Il momento per l’Italia pare difficile come non mai e il capitombolo con cui si è arrivati al nuovo governo ne sembra la riprova. Ciò pone compiti improbi, estremamente problematici al riconfermato presidente del Consiglio Giuseppe Conte e alla sua compagine ministeriale.
Da lontano, abbiamo solo una serie di domande a cui, purtroppo, non abbiamo risposte. Tali risposte però sono necessarie, e anche non dare risposte, ignorare le domande, è un tipo di risposta. Oppure non sono problemi: ma anche in questo caso sarebbe utile capire perché.
Quindi cominciamo con le domande. Come hanno già sottolineato due grandi saggi della politica italiana, Calogero Mannino e Arturo Parisi, i governi vanno al potere con un programma, per fare qualcosa, e nel caso di capovolgimenti di alleanze, i partiti in passato hanno sempre spiegato a lungo e in profondità il perché dei capovolgimenti.
Oggi invece non si capisce perché si è arrivati a questa alleanza M5s-Pd e perché i due partiti ora sono amici quando ieri erano nemici giurati. Il caso più citato di recente, del compromesso storico, è passato attraverso un dibattito pubblico durato praticamente anni nel pure centralistico Pci. Questo non è il compromesso storico, d’accordo, ma una spiegazione vera i partiti non dovrebbero darla?
Ciò per un motivo basilare della democrazia: si chiede il voto ai cittadini in vista di progetti da realizzare, tali progetti possono essere cambiati in corso d’opera, ma comunque devono essere presentati e fatti comprendere, perché altrimenti i cittadini la volta successiva cambiano voto.
Oggi quindi M5s e Pd, con questa alleanza non spiegata, alla luce peraltro di un crollo in corso nei sondaggi di M5s, non stanno tradendo la fiducia dei loro elettori? Perché i loro elettori dovrebbero tornare a votarli alle prossime elezioni se hanno fatto il contrario di quello che dicevano, e non hanno spiegato le giravolte? Formalmente si sta rispettando la lettera della legge, ma se i partiti non spiegano non tradiscono forse lo spirito della legge?
Questo di fatto è uno dei motivi profondi che può alimentare il già grande assenteismo dal voto. Che voto a fare se poi chi prende il mio consenso lo usa per suoi interessi e neppure mi dà spiegazioni? Non intimorisce quello che anche padre Antonio Spadaro vedeva come il debito di democrazia in Italia dovuto a questo assenteismo elettorale crescente?
Qui si aprono altri problemi ancora più di fondo. Ci sono circa tre milioni di immigrati regolari che pagano le tasse ma non votano. Non si tradisce così il principio della democrazia basato sull’idea che la rappresentanza parlamentare arriva a fronte di un pagamento delle tasse, no taxation without representation?
D’altro canto ci sono poi quasi altrettanti italiani che pagano le tasse all’estero ma votano per l’Italia e forse due milioni di giovani di talento che hanno lasciato l’Italia e votano all’estero.
Il castello di carte di questi problemi l’uno sull’altro quanto può reggere? Si sta allargando lo iato tra cittadini e rappresentanti, che era poi il cavallo di battaglia del M5s.
Inoltre si parla di cambiare la legge elettorale… di nuovo. Da fuori si è perso il conto di quante volte sia stata cambiata e ogni volta con l’idea (ogni volta fallimentare) di avvantaggiare il partito di governo di turno. Ma una legge elettorale è parte integrante di un sistema politico, un tipo di voto corrisponde a un tipo di equilibrio politico, e quindi comporta nei fatti un cambiamento del funzionamento della costituzione nel suo complesso, non di una semplice parte. Cambiare ogni volta il sistema di voto fa saltare uno dei tanti delicati equilibri del sistema politico. Come si fa allora a cambiare la legge elettorale senza cambiare anche la costituzione? Quanto può reggere il sistema a questi cambi ricorrenti? C’è poi in preparazione una possibile costituente? E ci sono personalità che possono con forza guidare tale costituente?
Quindi c’è la bizzarria di un tweet. Per la prima volta un presidente americano, Donald Trump, ha fatto gli auguri a Conte prima del suo incarico, e ciò ha oggettivamente molto aiutato Conte, che altrimenti forse avrebbe fallito. Interventi americani non sono una novità in Italia ed è giusto che avvengano, perché significa che Washington ritiene Roma un alleato importante. È bene così. Ma visto il giusto prestigio degli Usa in Italia, questo intervento così scoperto di Trump non dimostra però anche che Conte, e forse anche il presidente Sergio Mattarella che pare lo sostenga, fossero troppo “deboli” per farcela da soli? Non crea il dubbio di un indebolimento ulteriore delle strutture italiane?
Di certo la stessa candidatura di Conte ci pare strana. Chiamato a fare da mediatore tra M5s e Lega ha evidentemente fallito, visto il crollo della coalizione. Perché allora richiamarlo a questo compito? Cioè dopo avere fallito in un’impresa difficile (il governo M5s-Lega), ora potrebbe avere successo in una impresa forse ancora più difficile, il governo M5s-Pd?
Infatti la debolezza della proposta del Conte bis si basa su un’evidenza di queste ore. I due contraenti non sono ancora sposati ma già bisticciano su tutto. Non erano d’accordo su Conte, non su Luigi Di Maio vicepremier, si annunciano liti sulla composizione del Consiglio dei ministri. Possibile che il volume dei contrasti col tempo si attenui, o viceversa crescerà? Di solito, nei governi, così come in ogni altra occasione della vita, le liti aumentano col tempo. Quindi cosa ci riserverà il futuro?
È vero che l’esigenza impellente è varare una finanziaria e, viste le difficoltà della Germania e il suo bisogno di crescita, le condizioni imposte dalla Ue per l’Italia potrebbero essere più lasche. Ma come sarebbero poi spese le risorse in più?
Le domande sono autentiche, forse ingenue, e non polemiche. È vero anche che nella storia molte soluzioni precarie e provvisorie si sono rivelate più durature di quelle con ambizioni di lungo termine. È possibile che il Conte bis duri fino alla fine della legislatura, e ce lo auguriamo per l’Italia. Ma proprio l’eccezionalità di questo governo forse mette in luce una crisi politica ben più profonda della durata stessa della legislatura.