È una semplice questione di economia, di mettere insieme il pranzo con la cena. La legge sulla prescrizione entrata in vigore in Italia il 1° gennaio avvia il paese alla catastrofe economica annullando le basi vere del diritto.
Ma per giustificare tutto questo bisogna fare un passo indietro. Nei paesi autoritari per fare impresa bisogna stringere un patto politico-commerciale con le autorità locali. Il patto dura fin quando dura il potere locale. L’incertezza è dovuta al fatto che il potere locale può cambiare in modo repentino e senza avvisi, quindi c’è un’alea di rischio calcolabile sulla presunta stabilità del potere in questione.
Per questo l’economia preferisce lo Stato di diritto, dove le regole e le procedure sono chiare, trasparenti e tutto è a posto finché ci si conforma ad esse. In caso di controversie modi e tempi sono chiari e limitati, quindi i rischi di impresa possono essere calcolati in modo limpido.
L’abolizione della prescrizione potenzialmente mette l’Italia in uno spazio fuori dallo Stato di diritto e anche al di sotto delle incertezze dello stato autoritario. La fine della prescrizione mette “infinito” sui tempi di ogni controversia, quindi il rischio di impresa diventa incalcolabile e cioè potenzialmente enorme.
Di conseguenza ogni imprenditore, italiano o straniero, dovrebbe ragionevolmente smettere di fare impresa in Italia.
Ciò non accadrà, perché moltissimi piccoli imprenditori non possono emigrare all’estero, dipendono dallo loro impresa per vivere e sanno che la giustizia italiana semplicemente non funziona, nel bene o nel male.
Ma per le grandi aziende e gli stranieri arrivare o restare in Italia significa che ogni possibile imprevisto può essere una controversia da sollevare all’infinito. Non c’è certezza.
Di fatto la fine della prescrizione elimina la presunzione di innocenza che si incarna anche nei tempi ragionevoli che lo Stato può impiegare nel perseguire un certo crimine. I tempi ragionevoli sono anche uno stimolo per lo Stato a cambiare. Senza tempi certi lo Stato semplicemente non ha alcun interesse a migliorare.
A quel punto per un imprenditore è meglio parlare con un dittatore o un capo tribù di certe parti del mondo. Per l’Italia finisce tutto.
È vero: la legge sulla prescrizione serve per affrontare alcuni gravi problemi di criminalità organizzata e corruzione. Ma la soluzione offerta distrugge lo Stato di diritto senza far diventare il paese una dittatura. In concreto crea un caos che prepara nei fatti il paese a una dittatura.
Questo non sarà il disegno esplicito dei propugnatori della legge, ma che essi l’abbiano approvata senza nemmeno rendersene conto è peggio: non sanno quello che fanno. Dio forse li assolverà, ma la politica li deve condannare proprio perché in questo modo fanno saltare un paese.
Questo disastro ha un nome: M5s, e un cognome: Pd. I primi hanno voluto la legge, i secondi si sono accodati. Sono responsabilità oggettive che, secondo la nuova legge, dovrebbero essere inseguite fino alla fine dei giorni. Tutto ciò dimostra che i due, non sapendo quello che fanno, non dovrebbero più governare.
Ma dov’è l’alternativa? La Lega di Salvini avrebbe dovuto porre su basi concrete e coscienti la critica alla legge. Non lo ha fatto. Ha lanciato slogan a effetto, ideologismi non sostanziali e da ultimo ha inseguito l’attenzione mediatica con un ridicolo video di presa in giro del Papa.
Forza Italia è un partito-fantasma di sé stesso, e in questa che avrebbe potuto e dovuto essere la sua campagna, è stata eterea.
Più sostanza è arrivata invece da Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni. La Meloni, con Guido Crosetto, sta da tempo facendo una fuga verso il centro. Al di là della posizione ufficiale di estrema destra e alcune scivolate (“aridatece la lira”) la Meloni esprime spesso posizioni ragionevoli, conservatrici, ma senza gli estremi che si trovano in certe affermazioni della Lega.
Forse proprio per questo il quotidiano inglese The Times e il politologo Edward Luttwak negli ultimi giorni hanno lanciato segnali positivi verso di lei. La Meloni è stata attenta a non pestare calli delicati della Chiesa (niente rosari sbandierati) o con l’America (niente flirt con la Russia o con la Cina). Naturalmente questo è solo l’inizio di una speranza.
Oggi la Meloni viaggia intorno al 10% dei consensi ed è in un angolo politico. Per avanzare verso il centro e avere più sponde deve fare molte cose. Ma la follia collettiva intorno alla prescrizione oggettivamente le offre un’occasione.