Nella sua prima relazione come presidente della Consob, Paolo Savona ha voluto cambiare il paradigma dell’economia italiana spostando l’attenzione dal debito pubblico, sempre pericolosamente a 132% del Pil, all’esportazione di investimenti e alla montagna di risparmi.
“L’Italia non rappresenta per la comunità europea e globale un problema finanziario, bensì una risorsa alla quale molti Paesi attingono per soddisfare le loro necessità” ha detto Savona.
Infatti, “contrariamente a importanti Paesi sviluppati come Stati Uniti, Regno Unito, Canada, e nell’Eurozona Grecia e Francia, e nel resto del mondo Turchia e l’intero continente sudamericano, l’Italia non assorbe flussi di risparmio dall’estero, ma ne cede in quantità superiori al suo debito pubblico”.
Oltre 50 miliardi di euro all’anno di risparmi italiani sono investiti all’estero. Quindi una crisi economica nel paese diminuirebbe o cancellerebbe questo flusso positivo verso l’esterno.
Inoltre, i risparmi privati all’estero sarebbero pari a circa 3mila miliardi di euro, circa un terzo in più del totale del debito pubblico italiano. Infine la bilancia commerciale italiana è in forte attivo da anni.
Con queste cifre non ci sarebbe in teoria problema a sostenere il debito. Il Giappone con un debito di oltre il 200% del suo Pil non è considerato un rischio per nessuno. Ciò non semplicemente perché Tokyo è padrone totale della sua moneta, e Roma ha ceduto in parte i suoi poteri sulla sua. Il problema centrale che trapela dalla relazione di Savona è che i giapponesi usano i loro risparmi per finanziare il debito pubblico nazionale: comprano titoli nazionali anche se hanno un rendimento sotto il tasso di inflazione.
In Italia invece il risparmio fugge dal paese nonostante il rendimento dei titoli italiani sia più alto di quello dei buoni del tesoro giapponesi o tedeschi.
Il problema italiano quindi, visto in questa luce, non è del suo debito pubblico, né tanto del suo rapporto con le autorità dell’Unione Europea. Il problema è della fiducia dei suoi risparmiatori e cittadini verso il loro governo e le istituzioni dello Stato.
Il tasso di astensione alle urne, le trasmigrazioni di milioni di voti da un partito all’altro nel giro di pochi mesi, come si è visto alle ultime elezioni, sono elementi che confermano la sfiducia degli italiani per l’Italia.
I risparmiatori che votano con i loro portafogli contro l’Italia sono il problema vero che i politici finora sembrano avere trascurato. Non è un problema di partito, ma forse è più profondo, di assetto istituzionale, di zoppia del sistema anche costituzionale che era di fatto “progettato” intorno alla centralità della Dc e al suo rapporto ancillare con la Chiesa.
Poi, 25 anni fa, la Dc è sparita, la Chiesa ha pensato al mondo più che all’Italia, ma il sistema non è stato riprogettato. Quindi i risparmiatori italiani fuggono.
Che fare quindi? Savona ha fatto una relazione da capo di governo che davvero darebbe a Di Maio e Salvini elementi da giocare per restare al governo con argomenti molto forti. Ma M5s dovrebbe bussare da Savona e ragionare con lui di che cosa fare per ridare fiducia al paese, al governo e quindi a se stessi.
Ma questo per essere vero avrebbe bisogno di una premessa profonda: che i due partiti capissero a fondo le implicazioni politiche del discorso di Savona e capissero che per salvare se stessi devono prima pensare a un progetto complesso per salvare l’Italia. Cioè niente più slogan da due soldi e liti da una lira.
M5s e Lega ne sono capaci? Finora non lo sono stati. Senza riflettere a fondo su quanto ha detto il presidente Consob la sua relazione rischia di restare un grido nel deserto, prima che una tempesta di sabbia sollevata dalla profonda sfiducia politica travolga tutto.