Michel Barnier è a ferri corti con il Rassemblement National, che il 4 dicembre potrebbe votare la sfiducia insieme alla sinistra e farlo cadere. I lepenisti dicono no all’austerity e alla miriade di nuove tasse che la sinistra vuole introdurre. “Noi abbiamo fatto una proposta responsabile, che concilia gli imperativi di una buona gestione delle finanze pubbliche con la difesa degli interessi francesi” ci spiega Marianna Rocher, esponente del RN per l’ottava circoscrizione (Italia, Grecia, Israele, Turchia, Cipro, Malta). Ma il governo non ne ha voluto sapere. A quel punto il RN ha posto delle linee rosse, ricevendo ancora “zero risposte”.
Se cadesse il governo, il presidente Macron dovrebbe trovare un nuovo premier e una nuova maggioranza disposta a sostenerlo, perché non si può andare a nuove elezioni prima di giugno. Una situazione difficile, nella quale il partito di Marine Le Pen e Jordan Bardella è convinto che da Bruxelles non arriverebbe nessun aiuto alla Francia, semmai ancora più austerity.
È vero che il Rassemblement National si prepara a far cadere il Governo Barnier?
La prossima settimana vedremo il bilancio della previdenza sociale e allora potremo prendere le decisioni necessarie.
Quale sarà?
Rimaniamo liberi di togliere la fiducia al governo se riteniamo che le sue decisioni siano destinate a peggiorare la situazione del Paese sotto il profilo della sicurezza, della politica migratoria e di quella sociale.
Se votate la sfiducia, cosa vi aspettate che farà il presidente Macron?
Potrebbe proporre un nuovo governo probabilmente con all’interno gli ecologisti.
Qual è la vostra critica a Barnier?
Il governo vuole caricare tutti gli sforzi del risanamento sulla Francia che lavora, sui pensionati più precari e sulle nostre imprese. In questo modo va dritto verso la sfiducia. Adesso la palla è nella sua metà campo: se vuole evitare critiche, deve ascoltare le richieste dei nostri elettori.
Il RN ha fatto proposte?
Abbiamo avanzato una contro-proposta di bilancio, ma Barnier non ne ha voluto sapere. Va detto che la sua stessa maggioranza lavora contro di lui. Il nemico più accanito di Barnier è Gabriel Attal, le critiche più forti alla legge di bilancio sono le sue.
Quali sono le prossime scadenze parlamentari?
Il 2 dicembre si voterà il bilancio della previdenza sociale, il 4 dicembre si può già presentare una mozione di sfiducia. Poi la manovra va in discussione in Senato. Il testo dovrà tornare all’Assemblea nazionale il 18 dicembre, dove Barnier “probabilmente” si avvarrà dell’articolo 49.3 della Costituzione, che consente l’adozione di un testo senza votazione.
Se lo facesse?
Rischierebbe di innescare una grave crisi politica. Subito dopo il ricorso al 49.3 si potrebbe presentare una mozione di sfiducia, con un dibattito previsto intorno al 20 dicembre. Sommando i voti delle opposizioni si arriva a 320 deputati, per sfiduciare il governo ne servono 289.
Come dobbiamo interpretare le parole di Barnier, che ha parlato di “gravi turbolenze sui mercati” se il bilancio venisse bocciato?
I mercati finanziari non crollerebbero a causa di una transizione politica che può portare ad un governo più in linea con le aspettative dei francesi. La Francia continuerà a onorare i propri impegni.
Come si è arrivati a questo punto?
Emmanuel Macron ha fatto una politica che ha indebitato il Paese. Il governo Barnier, incaricato di gestire questa situazione, non ha rispettato l’impegno a non aumentare le tasse, a ridurre la spesa statale non necessaria e a stimolare la crescita. Al contrario, il governo ha proposto un aumento delle tasse sull’elettricità, un aumento del contributo francese all’Ue, una maggiore spesa per l’Ame (Aide médicale de l’État, assistenza gratuita alle persone in situazione irregolare, ndr) e un aumento del costo del lavoro. La situazione è ulteriormente peggiorata durante i dibattiti parlamentari.
Cos’è successo?
L’estrema sinistra ha approvato emendamenti che creano numerose tasse aggiuntive per le imprese piccole e medie e per i francesi: tassa sulle bottiglie d’acqua, tassa sugli ascensori, tassa sul carburante dei pescatori, tassa sull’acqua turistica, tassa sull’assicurazione sulla vita. Di fronte a questa follia fiscale, i macronisti e i repubblicani di Laurent Wauquiez hanno disertato i dibattiti.
