Come appare la fotografia della realtà italiana dalla distanza siderale cinese? Il partito di maggioranza relativo in Parlamento, il Movimento 5 Stelle, è diviso in almeno due tronconi che fanno capo rispettivamente a Beppe Grillo e Giuseppe Conte.

Non è chiaro se, come e quando potrà esserci una riconciliazione, ma gli attacchi di fuoco scambiati tra le parti (Conte a Grillo: “padre padrone e patrigno”; Grillo a Conte: “senza visione o capacità di gestione”) altrove sarebbero mortali; non così – ma chi può dirlo – nella tragicommedia della politica italiana.



Di certo un terzo del Parlamento è fuori gioco e con esso anche il Pd (circa il 20%), che da oltre un anno si è messo al traino del M5s. Il Pd, peraltro, si era già diviso con l’uscita della pattuglia dei renziani.

Insomma, circa metà del Parlamento è in tilt. In condizioni normali si dovrebbe andare al voto, ma così non può essere, perché i parlamentari, come gli operai dell’Ilva di Taranto, non vogliono perdere lo stipendio, e perché fra un mese appena comincia il semestre bianco, il periodo che precede l’elezione del Capo dello Stato in cui, per legge, non si possono sciogliere le Camere.



Ciò crea un cortocircuito profondissimo della democrazia, quasi un colpo di Stato di fatto nel paese, peraltro scosso dalla crisi senza precedenti del Covid-19. Il Parlamento rischia di risultare staccato dalla realtà fattuale, con in più due protagonisti, Conte e Grillo, che non siedono tra i banchi di deputati e senatori.

C’è un ulteriore elemento di grande debolezza: le due componenti della vecchia maggioranza, M5s e Pd, hanno smarrito la bussola, ma rimangono cruciali nel governo. Questa contraddizione rappresenta quasi un “abuso” politico, che crea oggi la giustificazione oggettiva per qualunque misura prenderà domani una destra destinata a trionfare alle prossime elezioni, siano esse fra sei mesi o due anni. Il timore della vittoria di una destra “pretenziosa” serve poi a giustificare la congestione attuale intorno al Movimento 5 Stelle nel caos.



In questa matassa senza senso, il premier Mario Draghi, sostenuto dal presidente Sergio Mattarella, può continuare a governare nei prossimi mesi fidandosi della sua coscienza e ignorando i partiti. Ma questo, per quanto efficace da un punto di vista pratico e dei risultati di governo, non risolve l’assurdo cortocircuito politico, anzi lo complica giorno per giorno.

Infatti l’impressione è che Grillo sia stato spinto a delegittimare Conte – e viceversa – proprio per far cadere il governo, o almeno per farlo ballare di più e magari rendere nelle prossime settimane e mesi impossibile o difficile l’azione di governo. Conte ha tutto da guadagnare da elezioni che gli darebbero un seggio e il controllo di un partito piccolo o grande che sia.

Tali cortocircuiti sono tipici della politica. Nei regimi autocratici essi si risolvono con prove di forza spesso cruente; nei paesi democratici invece si risolvono con il ricorso al voto, anche frequente, come è stato per esempio di recente in Israele o in Spagna.

Ma il vero problema si pone alla fine del semestre bianco. Come fa un Parlamento per metà nel caos, non rappresentativo per le liti feroci al suo interno, e quindi non legittimato e zoppo, a eleggere un presidente per i prossimi sette delicatissimi anni? In quel periodo il paese deve applicare sul serio il Pnrr, gestire il post-Covid e navigare nel mare tempestoso di una nuova pericolosa guerra fredda. Che autorevolezza avrebbe quindi il presidente futuro?

Questi sono quesiti enormi che pesano oggettivamente sul paese, che il Parlamento decida o meno di affrontarli.

— — — —

Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.

SOSTIENICI. DONA ORA CLICCANDO QUI