STOCCARDA – Le nuove elezioni federali in Germania sono previste per il 23 febbraio 2025. Cala quindi il sipario sulla Ampelkoalition, che nell’immaginario collettivo viene considerata responsabile per la crisi economica attuale. Come sempre, sarà la storia a emettere il giudizio definitivo, anche se questa percezione è probabilmente ingiusta. Semplificando, la crisi dell’economia tedesca è imputabile a tre ordini di fattori: 1) aumento dei costi (energetici); 2) diminuzione dei ricavi; 3) varie ed eventuali.
Per quanto riguarda il punto 1), l’aumento dei costi energetici dipende a sua volta da due fattori: exit dal nucleare e stop del gas russo. Senza saper leggere né scrivere, possiamo affermare che l’exit dal nucleare sia stato probabilmente un errore: prima di abbandonare il vecchio sistema sarebbe stato meglio essere sicuri che il nuovo mix avrebbe coperto il fabbisogno. Non tuttavia un errore del Governo Scholz, bensì di quello Merkel. La decisione fu presa dopo il disastro di Fukushima sulla base di un ampio consenso popolare e implementata negli anni ’10, quando le cose andavano a gonfie vele e la Germania si sentiva invincibile e in grado di impartire lezioni al resto del mondo.
Lo stop del gas russo è invece come noto il risultato della guerra in Ucraina, che ha interrotto i flussi dei gasdotti, anche con l’aiuto di qualche bomba piazzata non si sa bene ancora da chi. Si potrebbe obiettare che una posizione più indipendente della Germania e dell’Europa avrebbero evitato il problema. Forse. Appare tuttavia estremamente improbabile che un qualunque altro Governo avrebbe potuto fare diversamente. L’Europa non è un leader ma un follower e lo spazio di manovra dei Governi nazionali su questioni geopolitiche rimane molto limitato.
Passando al punto 2 (diminuzione dei ricavi), il prototipo è costituito dalla crisi del settore automotive. Ma, come già detto nel mio articolo precedente, la cosiddetta “ideologia green”, dettata dall’Ue e sostenuta naturalmente dai Verdi tedeschi, va nella stessa direzione del mercato cinese, che rappresenta un terzo del mercato mondiale. Se i consumatori cinesi preferiscono auto elettriche cinesi non è colpa del Governo e probabilmente nemmeno delle case automobilistiche europee. Forse è soprattutto merito dell’industria cinese, che ha compiuto un miracolo in tempi record.
Sotto la voce “varie eventuali” possiamo annoverare temi trasversali, quali burocrazia, dipendenti che lavorano part-time o si mettono in malattia, invecchiamento della popolazione, ecc. Problemi reali, ma certamente non ascrivibili alla coalizione semaforica, nonché di difficile se non impossibile soluzione. Forse le sorti più o meno progressive di un Paese non dipendono più che dai Governi dal Weltgeist prevalente, che agisce a un livello più profondo e più arcano.
Il Presidente dell’IFO Clemens Fuest, uno dei principali economisti tedeschi, consiglia di abbandonare la old economy al suo destino e concentrarsi sulle start-up. Come vanno le start-up in Germania? A quanto pare, il declino demografico affligge anche gli unicorni, le cui morti superano le nascite. Dopo il boom post-pandemico, il numero delle start-up tedesche con una valutazione di almeno un miliardo di dollari diminuisce per il secondo anno consecutivo. Nel 2024 solo un’azienda ha acquisito lo status di unicorno, mentre tre start-up lo hanno perso. Attualmente gli unicorni sono 33.
Vediamo qualche caso particolare. Northvolt è un’azienda svedese (ma profondamente radicata anche in Germania) di batterie elettriche, avrebbe dovuto emancipare l’Europa dalla dipendenza dai produttori asiatici, ma che adesso si ritrova con sei miliardi di debiti sul groppone. La filiale statunitense ha richiesto la protezione del Capitolo 11 dai creditori. Tra i motivi dell’insuccesso annoveriamo la scelta per la location della prima fabbrica: Skellefteå, città vicina al circolo polare artico, dove è difficile reperire esperti in batterie (cosa peraltro non facile neanche in zone più temperate). A quanto pare, progettare e produrre batterie elettriche è un’impresa più ardua del previsto. Le attività tedesche, concentrate a Salzgitter (in cooperazione con Volkswagen) e a Heide, per il momento vanno avanti, ma la situazione rimane critica.
Lilium è invece una start-up di Monaco che sviluppa un aerotaxi elettrico e che a dicembre ha licenziato tutti i 750 dipendenti. Ma all’ultimo momento il pioniere insolvente degli aerei elettrici ha trovato un investitore: il consorzio di investitori europei e nordamericani “Mobile Uplift Corporation” ha firmato un accordo di acquisto per le attività operative delle filiali di Lilium. “Siamo molto lieti di annunciare la firma di un accordo di investimento con un consorzio di investitori di grande esperienza”, ha affermato il Ceo Klaus Roewe. “Il completamento della transazione all’inizio di gennaio ci consentirà di riprendere la nostra attività”. Il volo di Icaro può quindi continuare, almeno per un po’…
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.