Che cosa ha fatto il suo partito?
I nostri deputati sono stati gli unici a bloccare l’aumento delle tasse sull’elettricità e sul contributo all’Ue, e ad avanzare un contro-proposta di bilancio coerente, mirata al risparmio su amministrazione, immigrazione e frodi fiscali e sociali.
Avete posto dei paletti?
Abbiamo delle linee rosse: nessun aumento dell’energia elettrica, rivalutazione delle pensioni di vecchiaia, rimborso delle spese mediche, nessun aumento delle tariffe per le Pmi, convertire l’Ame in aiuti di emergenza.
Cosa avete ottenuto?
Zero risposte positive da parte di Barnier su tutti questi punti. Le sue sono scelte che non pagano: non migliora il deficit e peggiora la situazione sociale del Paese. In più, si rischia una crisi istituzionale.
Lo scenario che si delinea non porterebbe il Paese verso un nuovo periodo di instabilità governativa?
La caduta del governo, combinata con l’assenza di un bilancio votato per il 2024 – il primo sotto la Quinta Repubblica – aggraverebbe la crisi della Francia, che sarebbe senza un governo stabile, senza un bilancio validato e con le forze politiche profondamente divise sugli orientamenti economici e sociali da dare al Paese.
Ma è proprio su questo che sembra puntare Macron. Una prova di forza per tenere tutto così com’è.
Spero per tutti che nessuno possa pensare a giochi politici e scommesse azzardate sulla pelle dei francesi.
Lo spread Francia-Germania è ai massimi da settembre 2012. Allora l’Ue aveva appena intrapreso il percorso di uscita dalla crisi dei debiti sovrani che aveva fatto vacillare l’euro. In Francia c’è la percezione di questa fase critica?
No. Sebbene la situazione sui mercati finanziari sia preoccupante, con molti parallelismi che ricordano la crisi del 2012, questa dimensione resta ampiamente sottovalutata nel dibattito pubblico francese.
Per i mercati le finanze francesi non sono su una traiettoria sostenibile e si dubita che il governo possa raddrizzarle nel breve-medio periodo. Se la situazione dello spread peggiorasse, il governo e la società francesi saprebbero sostenere tagli di spesa o aumenti delle tasse?
In questo contesto di tensioni sui mercati finanziari e di possibile necessità di misure di austerità, il RN ha mantenuto una posizione chiara e coerente: la protezione del potere d’acquisto dei francesi deve rimanere la priorità assoluta. È vero, lo spread franco-tedesco raggiunge livelli paragonabili alla crisi del 2012, ma noi abbiamo fatto una proposta responsabile, che concilia gli imperativi di una buona gestione delle finanze pubbliche con la difesa degli interessi francesi.
In che modo?
Il nostro approccio differisce chiaramente dalle tradizionali soluzioni di austerità che penalizzano sistematicamente le classi medie e lavoratrici. Le nostre proposte concrete di bilancio mirano al risparmio su voci specifiche: riduzione della burocrazia amministrativa, lotta all’immigrazione clandestina, lotta alla frode fiscale e sociale. Queste misure lascerebbero un ampio margine di manovra senza penalizzare il potere d’acquisto dei francesi.
Von der Leyen è riuscita a varare la nuova Commissione, ma con una maggioranza risicata: 370 voti, appena 9 voti sopra della soglia richiesta. Come commenta?
La Commissione von der Leyen 2 si fonda su basi fragili. Questa debolezza politica iniziale potrebbe essere ulteriormente accentuata da una dinamica che lascia presagire un notevole rafforzamento del blocco sovranista, i Patrioti, nel prossimo futuro e che potrebbe sconvolgere gli equilibri all’interno del Parlamento europeo, indebolendo ulteriormente la posizione della Commissione.
Da Bruxelles potrebbe arrivare un aiuto alla Francia?
Mi sembra improbabile nel contesto attuale, per diversi motivi. Innanzitutto, la debolezza politica della Commissione von der Leyen limita notevolmente il suo margine di manovra per iniziative su larga scala. E poi la Francia è già sotto sorveglianza per il suo deficit eccessivo. In questo contesto, l’UE sarebbe probabilmente più propensa a richiedere misure di austerità piuttosto che a fornire ulteriore sostegno finanziario.
(Federico Ferraù)
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