C’è un nodo gordiano che si stringe con il passare dei giorni intorno alla gola del premier Mario Draghi.
Draghi è arrivato al governo per gestire l’economia ed evitare che i 200 e rotti miliardi del Recovery Fund fossero sprecati, ma l’economia non può realisticamente ripartire fin tanto che perdura l’epidemia. Ma per contrastare l’epidemia mancano i vaccini o non si riescono a distribuire.
Secondo i giornali, sembra che ci siano 1,8 milioni di dosi disponibili che non si riescono a inoculare, evidentemente per grandi problemi di organizzazione. Solo che modificare l’organizzazione esistente e rimetterla in sesto è più complicato che crearne una ex novo. In circa due mesi è stato vaccinato circa il 5% della popolazione e di questo passo ci vorrebbe almeno un anno e mezzo per immunizzare tutti.
Altro problema è avere i vaccini. Non è chiaro perché non ci sono. La Ue ha cercato di tirare sul prezzo? Qualcuno ha scommesso sul vaccino cinese e russo per simpatie politiche o di affari? È stata pura disorganizzazione italiana? Non si sa.
Di fatto oggi non ci sono dosi che bastano e anche gridare contro la cupidigia delle case farmaceutiche non serve. Se le aziende farmaceutiche non cercassero profitti non ci sarebbero soldi per la ricerca e se fossero davvero generose dovrebbero prima vaccinare l’Africa o l’India, dove i contagi non si contano e i morti potrebbero essere già milioni.
Né i partiti hanno smesso di sollevare e strumentalizzare polemiche. Negli altri due governi tecnici del passato evocati in questo frangente, quello di Ciampi e quello di Monti, gli esecutivi erano intontiti e spaventati di fronte alla dissoluzione della prima repubblica (Ciampi) o all’impennata dello spread (Monti).
Oggi i partiti sembrano immuni al dramma dell’epidemia o a quello della catastrofe economica, che pure sono questioni ben più gravi delle precedenti. Questo cinismo spietato si è visto nella lotta all’ultimo ministro e all’ultimo sottosegretario.
Come a dire: Draghi governi, ma il sottogoverno resta nelle mani dei partiti. Non c’è stata alcuna luna di miele per Draghi, su cui i critici già cominciano ad accanirsi. I partiti hanno subìto Draghi. Una parte voleva continuare con Conte, un’altra parte voleva le elezioni. Draghi è stato un punto di equilibrio instabile che di fatto non accontenta nessuno.
Ma come fa Draghi a governare in queste condizioni? Nessuno finora sembra porsi la domanda. Anzi, prima i partiti ricattano Draghi con rivendicazioni di ogni tipo, e poi lo accusano di avere accettato le loro richieste solo in parte.
In questo viluppo mortale in realtà Draghi non può far altro che restare in silenzio, come sta facendo, e pianificare. Non ci sono soluzioni facili o immediate per alcuno dei problemi sul tappeto. Un anno di puerile “andrà tutto bene” non può essere riparato in una settimana o in un mese.
Né la fretta di tizio o di caio porterà nuove dosi di vaccino o inoculazioni migliori. Il programma di 200mila vaccinazioni al giorno, annunciato in questi giorni e che oggi appare immaginifico, avrebbe comunque bisogno di sei mesi per vaccinare tutti.
Il risultato netto sarà che le polemiche probabilmente aumenteranno, mentre l’Italia arriverà alla ripresa economica in ritardo rispetto agli Stati Uniti, e forse in autunno ci potrebbe essere una nuova ondata.
Ma con il semestre bianco ormai a ridosso, è di fatto impossibile che il governo cada, quindi Draghi ha in realtà tempo per organizzare al meglio, nelle condizioni date, la campagna vaccinale e i piani per il Recovery.
Se Draghi è arrivato senza che alcuno dei grandi partiti lo volesse, questo prova che i partiti non sanno cosa può funzionare davvero per l’Italia e che non sanno proporre idee che funzionano. Le critiche che oggi si fanno a Draghi sono in realtà critiche al sistema dei partiti, che si sono dimostrati praticamente tutti incapaci della sfida del momento. Da qui forse occorrerebbe ripartire per accompagnare questo governo e preparare il futuro del paese.