In Italia avvengono cose che da lontano appaiono semplicemente incomprensibili, al di là che siano o possano essere buone o cattive.

Si chiudono le scuole ma non gli uffici, perché? Si chiudono le scuole ma non si ordina l’uso di mascherine e guanti; perché? Prima si dice che la chiusura è di due settimane, poi, dopo un giorno, che il periodo sarà prolungato. Perché si dice prima una cosa e poi un’altra a distanza di poche ore? Se ci sono ragioni per questo, vanno dette; se non ci sono ragioni, allora perché queste cose si fanno?



Sembra di vedere di nuovo la storia dell’interruzione dei voli diretti dalla Cina di un mese fa. I voli furono interrotti ma non si ebbe più il controllo di chi veniva dalla Cina, né fu introdotta una quarantena per chi arrivava. Questa misura (forse semplicistica) può essere all’origine dell’esplosione della malattia in Italia. Di certo non ha aiutato.



Oggi queste nuove misure confuse non generano panico dentro e fuori il paese? Non comunicano all’estero che il governo è sconnesso?

In Cina non è stato fatto tutto in modo sbagliato; qualcosa forse si può effettivamente imparare. Pechino ha combattuto per un paio di mesi sull’idea di bloccare Wuhan e la provincia dello Hubei, epicentro dell’epidemia, e mettere in cautela il resto del Paese.

Le preoccupazioni erano le stesse che in Italia: forse non è una malattia così grave, possiamo permetterci il lusso di avere una grande frenata sull’economia?

Ma alla fine hanno messo in quarantena Wuhan e tutto il resto. Inoltre, per dare un segno di svolta alla nazione e al mondo, il presidente Xi Jinping ha licenziato governatore dello Hubei e sindaco di Wuhan.



L’Italia e il suo governo sono davvero in condizioni molto migliori di Hubei e Wuhan?

Certo all’inizio la Cina ha nascosto, mentre l’Italia è stata trasparente. Ma poi Pechino ha preso misure radicali, anche perché Xi ha capito che se non avesse agito con forza con la malattia e nello Hubei, il suo prestigio e la tenuta complessiva del paese sarebbe stata compromessa.

Alcune scelte cinesi in Italia sono improponibili, come ordinare alla gente di non uscire di casa. I cinesi sono pronti all’obbedienza e alla disciplina, e non è solo questione del governo autoritario, anche se esso c’entra.

Bisognerebbe comunque dare un segnale di cambiamento. Se si voltasse pagina, nessuno è sicuro che ci sarebbero decisioni migliori e più chiare. Ma di certo occorre fermare la confusione e tirare una riga.

Questa è una situazione senza precedenti nella storia moderna. C’è l’incrocio di tre elementi: l’epidemia, la recessione economica e lo scontro degli Usa con la Cina. Ci vorrebbe una risposta coerente. Essa è molto difficile e forse nessun governo italiano oggi ne sarebbe capace. Ma anche in assenza di ciò ci vorrebbe un segnale di svolta e di onestà.

I prossimi giorni potrebbero essere molto tesi. Ieri la Borsa americana dopo tre giorni di recupero, ha perso il 3,6% a causa dell’allerta coronavirus in California e ormai la speculazione ha cominciato a scommettere su un grande tonfo.

Del resto, le economie globali rallentano a causa del diffondersi dell’epidemia, né ci sono chiare prospettive di ripresa, sfumano anche le speranze di una ripresa a V della produzione cinese, come accadde nel 2003 con la Sars, che magari traini tutto. Allora quanto ci metteranno i mercati a riflettere questa realtà?

 

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