Macron ha ottenuto quello che voleva: la sua vittoria, a livello istituzionale, è indiscutibile. Anche il Consiglio costituzionale gli ha dato ragione sulla riforma delle pensioni. Eppure il Paese è ancora assolutamente contrario alle modifiche introdotte.

Il presidente si è rivolto i francesi per ribadire la necessità della riforma, promettendo loro interventi per garantire stato di diritto e sicurezza. Basterà per riguadagnare consensi? Intanto i sondaggi, racconta Francesco De Remigis, inviato de “Il Giornale” a Parigi, segnalano un balzo della Le Pen. Se si votasse oggi sarebbe lei la presidente.



La riforma delle pensioni voluta da Macron è legge e ha ricevuto anche il suggello del Conseil Constitutionnel, ma le polemiche proseguono. A cosa possono puntare ormai i detrattori della riforma o cosa vorrebbero?

I detrattori sono molti, quasi 8 francesi su 10. Ma in piazza alla fine sono rimasti in pochi, e non tutti per la stessa ragione. Ho l’impressione che i sindacati, persa questa battaglia, ora puntino a esistere, più che a resistere; a esistere davanti alle telecamere ancor più che nelle fabbriche e nelle raffinerie. Contare nel processo democratico è doveroso, non solo legittimo, per loro. Ma le sigle dei lavoratori non hanno lo stesso peso specifico che avevano 10-15-20 anni fa, quando mobilitarono migliaia di persone contro riformine del lavoro o delle pensioni facendole arretrare. Il ministro Véran mi ha detto in una recente intervista che i sindacalisti sono stati sostituti dai gruppi Whatsapp, e per certi versi è una triste verità.



La tensione sociale è ancora alta o sta scemando? C’è il rischio che monti e che diventi ingovernabile?

La tensione sociale a mio avviso non rappresenta di per sé un elemento di ingovernabilità, specie perché la contestazione violenta non ha quasi nulla a che fare con la riforma delle pensioni. In Francia, a fasi storiche alterne, i movimenti sociali sono sempre stati di massa. Quella di oggi è però una rabbia diversa, eterogenea, che ha nel mirino il politico diventato l’icona di un metodo che certo si può contestare, quello della provocazione costante mista poi a rassicurazioni. Macron ha però spiegato la necessità di andare avanti a tutti i costi con la tabella di marcia. C’è un programma di governo votato nel 2022, con cui Macron ha vinto le elezioni, e contestarlo significa contestare la democrazia. Il problema, per Macron, è semmai che in mancanza di maggioranza assoluta dovrà continuare a cercare intese in aula sui singoli provvedimenti.



C’è qualcuno da destra o da sinistra che può avvantaggiarsi della protesta a fini politici o che sta cercando di cavalcarla?

Immaginiamo che Macron decidesse di sciogliere l’Assemblea nazionale e tornare al voto per il Parlamento. Tutte le simulazioni danno come risultato un voto ancor più frammentato. Quella sarebbe una Francia ingovernabile.

Macron insiste dicendo che l’innalzamento dell’età pensionabile a 64 anni e le altre norme che razionalizzano le pensioni erano necessarie, ma i francesi per la maggior parte restano contrari. Come può farsi “perdonare”?

Mi pare stia cercando altri argomenti per voltare pagina, senza alcun mea culpa. La riforma è ormai chiusa e si è dato 100 giorni per lavorare sui nuovi “cantieri” del Quinquennato. Primo fra tutti, il lavoro. E stavolta ha lanciato un appello ai sindacati per discutere la riforma dei licei professionali.

Quali sono i temi che fanno presa sulla gente e che potrebbero permettergli di riguadagnare consensi?

Consapevole che ormai la maggior parte dei francesi ritiene che ci siano troppi immigrati, tra cui moltissimi che beneficiano di aiuti sociali a pioggia, Macron ha promesso nel suo discorso di lunedì sera rafforzamento e controllo sull’immigrazione clandestina, preannunciando “forti annunci da maggio” anche contro la delinquenza e le frodi sociali e fiscali.

Cioè?

Ieri è stato il ministro dell’Economia Bruno Le Maire a entrare nel merito, citando una problematica arcinota, ma di cui si fatica a parlare perché si aprirebbe un vaso di Pandora che metterebbe la Francia di fronte ai suoi errori di valutazione. Ma se ieri il ministro ha detto che i francesi sono “stufi delle frodi”, lo ha fatto consapevole di trovare consensi, anche in chiave di una sua potenziale candidatura all’Eliseo tra quattro anni. Macron infatti non può ricandidarsi, e punta a far sopravvivere la sua eredità guardando alla destra liberale.

Cosa ha detto Le Maire?

Che i francesi non vogliono vedere persone del Maghreb o di altre parti beneficiarie degli aiuti sociali quando non ne hanno diritto. “Non è fatto per quello, il modello sociale”. È l’ammissione di un fallimento a cui ora Macron proverà a correre ai ripari. A sinistra molti lo hanno visto come un tentativo di stigmatizzare musulmani o immigrati del Maghreb, hanno parlato di un “diversivo”, di una nuova campagna, di nuovi bersagli. Il tema è reale, sentito.

Il tema dell’immigrazione legato a quello della sicurezza non fu un cavallo di battaglia di Sarkozy?

Infatti Sarkozy oggi consiglia dietro le quinte Macron. Se pensiamo che il secondo “cantiere” lanciato dall’Eliseo riguarda quello della “giustizia e dell’ordine repubblicano e democratico”, andiamo al sodo. Il presidente vuole assumere “più di 10mila magistrati e agenti”. A questo si aggiungeranno 200 nuove brigate di gendarmeria nelle campagne e un piano di lotta contro “tutte le forme di delinquenza”. Macron vuole poi rafforzare il controllo dell’immigrazione illegale “integrando meglio” gli stranieri che arrivano in Francia. E questo è anche un messaggio all’Italia, ci sono ampi margini di manovra comuni in sede Ue.

Come cambia lo scenario politico francese dopo questa vicenda? Potrebbero nascere nuove alleanze, nuove forze politiche o il quadro resta quello attuale?

Per ora l’unico smottamento c’è stato a destra, nella famiglia neogollista, che senza un leader forte non insegue più i suoi temi, vive un po’ alla giornata cercando di barcamenarsi tra l’operazione pigliatutto di Macron, che prova sistematicamente ad attingere a questo bacino per dare un nuovo slancio alla sua maggioranza, e quella di Marine Le Pen, a cui una parte di neogollisti guarda con interesse.

L’elettorato si sta orientando diversamente rispetto alle ultime consultazioni?

Tutti i sondaggi vedono un grande balzo di Le Pen. Se si votasse oggi per le presidenziali i numeri dicono che vincerebbe lei, per l’Eliseo, tanto al primo turno quanto al secondo. Ma siamo ai se. Il primo banco di prova saranno le elezioni europee dell’anno prossimo. Lì si capirà se i francesi puniranno Macron o se apprezzeranno il “nuovo” calendario d’azione. Ha lanciato un patto con i sindacati per rivedere certe regole del mercato del lavoro entro l’anno. E dal 1° luglio nessun aiuto pubblico sarà versato a un immigrato su un conto corrente all’estero. Insomma, virata liberale, che strizza l’occhio sempre di più ai neogollisti, e una mezza svolta securitaria, che ammicca ai lepenisti, che della frode sociale attribuita ad alcuni immigrati fanno da sempre una bandiera. Diverso se si parla di frode fiscale, dove prima o poi quasi tutti i partiti sono inciampati.

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