BERLINO – La politica tedesca ha dato il calcio di inizio alla partita elettorale che terminerà con le elezioni politiche del prossimo settembre. C’erano ancora due caselle da riempire negli schieramenti, quelle dei candidati alla Cancelleria rispettivamente dei Verdi e dell’Unione dei cristiano- democratici (Cdu). Entrambi i partiti aspirano alla Cancelleria ma con possibilità di successo molto diverse, come vedremo.
Partiamo dai Verdi, perché il modo come hanno proposto il loro candidato Cancelliere alla stampa, presentando prima il programma e solo dopo il candidato, ha fatto colpo sul gran mondo economico. I Grünen, un tempo così caotici, si sono rivelati dei maestri del Project Planning e questo ha avuto il suo effetto colà dove si decidono le cose importanti. Il fatto che la candidata prescelta Annalena Baerbock, a differenza del co-presidente Robert Habeck ritiratosi in buon ordine, non abbia nessuna esperienza di governo non sembra essere un problema. Almeno a sentire il presidente dell’Associazione delle aziende a conduzione famigliare Reinhold von Eben-Worlé.
Secondo l’imprenditore di Amburgo “molti imprenditori voteranno i Verdi. Forse non quelli del settore manifatturiero, ma certamente i loro figli simpatizzano con l’agenda degli ecologisti”. Stando un sondaggio commissionato dalla rivista economica Wirtschaftswoche, la candidata Annalena Baerbock sarebbe la favorita dell’élite imprenditoriale tedesca per succedere ad Angela Merkel. Il gradimento della Baerbock tra gli imprenditori raggiunge il 26,5%. Al secondo posto c’è il leader dei liberali dell’Fdp Christian Lindner con il 16,2%. Dietro di loro il candidato dell’Unione Armin Laschet, con il 14,3%. Ultimo il leader della Spd (Socialdemocratici) Olaf Scholz con il 10,5%.
La candidatura alla Cancelleria segna un punto di svolta nella storia dei Verdi. Il partito sta raccogliendo quello che i suoi componenti più pragmatici – una volta chiamati quasi con disprezzo realos – hanno seminato nel tempo. Togliendosi finalmente i paraocchi da fricchettone ecologico, questi peones del realismo hanno salvato il partito dal più grande pericolo: rimanere un manifesto monotematico che dura il tempo di una generazione, come è accaduto a tanti altri negli ultimi 40 anni.
Secondo i media Annalena Baerbock è la candidata giusta. Giovane, donna, ex sportiva dallo stile fresco; il contrasto con i candidati Cdu e Spd non potrebbe essere più marcato. “La candidatura di Baerbock è una scelta intelligente”, scrive il quotidiano berlinese Tagespiegel “affidare a una quarantenne senza esperienza di governo la carica politica più importante dello stato rispecchia in pieno lo spirito dei tempi. Con la loro candidata pragmatica e poco ideologica, i Verdi si tengono aperte tutte le combinazioni possibili di coalizioni governative in un anno elettorale lungo e difficile”. Gli fa eco lo Spiegel online che annuncia, in puro stile cancel culture: “Una nuova generazione si appresta a togliere finalmente il potere ai vecchi Babyboomer. La candidatura di Annalena Baerbock sancisce la rivoluzione degli ultimi decenni e allo stesso tempo prepara l’inizio di quella successiva. Baerbock potrebbe fare qualcosa di veramente grande”. E prosegue: “Ciò che i Verdi stanno immaginando è un cambiamento più rapido e più radicale: la conversione dell’economia in una ‘economia circolare’ con una maggiore attenzione al bene comune al fine di limitare il riscaldamento globale, massicci investimenti pubblici in tecnologie e digitalizzazione e la ridistribuzione sociale del reddito secondo meriti e necessità”.
A giudicare dal loro programma-manifesto, oggi i Verdi sono probabilmente il partito più populista sulla faccia della terra, ad eccezione forse del partito comunista cinese. Il procedimento sul quale si fonda il loro consenso è semplice ma efficace: andare dai ricconi e rassicurarli che l’annunciata rivoluzione verde non li impoverirà, anzi, li renderà più ricchi grazie alla digitalizzazione che azzererà i costi del personale, e alle nuove tecnologie che faranno impennare i profitti di chi ha investito bene. Poi andare dai poveracci che temono di perdere il lavoro a causa della rivoluzione digitale e della crisi post-Covid e rassicurarli promettendo il reddito di cittadinanza incondizionato a tutti: la versione green del paradiso socialista. Andare poi dai ragazzini della generazione Greta per ricordargli che gli unici a poter salvare il pianeta sono loro. Quindi andare dai veri stakeholders, i gruppi finanziari e industriali multinazionali, e assicurali che la disgregazione degli stati nazionali a favore del globalismo senza frontiere (soprattutto fiscali) proseguirà come da accordi presi a Davos. Gli unici da cui non si va è il ceto medio che dovrà caricarsi di tasse per sostenere l’economia circolare del paradiso verde. Quindi questa rogna è meglio lasciarla alla Cdu o alla Spd o ai liberali che si sono specializzati nel lavorare gli scarti.
