STOCCARDA – Due sono le questioni che tengono banco a Berlino e dintorni: 1) se sia più nobile sopportare gli strali del calorifero spento e le ricadute economiche di un embargo energetico totale o tirare innanzi con scuse più o meno credibili (“una Germania debole non è utile alla causa ucraina”); 2) se sia più opportuno inviare armi pesanti a Kiev per combattere e disperdere l’invasore, o astenersi dal farlo, evitando un’escalation dalle conseguenze imprevedibili.
Nell’ambito della coalizione di governo, socialdemocratici e liberali sono più cauti su entrambi i fronti, mentre i Verdi spronano all’azione. Accanto alle prese di posizione nette dei ministri Habeck e Baerbock, spicca nel coro la voce di Anton Hofreiter. Il capo della commissione parlamentare per le questioni Europee si è pronunciato per uno stop immediato alle importazioni energetiche dalla Russia (da compensare con le centrali a carbone) e per l’invio di armi pesanti (panzer, pezzi di artiglieria) sul campo di battaglia.
I motivi di questa divaricazione negli orientamenti sono forse più legati alla classe generazionale che all’ideologia. Gli esponenti governativi dei Verdi sono relativamente giovani, e puntano a smarcarsi dalla classe politica che ha gestito le relazioni con la Russia negli ultimi decenni. Relazioni che oggi sono messe sotto accusa, sia internamente che a livello internazionale.
La Germania è infatti diventata uno dei punchball preferiti dei leader ucraini. Dopo le notizie trapelate sui (presunti) crimini di guerra a Butscha, il Presidente Zelenski ha invitato Angela Merkel a visitare la città, per rendersi conto di persona dei disastri causati dalla sua Ostpolitik (l’ex cancelliera ha risposto difendendo la scelta di non far entrare l’Ucraina nella Nato). Le ire di Zelenski si sono successivamente focalizzate sul presidente federale Frank Walter Steinmeier, che stava organizzando una visita a Kiev. Il massimo rappresentante della Bundesrepublik, nonché ex ministro degli Esteri nell’era Merkel, è stato dichiarato “persona non grata” e invitato a restarsene a casa.
L’atteggiamento spavaldo di Zelenski ricorda quello di Greta Thunberg: entrambi hanno fustigato l’assemblea generale dell’Onu con parole dure (“Come osate?”, “Siete capaci solo di parole vuote”). Una connessione profonda dunque, a livello di Weltgeist, tra Greta, Ucraina e temi ecologici, che potrebbe contribuire a spiegare perché l’impianto accusatorio riguardi esclusivamente politici di Spd e Cdu over 60.
L’orientamento dell’opinione pubblica tedesca sembra collocarsi a metà strada fra la linea del Governo tedesco e quella del Governo ucraino: secondo un sondaggio pubblicato da Statista, il 50% degli intervistati approva le sanzioni, il 37% vorrebbe fare di più. Le uniche voci fuori dal coro appartengono ai cosiddetti “Putinversteher” (coloro che capiscono Putin), che rappresentano però un’esigua minoranza. In altri Paesi (ad esempio l’Italia) la quota degli scettici o apertamente contrari è molto maggiore: un disallineamento che traspare anche dai commenti degli utenti sui social.
Come detto in un articolo precedente, un fattore che potrebbe spiegare l’orientamento del popolo tedesco è rappresentato dal riverbero delle colpe naziste e dei sensi di colpa associati. I media occidentali paragonano la Russia di Putin alla Germania di Hitler, utilizzando termini (“genocidio”) che richiamano alla memoria l’Olocausto. L’inconscio collettivo potrebbe essere quindi spinto verso posizioni più nette, per evitare ambiguità e punti di contatto con un passato scomodo.
Ai primi di aprile, la polizia ha condotto una vasta operazione (800 agenti su 11 Bundeslaender) contro diversi gruppi di estrema di destra (“Atomwaffen Division”, “Combat 18”, “Knockout 51”). Secondo gli inquirenti, si tratterebbe di organizzazioni terroristiche, razziste, antisemite, che incitano alla violenza e all’odio razziale. Questo tipo di notizie, riportate con ampio risalto dai giornali, ricordano al pubblico che il pericolo (neo)nazista è sempre presente: un ulteriore elemento che potrebbe contribuire a consolidare le posizioni degli hardliners.
Sul versante economico, il sentiment è piuttosto negativo. Secondo l’IFO, l’economia tedesca è soggetta a forze dinamiche contrastanti, causate dalla revoca delle restrizioni pandemiche, dagli strascichi della crisi del coronavirus, e dalle onde d’urto prodotte dalla guerra in Ucraina. Il livello pre-crisi della produzione economica dovrebbe essere raggiunto solo nel terzo trimestre dell’anno in corso. Nel complesso, si prevede un aumento del Prodotto interno lordo del 2,7% per quest’anno e del 3,1% per l’anno prossimo.
Il denominatore comune delle forze che influenzano l’economia è rappresentato dall’effetto sull’inflazione, che è in forte rialzo. La Bce non sembra per il momento intenzionata ad intervenire, e anche le parole usate da Christine Lagarde nell’ultima dichiarazione sono apparse piuttosto deboli. Prendendo atto dell’inazione a livello europeo, la Bundesbank ha lanciato un’iniziativa di marketing: un tour in pullman da aprile a ottobre in 90 città, per ricordare ai cittadini che l’istituzione guidata da Joachim Nagel non si è dimenticata di loro. Almeno a parole.
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