Conte? Non ci sono alternative. Oppure: bisogna avere il tempo per costruire alternative. O ancora: che alternative ci sono? (la risposta implicita è: nessuna), o anche: che altro può fare? Non si vedono giganti all’orizzonte (come dire: fa male come fanno male gli altri). Infine: o questo o il voto (e votare non si può, poiché è impossibile fare campagna elettorale o andare alle urne col virus in giro).
Persino i suoi maggiori sostenitori, il Pd o Il Fatto Quotidiano, propongono difese d’ufficio: evitiamo lo scontro sociale, tuteliamo il premier perché o lui o il caos. Idee ragionevoli per tenere oggi al suo posto il premier Giuseppe Conte, ma forse davvero non sufficienti per mandare avanti il paese nella crisi più grave dall’unità ad oggi.
Tra i maggiorenti del paese non ho trovato voci entusiaste, solo mezzi toni, braccia che si allargano, spalle che si alzano a dire “non c’è altro”.
Anche nei momenti più controversi, quando la Dc sembrava ridotta al lumicino e l’illustre Montanelli invitava a tapparsi il naso e votarla perché l’alternativa era peggiore, persino quando Berlusconi era al colmo delle polemiche dei suoi bunga-bunga, paladini impavidi difendevano i democristiani per i loro risultati e il Cavaliere per la sua vita sopra le righe.
Qui non abbiamo visti pretoriani pronti a presentare fiumi di argomenti per proteggere il capo del governo. Si torna sempre al “fa quel che può”; “che altro può fare?”, eccetera.
Anche l’opposizione non ribolle di orrore. La Lega o Fratelli di Italia, che usano toni durissimi appena possono, con il governo non battono i pugni pretendendo un cambio di compagine. Si oppongono, sì, ma senza andare troppo in là, senza spingersi oltre la linea che farebbe cadere Conte e porterebbe qualcun altro a Palazzo Chigi. È come se loro per primi non lo volessero sostituire, timorosi di prendersi una grana immensa a governare l’Italia adesso.
Da tutto ciò risultano due fatti. Il primo: Conte ha il coraggio (o la faccia tosta, a seconda delle simpatie) di stare al governo in un momento in cui nel Parlamento nessuno vuole prendere il suo posto.
Il secondo è che d’altro canto c’è un consenso a 360 gradi che lui e il suo governo sono quantomeno inadeguati.
Veniamo alle conseguenze. L’assenza di alternative mette con le spalle al muro il presidente Sergio Mattarella. Il Capo dello Stato non può sostituirsi alla politica, può esserne al massimo il principale maieuta. Il Colle ha favorito Vittorio Colao, ex Ad di Vodafone, a consigliere principe del premier, quasi premier al posto del premier. Ma Colao ha deciso di collaborare a distanza, ha scelto di restare a Londra e tenersi lontano da Roma. In pratica ha rinunciato.
Dunque non c’è niente all’orizzonte e tutto appare bloccato.
Infine arriva il decreto per l’emergenza. Dentro c’è tutto e di più, tanto che i comunicatori non sanno cosa scegliere per presentarlo e vedono nel suo volume il suo tratto distintivo. 4-500 pagine di articoli, commi, codicilli il cui senso è: “vogliamo dare soldi a tutti”, ma poi, per non rischiare, inventano procedure levantine. Pare pensato non per salvare il poveraccio alla fame, ma per tutelare il legislatore timoroso o i capi-gabinetto zelanti contro l’eventualità di finire un domani sotto processo.
Il decreto Rilancio proclama la distribuzione di 55 e rotti miliardi, una cifra enorme, ma è un ottavo di quei 400 miliardi annunciati dal premier solo due mesi fa. Che fine hanno fatto gli altri 350 miliardi?
Tutte queste cifre sembrano i fantastiliardi del Paperone di Carl Barks, roba da fumetto e non da vita reale. Certo, sappiamo che non ci sono alternative, ma occorre capire anche che così non va, che per salvare gli equilibri bizzarri del Parlamento salta l’Italia. A quel punto anche il Parlamento sarebbe trascinato via insieme a tutto il resto.
Allora Che fare?, chiedeva oltre un secolo fa Lenin, pensando che il nodo gordiano della politica russa non potesse essere risolto che con il colpo di spada della rivoluzione. Invece io, per avere vissuto tanti anni in un paese rivoluzionario e rivoluzionato, ho orrore delle rivoluzioni, guerre fratricide dove si spazzano via i sentimenti più normali e umani prima ancora di spezzare le vite.
Molto sommessamente, pertanto, farei un esempio di quello che avrebbe potuto essere il programma di governo, dieci righe, sei proposte per l’Italia di adesso e del futuro. Presidente del Consiglio e Parlamento, vale la pena pensarci?
– Adeguare burocrazia, sistema fiscale e sistema giudiziario a quello della Germania, per ragioni di efficienza e opportunità di integrazione nell’Ue
– Sgravi fiscali ad aziende e pagamento di bollette ai privati da parte dello Stato per almeno sei mesi
– Sportello unico con approvazione entro sette giorni per aprire qualunque impresa
– Ferrovia veloce fino a Trapani e Vittoria con ponte sullo stretto e traghetto veloce Mazara-Tunisi
– Ferrovia veloce Cagliari-Bastia (Corsica) e tunnel o ponte Bastia-Isola d’Elba.
– Progetto con Francia (Ue), Usa, Cina, Giappone e India per ferrovia veloce Tunisi-Città del Capo e sviluppo integrato dell’Africa.