L’annunciata chiusura, Oltralpe, di due stabilimenti da parte di Michelin stringe la morsa della crisi sulla Francia. Un precedente pericoloso che può anticipare altre situazioni del genere. Per sfuggire all’effetto valanga che porterebbe alla perdita di ulteriori posti di lavoro, propone Marianna Rocher, esponente del Rassemblement National per l’ottava circoscrizione (Italia, Grecia, Israele, Turchia, Cipro, Malta), occorre una nuova politica energetica, svincolata dai lacci imposti da Bruxelles, che permetta ai francesi di valorizzare il loro punto di forza storico: il nucleare. La Francia, insomma, deve tornare a fare i suoi interessi. In questo contesto, la legge di bilancio approntata dal nuovo governo Barnier non la aiuta. Anzi, è un nuovo duro colpo all’economia nazionale.
La Michelin ha annunciato la chiusura di due stabilimenti che occupano 1.300 lavoratori: anche la Francia sta cominciando a pagare la crisi del settore dell’auto? Si temono decisioni del genere anche per altre aziende, magari non solo del settore automobilistico?
La deindustrializzazione accelerata è spiegabile per il costo proibitivo dell’energia in Francia, dove, nonostante una produzione nucleare a basso costo, si registra il quarto prezzo dell’elettricità più alto al mondo per le industrie, conseguenza diretta delle regole del mercato energetico europeo. A ciò si aggiungono i costi salariali eccessivi, con un costo del lavoro in Francia tra i più alti, penalizzando la nostra competitività. L’esempio di Michelin è eloquente: l’azienda chiude in Francia, ma investe contemporaneamente nel suo stabilimento in Nuova Scozia (Canada). Questa situazione crea un effetto “valanga” pericoloso: ogni delocalizzazione indebolisce l’intero tessuto industriale e rischia di causarne altre.
La valanga come si può fermare?
Senza un cambiamento radicale della politica industriale, in particolare una riforma del mercato europeo dell’elettricità per ritrovare prezzi competitivi, una revisione del nostro sistema di oneri sociali e un piano di sostegno massiccio all’industria, non ci sarà possibilità né di reindustrializzazione né di rilocalizzazione. Al contrario, rischiamo di assistere a un’accelerazione delle delocalizzazioni industriali, impoverendo ancora di più i nostri territori e il nostro know-how industriale. È quindi urgente ripensare profondamente la nostra politica industriale per mantenere e sviluppare la nostra base industriale.
Cosa dovrebbe fare il governo Barnier per evitare altri casi come quello della Michelin? In questa situazione ci sono delle responsabilità europee?
La chiave sono i prezzi dell’energia. Bisogna procedere a una riforma del mercato dell’elettricità, ispirata all’esperienza di successo della penisola iberica, adattandola al contesto francese. L’obiettivo è stabilire un “prezzo francese dell’elettricità” tramite una deroga alle regole europee, separando i prezzi del gas e dell’elettricità. Questo approccio non mira a smantellare il mercato europeo dell’elettricità, ma ad adattarlo alle specificità francesi. L’esempio iberico è illuminante: Spagna e Portogallo hanno ottenuto nel 2022-2023 una deroga che consente di fissare un tetto al prezzo del gas, riducendo così significativamente le bollette di industrie e famiglie. Questa “eccezione iberica” è stata giustificata dalla loro bassa interconnessione con il resto dell’Europa.
Su cosa può puntare la Francia per recuperare?
La Francia deve tornare a essere un paradiso energetico capitalizzando sul suo storico vantaggio: il nucleare. La nostra indipendenza e competitività energetica passano per un ambizioso programma di costruzione di nuovi reattori, sia EPR che SMR. Questa strategia permetterà di ristabilire il nostro vantaggio competitivo storico nel settore dell’energia, offrendo elettricità abbondante, decarbonizzata e a prezzi controllati per le nostre industrie e cittadini. Ritrovare la nostra sovranità energetica attraverso il nucleare non è solo una questione economica, è la chiave per tornare a essere una potenza industriale attraente, capace di offrire alle imprese un ambiente propizio al loro sviluppo grazie a un’energia competitiva.
