far cadere Draghi e tifa per il tanto peggio tanto meglio.

Di Maio, insieme agli attuali deputati e senatori M5s, viceversa ha interesse a restare più a lungo possibile, quindi ha bisogno di Draghi a garanzia di stabilità.



In ciò forse c’è che Di Maio ascolta nuovi consigli e nuovi consiglieri che lo indirizzano verso un percorso di più lungo termine. Infatti la stabilità, che gli serve per sopravvivere personalmente e politicamente, non può reggersi sul reddito di cittadinanza. Quello può funzionare come segnale, come vago indicatore, ma poi ci vorrà altro per combattere le tendenze urgenti del Movimento e del paese al caos.

Conte viceversa non ha interesse a pensare a lungo termine, e ha dalla sua gli M5s rimasti fuori dal parlamento che scalpitano per andarci il prima possibile al posto degli attuali. A loro non basta il reddito di cittadinanza per essere soddisfatti, anzi.

Di Maio quindi deve pensare ben altro per attraversare sano e salvo i prossimi sei mesi; qui, forse, i nuovi consiglieri lo potrebbero salvare davvero.

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