STOCCARDA – Il settimanale economico Wirtshaftswoche ha recentemente dedicato un lungo articolo al Governo Meloni, dal tono piuttosto critico. Il primo rilievo riguarda la tassazione degli extra profitti delle banche, che ha portato a una flessione delle azioni bancarie. L’iniziativa ha destato preoccupazione tra gli esperti finanziari, tra cui Corrado Passera, che temono una restrizione del credito, in particolare per i clienti più piccoli. In risposta alle critiche, il Governo ha aggiustato il tiro, mitigando alcune misure. Tuttavia, la tensione resta alta, anche in altri settori (come la grande industria farmaceutica) che potrebbero subire la stessa sorte.



Il Governo Meloni è peraltro convinto che occorra intervenire per correggere le storture del mercato. Secondo Wirtshaftswoche, questo approccio statalista è dovuto al background post-fascista di FdI. Il partito sarebbe inoltre cresciuto troppo velocemente, passando dal 4% al 26% in 4 anni: troppo pochi per sviluppare al suo interno le competenze necessarie. Il Governo starebbe d’altra parte cercando di realizzare il programma elettorale: se la promessa di arginare i flussi migratori resta di difficile realizzazione, l’atteggiamento punitivo verso i profitti delle multinazionali può contare su una ricezione positiva da parte dell’elettorato di riferimento (e non solo).



Cosa c’è di meglio che mettere mano al portafoglio (vuoto) e fare dei regali ai cittadini per aumentare il consenso elettorale? Intanto, il debito pubblico, che Wirtshaftswoche definisce “leggendario”, ha raggiunto il 144% del Pil e il suo servizio costa alle casse erariali 80 miliardi all’anno. Notizie poco rassicuranti, senza contare che la Bce, dopo aver portato i tassi di interesse ai massimi da 15 anni, potrebbe decidere di mantenerli a quel livello per un tempo non breve.

Alcune delle critiche del settimanale tedesco si applicano peraltro anche al Governo semaforico presieduto da Olaf Scholz. Delle sovvenzioni statali alle fabbriche di microchip a Dresda e Magdeburgo abbiamo già parlato. Il Governo federale è intervenuto anche sui costi energetici (gas ed energia elettrica), che dopo lo scoppio della guerra russo-ucraina hanno subito un’impennata e, pur con forti oscillazioni di segno opposto, permangono al di sopra dei valori pre-bellici e soprattutto sopra la media dei Paesi industrializzati.



Da gennaio 2023 i massimali tariffari per le famiglie limitano il prezzo dell’elettricità a 40 centesimi al kilowattora e il prezzo del gas a 12 centesimi al kilowattora. I limiti si applicano all’80% dell’importo del consumo previsto: per il consumo restante si applica la tariffa normale. Il ministro dell’Economia e della Protezione del clima Robert Habeck preme ora per prolungare ed estendere le misure anche al consumo industriale, introducendo un prezzo massimo per le aziende ad alta intensità energetica.

L’idea è vista con favore dal Mittelstand (medie imprese). Secondo Christoph Althausse, Ceo di Römheld & Moelle intervistato da Tagesschau, i sussidi sono solo soluzioni di emergenza, costituiscono però l’unica soluzione nel breve periodo, per evitare danni permanenti all’economia tedesca. “Essendo un’azienda di medie dimensioni ad alto consumo energetico,” continua Althausse, “abbiamo bisogno di un alleggerimento dei costi energetici, altrimenti perderemo clienti e posti di lavoro a causa della concorrenza estera”.

Marcel Fratzscher, Presidente dell’Istituto tedesco per la ricerca economica, è invece scettico sull’utilità delle sovvenzioni statali. Secondo l’economista, un prezzo calmierato dell’elettricità industriale impedirebbe i processi di trasformazione necessari per aumentare la produttività, contribuendo a sclerotizzare strutture e processi inefficienti. Anche il Cancelliere Scholz è poco convinto, anche in considerazione del nulla osta che deve essere ottenuto da Bruxelles.

Nel frattempo si è conclusa a Monaco la Internationale Automobil-Ausstellung (IAA – International Automobile Exhibition), sotto il segno del Dragone. Attualmente, solo l’8% delle auto elettriche in Europa proviene dalla Cina, ma la percentuale è in crescita: nel 2022 era solo del 6%. Il Salone dell’auto di Monaco ha messo in luce la dimensione delle ambizioni cinesi: con circa 70 espositori, la delegazione più numerosa era costituita da produttori di automobili e batterie con sede nella Repubblica Popolare.

Le palle sono dunque in movimento. Nei prossimi anni l’industria tedesca ed europea dovrà affrontare la sfida globale con Cina e Stati Uniti per l’auto del futuro, lungo due direttrici principali: motore elettrico e ruolo centrale del software. I veicoli del futuro assomiglieranno sempre più a smartphones dotati di ruote. Dall’esito di questa sfida dipende una quota significativa del peso industriale dell’Europa nel mondo.

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