Una recente inchiesta condotta e pubblicata dalla rivista Domani ha scoperto che per circa una decina di anni dalla Francia è stato venuto il famigerato spyware Predator a diversi regimi illiberali, con il beneplacito (e il supporto) dell’Eliseo. Il software da tempo è al centro di numerose controversie internazionali che ne lamentano l’uso, da parte di diversi regimi, per controllare gli antagonisti al fine di distruggere la loro carriera e vita, ottenendo forzatamente prove di eventuali crimini, oppure rendendo difficile (per esempio per i giornalisti) condurre liberamente il loro lavoro.



Da tempo si cerca di dare un freno all’uso dello spyware Predator e mentre negli USA è riconosciuto come un potenziale rischio per la sicurezza democratica e per l’azione estera degli Stati Uniti, l’Europa continua a tardare l’introduzione di regolamentazioni contro lo spionaggio, mentre gli usi e gli abusi sono sempre maggiori. Per chi non lo sapesse, il software permette di introdursi nei cellulari e nei dispositivi tecnologici o inviando un link al bersaglio, oppure semplicemente trovandosi a breve distanza da lui. Di fatto, chi è colpito dallo spyware Predator nota sul suo cellulare alcuni problemi e rallentamenti, mentre la spia ottiene accesso a tutto ciò che vi è contenuto, dai messaggi, alle mail, alle foto e ai documenti, senza esclusioni o crittografia che tenga.



Domani: “Spyware Predator venduto dalla Francia”

Di fatto, la grande volontà di Domani con la sua inchiesta era cercare di ricostruire l’origine dello spyware Predator per comprendere eventuali collaborazioni da parte di nazioni democratiche. Dall’analisi è emerso come la prima notizia che si ha in merito è della produzione di un software da parte della società francese Amesys, che si chiamava Eagle e prometteva di essere “il primo al mondo” nel suo genere. Ad acquistarlo, in questa frase, furono la Francia ed acuni sue ex colonie (Gabon, Guinea Conakry e Marocco), ma venne acquistato anche da Gheddafi in persona.



Da lì la storia dello spyware Predator sa un salto avanti al 2012, quando la società sempre francese (la Nexa) acquistò Eagle dalle ceneri della fallita Amesys, rinominandolo Cerebro. La società, ben più affermata della prima, ottenne in breve il consenso di parecchi ministri francesi, oltre che dei servizi segreti, arrivando nel 2018 fino al presidente Emmanuel Marcon e al suo collaboratore Benalla, che tra il 2020 e il 2021 scambiò 500 messaggi con l’ad di Nexa. Non si ferma qui, però, perché nel frattempo, sempre con l’aiuto di Benalla, l’ancora immaturo spyware Predator arrivò alle orecchie dell’Arabia Saudita.

Non è chiaro se la vendita venne conclusa, ma è certo che tra il 2012 e il 2020 Nexa ottenne circa 30 commesse da 20 paesi mondiali. Tra questi Svizzera, Austria e Germania, ma anche Congo Brazzaville, Oman, Qatar, Kenya, Emirati Arabi Uniti, Singapore, Pakistan, Giordania e Vietnam, tutti regimi illiberali. Chiaro è, invece, che lo spyware propriamente nominato Predator venne creato dall’accordo tra una controllata di Nexa aperta in Arabia Saudita e una società israeliana.