Molti tedeschi, tuttavia, potrebbero chiedersi se desiderano veramente affidare una delle più grandi economie del mondo a una donna che non ha nemmeno diretto un ufficio distrettuale, figuriamoci un ministero. In fondo anche il buon governo è un mestiere che deve essere appreso e padroneggiato. Un cancelliere, ad esempio, non può permettersi di anticipare di otto anni l’uscita dal carbone, come chiedeva fino a ieri la Baerbock sbracciandosi dagli scranni dell’opposizione. Non c’è dubbio però che i Verdi riflettano lo spirito del tempo meglio dei loro concorrenti, ma il modo in cui i due realos Baerbock e Habeck hanno regolato la questione del potere nel partito in privato e senza ricorrere a nessuna votazione, contradice i nobili principi democratici sbandierati nel programma. Qui in parte è l’ideologia e in parte è l’opportunismo a dettare legge. Perché quando in un partito ad impostazione femminista come i Grünen, un candidato uomo incontra una candidata donna, il candidato uomo si attacca al tram. Anche se è il candidato migliore.
Dall’altra parte a competere alle politiche del prossimo settembre ci saranno due anziani maschi bianchi, due relitti, Laschet (Cdu) e Scholz (Spd), lasciati indietro dall’era Merkel come pietre erranti di un ghiacciaio in ritirata. Sono invecchiati male quei due e si vede. La candidatura di Annalena Baerbock specula sul doppio contrasto generazionale e di genere, offrendo ai media un tema semplice con il quale intrattenere gli elettori.
E veniamo alla Cdu, il partito di Angela Merkel che negli ultimi 15 anni ha spadroneggiato. Del suo candidato Armin Laschet si è già parlato. Dopo essere sopravvissuto alla lotta contro Merz l’ha sfangata pure con l’ultraconservatore Markus Söder. Martedì scorso il consiglio esecutivo federale della Cdu lo ha scelto come candidato alla Cancelleria con trentuno voti contro i nove andati a Söder. Almeno qui, al contrario dei Verdi, c’è stata una votazione, ma secondo il presidente dell’Assia Volker Bouffier, il voto non rispecchierebbe la realtà perché la base voleva Söder. E Volker Bouffier non è l’unico a pensarla così. A confermare questi pareri ci sono i sondaggi. Secondo l’ultimo pubblicato dai canali televisivi Rtl e Ntv, solo il 32% degli elettori che hanno votato per la Cdu alle politiche del 2017 intendono confermare la decisione di voto con Armin Laschet candidato cancelliere. Con Markus Söder la percentuale sarebbe stata del 73%. I rischi sono evidenti: delusione della base, attivisti poco entusiasti, perdita di elettori che non voterebbero per la Cdu ma forse per Söder sì.
Laschet punta tutto sul “principio speranza”, altrimenti detto sogni ad occhi aperti, di poter convincere le persone con il suo modo moderato e conciliante. Dalla sua va detto che l’uomo ha dimostrato ancora una volta di essere stato sottovalutato. Anche contro Hannelore Kraft nel Nord Reno-Westfalia o Friedrich Merz nella lotta per la presidenza del partito, si pensava che il Veltroni tedesco avesse zero possibilità, e invece. Inoltre, ha buoni contatti con i Verdi e con la Fdp, il che può essere utile in vista delle trattative post-elettorali che saranno tutt’altro che facili. Certo, Söder è un grande combattente, ma questo è sufficiente a farne un buon candidato Cancelliere? Laschet, d’altra parte, è decisamente noioso. Non riempie le sale convegno degli alberghi di lusso come l’aziendalista Friedrich Merz e neppure i tendoni dell’Oktoberfest come Söder. Eppure, anche Angela Merkel e Helmut Kohl furono derisi all’inizio ed entrambi venivano dati come perdenti. Sappiamo tutti come è andata.
Sia come sia, la partita per la Cdu appare proibitiva. Secondo un sondaggio del centro di ricerche Forsa, se si votasse oggi la situazione sarebbe questa: Verdi 28% (erano 8,9% alle politiche del 2017), Cdu 21% (erano 32,9%), Spd 13% (erano 20,5%), Fdp 12% (erano 10,7%), Die Linke 7% (erano 9,2%), AfD 11% (erano 12,6%). Il grande anno elettorale tedesco si preannuncia lungo e pieno di incognite ma una cosa è certa: quello che accadrà a Berlino a settembre avrà un impatto dirompente su tutta l’Eurozona.
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