Quello di Mario Draghi sarà un governo che metterà il paese in sicurezza e traghetterà i partiti che lo sostengono a un livello più alto di maturità nazionale o internazionale; o viceversa Draghi diventerà la coperta troppo corta sotto cui i partiti continueranno a litigare e spaccarsi nella speranza di spartirsi i miliardi del Recovery Plan?



Nel primo caso il governo Draghi veleggerà con certezza oltre la soglia del semestre bianco; nel secondo il premier potrebbe attraversare un periodo di navigazione molto perigliosa rischiando che il suo governo duri tre, sei mesi o anche che non arrivi a fine legislatura.

Infatti la situazione del paese è gravissima: Draghi è davvero l’ultima spiaggia del paese, almeno visto dall’esterno. Infatti se Usa, Germania e Francia tifano per lui, i rigoristi duri e puri, Finlandia o Olanda, sperano nel suo fallimento.



Se Draghi mollasse oggi o fra tre mesi lo spread schizzerebbe verso l’alto e l’Italia fallirebbe, rimanendo senza soldi per pagare gli stipendi statali. Per francesi e tedeschi sarebbe uno smacco al loro progetto di Europa, e così anche per gli Stati Uniti, che oggi con la Ue vogliono ricostruire rapporti nuovi e più solidi.

Ma molti nei partiti non sembrano spaventati e quindi coscienti di questo.

Lo si vede dal fatto banale che molti non si sono semplicemente messi a disposizione di Draghi per aiutare lui e il paese, ma subito hanno chiesto ministeri, hanno presentato nomi, come se il punto vero sia tutelare il proprio potere.



Naturalmente il potere e l’influenza dei partiti è importante per i partiti stessi e anche per lo sviluppo della democrazia, ma senza il paese non ci sono più partiti e la spartizione del potere non può essere un sostitutivo della mancanza di coerenza interna.

In particolare M5s e Pd, architravi del vecchio governo Conte 2, dovrebbero forse cominciare una riflessione su quello che è andato storto e che ha portato al governo Draghi. Certo non è giusto o opportuno che le due formazioni in questo momento si straccino le vesti in pubblico per il passato, ma forse ci dovrebbe essere una prudenza nel pretendere posti al governo.

D’altro canto, per la Lega l’appoggio a Draghi ha un valore di per sé, poiché esso può essere l’inizio della fine dei passati veti a Bruxelles e a Washington al suo governo, dopo il fallimento del Conte 1. Ciò è un risultato molto importante per il partito e per l’Italia, a cui non fa bene avere partiti ostracizzati. E questo forse dovrebbe ispirare prudenza nelle richieste.

In altri termini, accanto all’occasione per salvare il paese, la partecipazione al governo Draghi dovrebbe anche essere per i partiti l’occasione di riflettere su sé stessi. Senza partiti infatti non esiste democrazia. Alcuni di essi però, e questo è un dramma profondo, dovrebbero ripensarsi. Cosa ne sarà di M5s e Pd? Si fonderanno l’uno dentro l’altro, come accadde con l’abbraccio tra sinistra Dc e Pci all’inizio del Pd e Giuseppe Conte ne sarà il profeta? Oppure cos’altro? La Lega ha cominciato la sua marcia verso il centro, ma non è chiaro fin dove arriverà il M5s.

Il fallimento del governo e quello dei partiti sono due problemi uno dentro l’altro, come accadde agli inizi degli anni 90. Allora però i partiti erano molto forti e solidi, e anche nel loro indebolimento c’era una forza residua. Oggi i partiti sono molto più deboli e così i loro fallimenti.

Draghi può occuparsi unicamente del governo, solo i partiti invece possono curare sé stessi.

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