Durante la conferenza stampa congiunta ieri a Roma il ministro degli Esteri italiano Luigi Di Maio ha parlato di Libia, poi di Grecia, Cipro, Turchia. Ha accennato alla guerra tra Armenia e Azerbaigian. Ha quindi difeso la scelta del suo governo sul 5G. Questa ultima, forse prolissa e tortuosa, suonava come una excusatio non pentita, risultando quindi una accusatio manifesta.



Infatti tutti sanno che la pietra dello scandalo, il punto di discordia profondo tra Italia e Stati Uniti è proprio il 5G.

Il segretario di stato americano Michael Pompeo invece non ha parlato di 5G. Ha sottolineato che in America ci sono 20 milioni di italo-americani, un terzo della popolazione italiana. Il governo americano e gli italo-americani si sono profusi nell’aiuto all’Italia per il Covid: una tirata di orecchi contro il governo italiano che ha fatto propaganda frequente per gli aiuti cinesi ma non ha parlato di quelli americani.



Pompeo ha quindi sottolineato la pericolosità dei russi, anche questi con profondi legami in Italia. Ha ribadito l’appoggio americano in Venezuela per Guaidó, mentre proprio il M5s di Di Maio sostiene Maduro. Infine senza mezzi termini ha avvertito della pericolosità politica della Cina.

Dunque niente in comune tra due discorsi molto diversi che non si sono incontrati.

Invece nella conferenza sulle religioni organizzata con la Santa Sede Pompeo è stato più prudente rispetto alla critica a papa Francesco espressa sull’articolo di due settimane fa su First Things. In quell’occasione Pompeo aveva puntato il dito contro il papa, a rischio di perdere la sua autorità morale – scriveva – se avesse continuato nei suoi rapporti con la Cina.



Insomma cosa è successo ieri a Roma? L’impressione è che con il Vaticano Pompeo abbia smussato i toni, confermando comunque un profondo interesse americano a continuare a parlare della Cina, anche alla luce di una differenza di opinioni.

Diverso pare l’atteggiamento con l’Italia. In questo caso è la sua intera politica estera ad essere sotto accusa. C’è la Cina, certo, ma anche i rapporti con la Russia e quelli con Maduro. In sostanza Pompeo non ha citato una sola zona di cooperazione vera comune. Sulla Libia, l’unico tema toccato da entrambi, Pompeo vorrebbe che l’Italia si schieri contro le spinte russe. Di Maio invece vorrebbe impegnarsi per processi di pace che ignorano la presenza in Libia di turchi o russi.

Con il Vaticano il rapporto americano non sarà facile ma è solido. Con l’Italia pare invece un disastro, senza punti di convergenza con Washington.

Questo lascia l’Italia molto isolata. In Europa certo nessuno ha voglia di soccorrere l’Italia che ha creato e crea tanti problemi sul debito e sul fondo di rilancio (Recovery Fund) comune. Ma Russia o Cina possono realisticamente sostituire in tutto o in parte il rapporto sfilacciato italiano con Usa e Ue? Impossibile.

La Russia non ha certo le energie politiche ed economiche per entrare davvero in Italia al di là di una manifestazione generica di interessi. La Cina probabilmente si sente ancora peggio. Cosa aveva promesso Roma a Pechino all’inizio del 2019 e poi ancora in questi mesi? Di certo il rapporto scombiccherato con l’Italia ha contribuito a peggiorare preziose relazioni cinesi con Europa e Stati Uniti. La deriva già c’era, ma assistere al disastro italiano ha probabilmente accelerato la tendenza.

A Pechino è chiaro che la collaborazione sul 5G o sui porti non andrà da nessuna parte, ma Roma non lo dice chiaramente, comportandosi come quei ragazzini che intendono lasciare la fidanzata ma vogliono continuare a tenerla per mano.

Diversa la situazione per gli Stati Uniti. Pompeo pare dire: cari paesani, rendetevi conto che siamo parte l’uno dell’altro, ma ciò detto, se non cambiate rotta andate alla rovina. È una messa in mora di tutto il paese.

Mentre nel rapporto Usa-Vaticano la Cina capisce che il papa porta un valore politico vero, perché aiuta gli Usa a pensare in modo diverso il loro approccio con Pechino, nel rapporto Usa-Italia l’Italia è un disvalore perché dice cose diverse a interlocutori diversi aumentano la confusione. Le materie sono certo molto diverse e così la statura degli interlocutori. Ma in questo l’Italia rischia di perdere ogni ancoraggio politico, mentre sta già scivolando quello economico.