Piazze piene, in Francia, contro “la madre di tutte le riforme”, quella pensionistica, alla quale Macron non intende e non può rinunciare.

La prova di forza è cominciata, “le otto sigle sindacali, dalla Cgt alla Cfdt, non erano così unite dall’era Sarkozy, 6 francesi su 10 sono contro”, spiega al Sussidiario Francesco De Remigis, inviato a Parigi per Il Giornale, ma non si tornerà indietro. Né sull’innalzamento dell’età pensionabile, né sulla soglia, i 64 anni voluto dal presidente. “Macron è deciso a sfidare i sindacati, le opposizioni li rincorrono. Ed Estrema gauche e lepenisti sono troppo incompatibili per saldarsi”.



Sappiamo che le piazze in Francia sono piene: tutti dietro i vessilli sindacali?

I sindacati hanno acceso una miccia. Bisogna vedere se durerà, se la protesta toccherà altri inneschi scoperti in un Paese dove la rabbia cova in varie forme e diverse ragioni.

Finora gridano al successo, parlano di 2 milioni di persone in piazza. È così?



Sì, tanta gente anche nelle città piccole e medie, non solo a Parigi. Le otto sigle sindacali, dalla massimalista Cgt alla riformista Cfdt, non erano così unite dall’era Sarkozy, quando nel 2010 fu alzata a 62 anni l’età per andare in pensione. I francesi, però, allora si imbestialirono perché Sarko non ce l’aveva nel programma. Macron invece sì.

Allora chi protesta contro la riforma e perché?

Lavoratori di vari settori, da quello energetico a quello ospedaliero fino ai controllori di volo, agli insegnanti di scuole materne ed elementari e anche pompieri. E naturalmente gli cheminots (ferrovieri, ndr). Stando ai sondaggi, oltre 6 francesi su 10 sono contro la riforma, perché in un modo o nell’altro ne vengono sfiorati.



Le adesioni agli scioperi sono trasversali e/o partitiche?

Per ora non c’è stata una saldatura generalizzata anti-Macron, ma di categorie. Chi è sceso in piazza il 19 gennaio vuol combattere l’innalzamento dell’età utile a incassare l’assegno. Era successo pure a Chirac, ma lui neppure l’aveva promessa, la riforma. E i francesi scioperarono in massa a oltranza. Saltò nel complesso, furono introdotte solo poche misure attraverso decreti delegati. Oggi è molto diverso.

Perché?

I francesi hanno rieletto Macron, che ha sempre definito la riforma della pensioni “la madre di tutte le riforme”. L’hanno votato e rivotato. Magari per far barriera a Marine Le Pen, ma l’hanno votato. La sinistra oggi si arrabbia, gli elettori della gauche parlano di tradimento. Ma hanno scelto Macron, quando tutti sapevano che l’avrebbe fatta, questa riforma. E non possono lamentarsi se rimane coerente. A febbraio sarà discussa in Assemblea nazionale.

Come mai per Macron si tratta del più importante cavallo di battaglia e non di una riforma come un’altra?

È più di una riforma, è una prova politica di forza per un presidente che nasce tecnico. È una trincea necessaria per passare alla storia come il presidente che è riuscito a riformare il sistema pensionistico francese, finora solo rivisto. Nel ’92, poi nel 2003 con i primi incentivi all’allungamento delle carriere, fino al 2010 con l’aumento dell’età pensionabile da 60 a 62 anni, quando la Francia rischiava la perdita della tripla A.

Qual è lo slogan dietro il testo contestato?

“Riequilibrare” è la parola. E per farlo serve picconare l’intero sistema, non solo l’età legale ogni tot anni modificata. Macron ha messo nel calderone pure i regimi speciali, ben 42 in Francia, puntando gradualmente a unificarli in un sistema unico che oggi fa ampio ricorso alle entrate fiscali per finanziare casse come quelle dei trasporti parigini, la Rapt, o della Scnf, le ferrovie. Le differenze tra alcuni lavoratori della capitale e quelli nel resto dell’Esagono sarebbero superate. Storture, privilegi acquisiti, a cui Macron vuol porre fine in nome dell’uguaglianza e della tenuta dei conti.

Ti sembra giusta nel complesso?

Necessaria, sì. “Giusta” magari no, anche se Macron l’ha definita così. Migliorabile, certamente. Lo hanno ammesso gli stessi macroniani. Ci saranno correttivi. Ma non credo a una marcia indietro sui 64 anni. Anzi si pone già una domanda se questa riforma non sia addirittura insufficiente per tenere i conti a posto nel lungo. Macron l’aveva pensata a 65 anni, l’età legale, poi ha ceduto, accantonando la riforma nel primo mandato, ridimensionandola l’anno scorso e ora non può cedere ancora a chi dice 63, 62 o perfino sessant’anni.