Intanto il governo ha visto presentare già la prima mozione di sfiducia, anche se è stata respinta dall’Assemblea nazionale. Come si sta muovendo Barnier?
Il governo Barnier si trova di fronte a una situazione senza precedenti, caratterizzata da diverse tensioni. Le divisioni all’interno del “blocco centrale” (Repubblicani, Renaissance, Modem, Horizons) si manifestano durante il dibattito sul bilancio all’Assemblea nazionale. È un governo indebolito: senza una maggioranza assoluta, dipendente dal mancato voto di una mozione di censura del Rassemblement National, bloccato tra le esigenze contrastanti della propria base elettorale e la necessità di compromessi.
Le prime decisioni del nuovo esecutivo richiamano molto le ricette che in Italia si sono viste con il governo Monti. Una politica di tagli e di austerità: è veramente questo di cui la Francia ha bisogno?
I francesi hanno bisogno di una Francia più forte sulla scena internazionale, ma anche di un miglioramento del loro potere d’acquisto, essendo uno dei popoli più tassati in Europa. Il bilancio presentato dal nuovo governo introduce una legge finanziaria che rappresenta un nuovo duro colpo per l’economia francese. La Francia si isola pericolosamente in Europa con la sua politica fiscale punitiva. Mentre i nostri vicini europei riducono la tassazione per stimolare la loro economia, il nostro Paese continua con una logica di sovratassazione.
Che cosa non funziona in particolare?
Le misure più allarmanti della Legge di Bilancio 2025 mostrano un’aggravante preoccupante: la Flat Tax sale al 33%, un massiccio aumento che scoraggia l’investimento privato, cruciale per la nostra economia, mentre l’investimento immobiliare nella residenza principale è penalizzato, rallentando la riqualificazione urbana e la mobilità professionale. Ancora più preoccupante, l’aliquota fiscale per le imprese sale fino al 35,3%, mentre l’Irlanda mantiene la sua al 12,5%. Questa politica fiscale oppressiva continua a penalizzare la nostra competitività. Risultato: rimaniamo i campioni europei di prelievi obbligatori, spingendo i nostri talenti e capitali all’esilio. Di fronte a questo contesto ostile all’investimento, un supporto professionale per la gestione patrimoniale diventa cruciale per proteggere e far crescere il proprio patrimonio. La Francia merita di meglio rispetto a una politica che penalizza coloro che intraprendono, investono e creano posti di lavoro.
Dopo l’elezione di Trump, Macron ha invitato la UE a svegliarsi e a fare i suoi interessi. L’arrivo del nuovo presidente americano cosa cambierà per la Francia?
La sola cosa che deve preoccuparci è l’interesse della Francia. Di fronte a un’America che difende vigorosamente i suoi interessi nazionali, l’Europa, e particolarmente la Francia, deve svegliarsi. Gli Stati Uniti vogliono aumentare i dazi sui prodotti dei nostri settori strategici: il vino, le automobili, l’aeronautica, con conseguenze potenzialmente gravi per la nostra economia. Per rispondere a queste sfide, la Francia deve assolutamente essere più attrattiva, ridurre le imposte di produzione per sostenere le imprese, rimettere in questione le regole europee del mercato dell’energia che ci impediscono di approfittare pienamente di una nostra risorsa storica come il nucleare e rifiutare categoricamente l’accordo di libero scambio UE-Mercosur, adottando la stessa posizione di Trump, che rifiuta di sacrificare l’agricoltura americana.
Ma i rapporti con gli USA saranno gli stessi?
Il nostro Paese deve ritrovare il suo posto in Europa, difendendo prioritariamente i suoi interessi nazionali. Fermo restando che la Francia e gli Stati Uniti restano degli alleati storici, è tempo che noi adottiamo lo stesso approccio pragmatico: nel momento in cui gli americani difendono i loro interessi nazionali, noi abbiamo un Presidente della Repubblica che sembra più preoccupato degli interessi dell’intero pianeta piuttosto che di quelli della Francia.
(Paolo Rossetti)
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