STOCCARDA – A Berlino c’è grande preoccupazione per la svolta a destra della politica italiana. Il tema è stato sviscerato in un dibattito televisivo su Phoenix moderato da Alexander Kähler, con Tonia Mastrobuoni (corrispondente dalla Germania per Repubblica), Elmar Brok (politico tedesco CDU), Frank Mayer (giornalista svizzero) e Ralph Sina (giornalista radiofonico tedesco).
L’osservazione iniziale è che i gradimenti dei partiti italiani subiscono delle oscillazioni paurose, passando dal 3% al 30% e ritorno nel giro di pochi anni. I partiti tedeschi sono molto più stabili: sempre gli stessi nomi, variazioni percentuali contenute: tutto secondo copione e piuttosto noioso. L’interpretazione del dinamismo italico da parte di Mastrobuoni è che gli italiani sono alla perenne ricerca di una figura messianica: quando si accorgono di non averla trovata, il disamoramento è repentino.
Il partito di Giorgia Meloni è passato dal 4,3% nel 2018 al 26% nel 2022, approfittando di una serie di crisi che hanno messo a dura prova la resilienza dei cittadini. Una traiettoria molto simile a quella del partito nazionalsocialista, che passò dal 2,6% nel 1928 al 37% nel 1932, in questo caso grazie alle conseguenze economiche del crollo di Wall Street del 1929. Lungi da me la volontà di istituire un parallelo fra i due partiti, ritengo strano che il pattern sia sfuggito ai commentatori tedeschi.
La questione posta da Brok è se il Governo Meloni sarà pro-Nato o pro-Russia. Se la futura presidente del Consiglio guarderà probabilmente a Occidente per motivi di continuità storica, i suoi due partner di coalizione hanno indubbiamente delle affinità elettive con il Presidente russo Vladimir Putin, uno per motivi legati al genere teatrale “Burlesque”, l’altro in difesa di Nutella, olio d’oliva extravergine e altre eccellenze nostrane.
Ma è soprattutto lo spettro di un ritorno al fascismo a turbare i giornalisti tedeschi. Gli italiani non hanno imparato niente dalla storia? Mastrobuoni ricorda come Gianfranco Fini definì il fascismo “male assoluto” e come Meloni fu d’accordo. Secondo Mastrobuoni (il cui giornale non è esattamente di destra, dettaglio omesso da Phoenix), il partito Fratelli d’Italia non è populista, bensì nazionalista, cosa che lo renderebbe molto più pericoloso. Meloni auspicherebbe a dare priorità al diritto italiano rispetto a quello europeo, nel solco tracciato dalla Polonia.
La domanda successiva posta da Kähler riprende un altro tema molto caro a Berlino: gli italiani combineranno qualche casino, il nuovo Governo provocherà un’altra crisi del debito sovrano? Secondo Brok, che evidentemente dispone di informazioni riservate, la gestione finanziaria di Meloni sarà solida e non farà esplodere il debito. Brok confida inoltre nel potere del presidente Mattarella di porre il veto su ministri dell’economia inadeguati.
Mastrobuoni è d’accordo: secondo la giornalista di Repubblica, Meloni non ha concesso una conferenza stampa dopo la vittoria elettorale per non spaventare i mercati, dando prova di acume finanziario. Uno dei problemi dell’Italia è infatti come contrarre altri debiti senza destare sospetti, motivo per cui occorre tenersi buoni sia Ue che mercati finanziari.
Nel frattempo il Governo Scholz è passato alle vie di fatto, mettendo sul piatto 200 miliardi di euro per contrastare il caro-bollette e l’inflazione. Un’iniziativa annunciata dal ministro delle Finanze Lindner con toni bellicosi (“La Germania userà la sua potenza di fuoco nella guerra energetica”), che in Italia è stata invece accolta con grande dispiacere. Tra i molti che si sono espressi contro: Massimo Gramellini, che ha definito Scholz uno statista “con la visione strategica di una talpa” e lo stesso Mario Draghi, che ha auspicato una soluzione a livello europeo.
Poiché le ragioni delle irritazioni italiane sono chiare, proverò a fornire elementi a supporto del punto di vista tedesco. Una soluzione europea si tradurrebbe nel predisporre un aiuto di 800 miliardi invece che di 200, finanziati con debito emesso (o garantito) a livello comunitario: una specie di Ngeu 2, che andrebbe nella direzione di una mutualizzazione strutturale dei debiti europei.
Peccato che il popolo italiano abbia appena eletto una signora che la pensa un po’ diversamente. Secondo Meloni, occorre recepire la lezione della Brexit, capendo che l’Unione europea dovrebbe configurarsi come una federazione di Stati indipendenti (vedere video su Youtube in lingua inglese per credere), abbandonando l’idea degli Stati Uniti d’Europa. Il messaggio secondo cui l’Italia deve fare i propri interessi rappresenta del resto uno dei “core values” di FdI.
La decisione di Berlino si armonizza quindi perfettamente con il “pericoloso” nazionalismo del nuovo Governo italiano. Questo forse potrà non piacere a Gramellini, che però deve rendersi conto di non avere ricevuto, a differenza di Meloni, il mandato del popolo italiano. Il vero pericolo, ci permettiamo di suggerire, non è peraltro rappresentato dal nazionalismo o neo-fascismo, bensì dal dilettantismo allo sbaraglio e dall’incompetenza, di cui anche il Governo della perfida Albione sta fornendo in questi giorni un saggio esemplare.
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