Abbiamo a che fare con i problemi italiani, cioè deficit crescente del sistema pensionistico e sorpasso della popolazione in regime pensionistico rispetto a quella che versa i contributi?

In parte è così. La Francia spende poi molto anche nello Stato sociale. Aiuti ai disoccupati, alle associazioni che si occupano dei migranti, sostegni di ogni genere. Ma quante nuove nascite ci sono state in Francia nel 2021? 723mila, il tasso più basso dal 1946. E la prospettiva di vita, già alta, si allunga sempre di più.

Ne sei certo?

Be’, la decana d’Europa, la suora francese Lucile Randon, è morta nei giorni scorsi a quasi 119 anni e fino a poco fa raccontava di non aver mai smesso di partecipare alla vita attiva del suo convento. La pianista Colette Maze, ultracentenaria, ha appena inciso il suo ultimo disco di interpretazioni. Certo, non erano cheminots, che sono tra i più combattivi contro la riforma, ma chi non fa un lavoro usurante e si lamenta per due anni in più in ufficio, non sembra aver ragione a prescindere. I casi sono diversissimi e 64 anni con 43 di contributi versati per avere un assegno pieno resta comunque una soglia tra le più basse d’Europa.

Quanto è grave il deficit del sistema previdenziale?

Il Governo dice che le entrate generate dalla riforma non solo compenseranno il deficit di 13,5 miliardi a cui il sistema pensionistico francese andrebbe incontro nel 2030 in assenza di modifiche, ma avanzerebbe anche qualcosa, perché la nuova legge dovrebbe portare 17,7 miliardi di euro nel 2030. Magari da questi prenderanno i soldi per “aggiustarla” un tanto al chilo.

Come funziona?

L’età pensionabile dovrebbe salire tre mesi ogni anno dal 1° settembre per tutti i nati dopo 1968, in modo da raggiungere i 63 anni e tre mesi nel 2027. La riforma si completerebbe entro il 2030 e si avrebbero, secondo le stime, pensioni minime da 1.200 euro. Significa quasi 2 milioni di francesi coinvolti da questa rivalutazione dell’assegno.

I sindacati sono compatti? Qualcuno vuole spaccare il fronte?

Compatti al primo sciopero. Vedremo quando inizierà il dibattito in Assemblée. Intanto tutti e otto confermano il secondo sciopero generale di quest’anno, il 31 gennaio. Poi gli cheminots faranno un bis il 7 e 8 febbraio. Si stanno muovendo anche gli studenti dei licei. La tensione c’è, ma il Governo sta cercando di convincere i francesi a non fare muro. Finora senza riuscirci, siamo all’inizio.

Cosa significa per Borne avere all’opposizione Rassemblement National e France Insoumise?

Estrema sinistra ed estrema destra sono contrarie per motivi piuttosto diversi. E anche nella contestazione stanno scegliendo strade e metodi differenti. La gauche di Mélenchon cavalca la piazza, con socialisti, comunisti e verdi. Le Pen usa i media, per non farsi schiacciare, e si fa sentire in Parlamento. Ecco perché Macron non sembra intimorito dalle proteste. Sono ancora sfilacciate.

È vero che con i voti della destra neogollista di Eric Ciotti il Governo riuscirebbe ad approvare la riforma?

Intanto 7 deputati macroniani hanno già espresso perplessità, e qualcuno dei suoi magari non la voterà. Ma un’ampia parte del centrodestra non mancherà all’appello. Contano i neogollisti. Hanno già trattato modifiche e poi, negli ultimi anni, hanno proposto di portare l’età legale per la pensione a 65 anni. Difficile rifiutare 64. Farebbero la figura dei politicanti.

Dunque “la madre di tutte le riforme” è fattibile?

Non so se sia tecnicamente fattibile, ma tutto sommato necessaria lo è. Ci saranno correttivi. Non credo si tornerà indietro sull’età indicata da Macron, ovvero 64 anni. Siamo in un labirinto tutto da scoprire, ci sono decine di casi da studiare per svariate eccezioni. Per le donne, per esempio, sembra una riforma favorevole, a detta della premier. Deve chiarire punti ancora oscuri.

Le manifestazioni e la riforma stanno cambiando il quadro politico in Francia?

Non mi pare ci siano riposizionamenti. Oltre alla protesta “ufficiale”, c’è un anarco-sindacalismo che attacca stazioni ferroviarie, attivisti che si vantano dei sabotaggi a infrastrutture energetiche, blackout evocati come rischio potenziale per mancanza di lavoratori durante gli scioperi. Macron è deciso a sfidare i sindacati, le opposizioni li rincorrono. Estrema gauche e lepenisti sono troppo incompatibili per saldarsi.

(Federico Ferraù)

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