Dopo anni di bonanza per la Germania, caratterizzati da una performance economica superiore a quella dei partner europei, Francia inclusa, le parti in commedia sembrano essersi invertite. La crescita economica della Francia dopo lo shock pandemico è stata infatti superiore a quella del vicino orientale, un fatto sorprendente ma da prendere con le pinze (un paio di trimestri positivi non costituiscono ancora un miracolo economico). Il tema è stato discusso in un podcast di Handelsblatt da Bert Rürup, capo economista di Handelsblatt, e Michael Hüther, Direttore dell’Istituto Economico Tedesco di Cologna.
Il trend positivo della Francia si è consolidato nel secondo trimestre 2023, in cui l’economia transalpina ha fatto registrare un aumento del 0,5%, principalmente grazie alle esportazioni (tradizionalmente un punto di forza tedesco), che hanno compensato la flessione dei consumi interni. Di questo passo, la Francia può sperare di raggiungere a fine anno un tasso di crescita dell’1%, con beneficio anche per i conti pubblici. La Germania rischia invece di chiudere il 2023 con una (mini) recessione o se va bene con uno “schwarzes Null” (termine normalmente usato per indicare il pareggio di bilancio).
I dati positivi francesi potrebbero peraltro essere dovuti a fattori straordinari relativi al commercio estero, destinati a decadere nella seconda metà dell’anno. Secondo Rürup e Hüther, i buoni risultati sono in parte ascrivibili alle misure adottate dalla presidenza Macron a partire dal 2017, volte a sostenere la domanda interna e a stabilizzare l’economia, anche se ulteriori riforme strutturali saranno necessarie per stare al passo di Stati Uniti, Cina e altri Paesi emergenti.
In realtà, i sensi di inferiorità emergenti degli economisti tedeschi potrebbero essere eccessivi, per due ordini di motivi. In primo luogo, in un periodo costellato di crisi come gli anni ’20 del XXI secolo, il confronto più sensato potrebbe essere quello con i dati pre-crisi. Da questo punto di vista, la differenza di performance tra Germania e Francia è piuttosto contenuta, come si evince dalla tabella seguente (fonte: tradingeconomics.com).
Il fatto è che la Germania ha avuto un crollo pandemico molto più contenuto (-4%) rispetto ai partner europei (-10% dell’Italia ad esempio). Ha poi avuto un rimbalzo più modesto, cosa del resto normale in base alle leggi della fisica. Occorre notare che, dal punto di vista matematico, dopo un calo del Pil pari a x%, un successivo aumento pari a x% non riporta al Pil al valore iniziale. Inoltre, la discrepanza è proporzionale a x. In parole parole, è meglio cadere di meno che rimbalzare di più.
Il secondo motivo è legato al rapporto debito/Pil. In questo caso è proprio la Francia ad aver subito l’incremento maggiore (15%), passando dal 98,10% del 2019 al 112,50% del 2023. La Germania ha fatto registrare un aumento più contenuto (12%), passando dal 59,80% al 67,16%. L’Italia ha fatto ancora meglio (7%), andando dal 134,80% al 144,00%. Anche in questo caso occorre tenere presente che, matematicamente, è più facile avere un incremento inferiore partendo da un valore più alto. La Germania è riuscita quindi a cavarsela mantenendo un livello di indebitamento molto basso, a differenza di quasi tutti gli altri grandi Paesi occidentali.
Particolarmente impressionante appare l’escalation degli Stati Uniti, la cui spesa per interessi ha preso il volo. Come riportato dalla Peter G. Foundation, secondo il Congressional Budget Office (CBO) i pagamenti di interessi, che nel 2019 valevano circa 400 miliardi di dollari, saliranno nel 2023 a 663 miliardi (2,7% del Pil) e aumenteranno rapidamente nel corso del prossimo decennio, arrivando a 1,4 trilioni nel 2033 (3,7% del Pil). Questo anche grazie alla Fed che, nel tentativo di debellare l’inflazione, ha spinto il rendimento dei T-bond a livelli che non si vedevano da 20 anni.
Detto questo, l’economia tedesca è afflitta da problemi oggettivi, legati al decoupling dagli idrocarburi russi, alla bonaccia del mercato cinese, al boomer-drain, che manda in pensione 400.000 lavoratori all’anno, sottraendoli al mercato del lavoro. Secondo molti osservatori, il primo problema è esacerbato dalla transizione energetica, implementata con intransigenza talebana dalla componente Verde della coalizione semaforica. Il ministro delle Finanze Christian Lindner, interprete della componente Gialla della coalizione, è inoltre sempre fissato con il ripristino del freno all’indebitamento: Handelsblatt si chiede se non sia il caso di farlo ragionare.
Sul fronte interno, si registra il crollo del mercato immobiliare, in fase rialzista da decenni. Secondo il Destat (l’Istat tedesco), i valori degli immobili sono diminuiti del 4,4% nel quarto trimestre 2022, del’ 8% nel primo trimestre 2023 e del 10,7% nel secondo trimestre. Il motivo è da ricondurre all’aumento dei tassi dei mutui indotto dalla Bce, sempre per combattere l’inflazione. Indebitarsi è quindi diventato più costoso, non solo per i cittadini, ma anche per gli Stati: lo spread, infatti, sta aumentando. L’unico Paese che può permettersi di indebitarsi senza troppi problemi, grazie al basso stock di debito e ai bassi costi di finanziamento, è proprio la Germania. Un asso nella manica che potrebbe fare la differenza.
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