L’ossimoro, il paradosso (tipo: vai su per andare giù; più diventi pesante più diventi leggero) continua a essere il tratto forte e più vero della politica italiana. Solo che a distanza di oltre 40 anni la storia pare volgersi in beffa.

Le convergenze parallele, l’ossimoro con cui il leader democristiano Aldo Moro minava il potere dell’Urss in occidente cambiando la natura del Pci, si è trasformato oggi nell’ossimoro del governo che meno governa più resta al governo.



In questo l’Italia è vicina alla Cina: anche qui sono esperti nell’arte dell’ossimoro. Di Deng si diceva che indicava a sinistra e girava a destra. Questo per tenere insieme l’interno con l’esterno: il partito, dove l’ideologia maoista era ancora dominante, e la gente e gli Usa, che volevano cambiare la Cina. Ma i paradossi funzionano solo con grandissimi disegni, che oggi in Italia non ci sono.



Così, mentre allora c’era dietro un difficile e grande calcolo geopolitico, come vincere la guerra fredda senza guerra, che alla fine in effetti contribuì a distruggere l’impero sovietico, oggi è il minuscolo calcolo egoistico del “quando mi ricapita?” A creare l’ossimoro attuale del governo che non governa.

L’economia nell’ultimo trimestre è crollata dello 0,3% perché la gente non consuma e ha paura del futuro. Il Fondo monetario internazionale ha rivisto al ribasso le previsioni di crescita e proietta per il 2020 un modesto +0,5%.

Ma con il passare dei giorni tali previsioni appaiono anche troppo ottimistiche, visto l’impatto globale che si profila per l’epidemia del coronavirus partita dalla Cina. L’eccesso di burocrazia e di vincoli al mercato del lavoro, le due lame della forbice che soffocano l’economia italiana, non sono lontanamente affrontate.



La Libia, cruciale per la sicurezza e per la questione principe del dibattito politico italiano, l’immigrazione, è ora sotto il controllo di Russia e Turchia, due paesi che i Savoia combatterono per fare l’Italia, nel 1855 e nel 1911. In altri termini Roma ha messo la sua questione più vitale in mano a turchi e russi, i quali non saranno nemici, ma certo hanno agende sull’Italia molto più divergenti di quelle propugnate per l’Italia stessa dall’Unione Europea.

La guardia costiera libica (cioè del governo di Tripoli di Serraj) non blocca più i migranti e questi hanno ripreso a fluire verso l’Italia. L’obiettivo alla fine non sarebbe di invadere l’Italia con milioni di profughi africani ma più semplicemente di chiedere un compenso per bloccarli.

Ankara ottenne tra i 6 e i 10 miliardi di euro dalla Germania per fermare il flusso di profughi dalla Siria, oggi per la Libia (dove i profughi sono tendenzialmente infiniti) potrebbe chiedere molto di più. Del resto perché non farlo? La Turchia svolgerà un servizio che l’Italia non ha voluto più adempiere dall’inizio del primo governo Conte, quello di guidare e dominare i conflitti in Libia. Se Ankara o Mosca lo faranno, perché non devono essere pagati?

In più c’è il coronavirus. Venerdì Dow Jones ha chiuso con un clamoroso crollo di 600 punti dopo una settimana di scivolate progressive delle Borse asiatiche. L’allarme per il virus sta aumentando di intensità e la Cina si è di fatto completamente fermata. È la prima potenza commerciale e la seconda economia del mondo. Un fermo di solo qualche settimana, come si prevede al momento, potrebbe mandare tutti in recessione e affondare le Borse. In questo l’Italia, minore dei paesi maggiori, è la più a rischio.

Inoltre su questo fronte l’Italia è particolarmente debole. In meno di un anno Roma ha fatto due giravolte. Il Conte 1 ha accolto il presidente cinese Xi Jinping come un imperatore, passando sopra ad obiezioni americane ed europee. Cioè ha promesso l’impossibile: che Roma avrebbe preferito Pechino a Washington o Bruxelles. Al di là di ogni volontà, questo era semplicemente impossibile, ma come ha fatto l’Italia a dirlo a Pechino?

Di più, oggi a meno di un anno di distanza, il Conte 2 ha bloccato tutti i voli da e per la Cina fino alla fine di aprile. Questo è un atto forse eccessivo per i pericoli attuali. Appare una dichiarazione di inimicizia, tanto più ostile perché arriva ad appena pochi mesi dalle prosternazioni a Xi.

Insomma l’Italia ha sbagliato due volte, quando è stata eccessivamente pro-cinese e quando è stata eccessivamente anti-cinese. Né gli Usa o la Ue pare siano felici. Non piace il Conte troppo filocinese, ma nemmeno quello che entra in panico. Tanto più che la questione davvero scottante per gli alleati, il 5G di Huawei in Italia, resta ancora non chiaramente risolta.

Qui l’unico che ha tirato una riga chiara è stato il ministro della Difesa Lorenzo Guerini che, al ritorno di un viaggio a Washington, ha detto come le priorità di sicurezza prevalgono su altre. Non è chiaro se in che misura Guerini vorrà o saprà trasformare questo suo peso oggettivo in un profilo davvero diverso per il governo italiano.