Un’ora di vita è sempre vita. Ma poi si rinasce? Con questa certezza e questo interrogativo in tasca Giuseppe Conte oggi affronterà il Consiglio dei ministri. Vuole garanzie dai partiti di governo, Pd ed M5s, di un reincarico. Ove non le avesse potrebbe rischiare il tutto per tutto nel voto alle camere di mercoledì e giovedì.



Realisticamente non ci possono essere garanzie per Conte. Se non le ha trovate in tre settimane di crisi come fa a trovarle in poche ore? Inoltre Pd e M5s a questo punto hanno oggettivamente bisogno di salvare sé stessi senza farsi trascinare nell’abisso di Conte.

In questo modo infatti se Conte cade il Pd può ritrovare un’unità e margini di manovra senza doversi preoccupare del premier, e il M5s può salvare il suo ministro Alfonso Bonafede senza essere spinto a sacrificarlo per salvare il premier.



In altre parole Conte deve cadere per salvare i due principali partiti della maggioranza. Conte aveva avuto la possibilità di prevalere su M5s e Pd trovando un sostegno politico al di là di essi, ed essi erano disposti ad adattarsi al nuovo disegno. Ma Conte il sostegno extra non lo ha trovato e quindi cade.

Del resto Conte è stato capo di due governi confezionati da altri. Il primo nasceva come anello debole di un’alleanza imperfetta M5s e Lega, ma erano i due leader Luigi Di Maio e Matteo Salvini a governare.

Il Conte 2 invece nasceva da un’invenzione di Matteo Renzi, un sostegno del presidente Sergio Mattarella e una confusione all’ultimo minuto decisa con un tweet del presidente Usa Donald Trump per il suo “Giuseppi”.



Quel Conte 2, nato per evitare le elezioni e tenere Salvini fuori dalle stanze del potere, è sempre stato debolissimo ed è durato grazie al senso di allarme e allo stato di emergenza diffuso dall’epidemia di Covid e dalla confusione agitata dell’ammuina di governo.

Ma ora che con l’arrivo del vaccino l’emergenza dell’epidemia si dissolve, emergono sotto la schiuma tutti i nodi politici irrisolti.

La partita del giustizialismo di una parte della magistratura è ormai minoritaria anche tra gli stessi magistrati. Le assoluzioni illustri, una per tutte quella dopo trent’anni di eclatanti processi di Calogero Mannino, e la spaventosa vicenda di Palamara provano che la giustizia deve essere riformata in senso contrario a quanto alcuni magistrati “militanti” vogliono.

Tanta magistratura è stanca di arbìtri da parte di propri colleghi. Che il M5s non faccia marcia indietro su questo è comprensibile, ma è altrettanto comprensibile come questo non possa diventare la base di un accordo ampio.

Lo spread si sta alzando, segno di un nervosismo dei mercati e dell’Europa sul fatto che ad oggi l’Italia non ha presentato progetti credibili per il Recovery Plan.

In tale situazione bisognerebbe forse andare alle elezioni, ma realisticamente, se così fosse, il 60% dei deputati attuali non sarebbe rieletto. Quindi i parlamentari non voteranno di lasciare i loro scranni per un principio. L’alternativa vera è allora un governo diverso da quello attuale.

Conte ha dimostrato di essere premier rassicurante di fronte al panico che aveva investito il paese. Ma non ha saputo fare politica. Se ne fosse stato capace avrebbe accolto il consiglio di dimettersi che gli demmo venti giorni fa.

Se avesse ceduto allora e da uomo libero avesse tessuto una rete di rapporti per il proprio futuro sulla base di un programma alto e preciso, oggi probabilmente sarebbe già al suo terzo mandato. Ma non ci ha nemmeno provato. Come si fa a essere uomo politico se si rinuncia a fare politica?

Naturalmente se c’è una cosa vera della politica è che nulla è certo, e chissà, forse domani o giovedì potremmo assistere al miracolo di un Conte resuscitato. I miracoli esistono, del resto, anche se dobbiamo sapere che sono rari.