STOCCARDA – Nel secondo trimestre il Pil della Germania è sceso dello 0,1% e anche l’indice Ifo non se la passa benissimo. Al di là delle statistiche sempre un po’ astratte, la crisi sistemica che affligge il Paese sta assumendo contorni più concreti. Nell’ambito di un programma di austerità prossimo venturo, il gruppo Volkswagen non esclude licenziamenti e addirittura chiusure di stabilimenti in Germania. L’accordo che garantisce la sicurezza dei posti di lavoro, in vigore dal 1994 e valido fino al 2029, è stato disdetto unilateralmente dall’azienda con effetto immediato.



Il Ceo del gruppo Oliver Blume ha dichiarato che l’industria automobilistica si trova in una situazione molto difficile. “La situazione economica è nuovamente peggiorata, nuovi fornitori stanno arrivando in Europa”, e la Germania arretra in termini di competitività. “In questo contesto, noi come azienda dobbiamo ora agire in modo coerente”. Dal punto di vista del Consiglio di amministrazione, i marchi all’interno della Volkswagen AG dovranno essere completamente ristrutturati, senza escludere, appunto, misure drastiche.



Secondo Volkswagen, la crisi è dovuta essenzialmente a vendite sotto le previsioni: “Ci mancano le vendite di circa 500.000 automobili, la produzione annuale di circa due stabilimenti”, ha dichiarato il direttore finanziario Arno Antlitz. I costi invece galoppano, zavorrati dagli stipendi tedeschi e dai costi di struttura degli headquarters. Il bilancio non appare peraltro particolarmente in sofferenza. I ricavi del gruppo relativo al primo semestre 2024 sono sostanzialmente stabili (158,8 miliardi di euro) rispetto allo stesso periodo del 2023 (156,3 miliardi), l’EBIT previsto per il 2024 si aggira sui 20 miliardi (7-8% dei ricavi). Volkswagen sembra quindi giocare in anticipo, prima che il tetto (che secondo il Ceo del marchio Volkswagen Thomas Schäfer “sta bruciando”) crolli del tutto.



In questo clima denso di preoccupazione per il futuro, anche la politica green e l’auto elettrica sono sul banco degli imputati. Paradossalmente, Volkswagen ha scommesso sulla svolta elettrica prima e più degli altri, grazie alla vista lunga del precedente Ceo Herbert Diess, che adesso si dedica all’agriturismo in Spagna. Il flop di vendite è dovuto in Europa allo scarso interesse dei consumatori per l’auto elettrica, mentre in Cina accade esattamente l’opposto: la quota elettrica è ormai vicina al 50%, ma i cinesi preferiscono le marche autoctone, percepite come superiori dal punto di vista del motore (elettrico) e del software. Insomma, strategia giusta, execution deficitaria e forse anche un po’ di sfortuna.

Cosa dicono le altre principali case automobilistiche tedesche? Anche qui la situazione attuale non sembra cosi drammatica. Nel secondo trimestre, Mercedes ha registrato ricavi per 36,7 miliardi di euro (Q2 2023: 38,2 miliardi), con un EBIT pari a 4 miliardi (Q2 2023: 5 miliardi). Molto simile la situazione per BMW, con ricavi pari 36,9 miliardi (Q2 2023: 37,2 miliardi) e un EBIT di 3,8 miliardi (Q2 2023: 4,3 miliardi). Questi marchi di lusso viaggiano peraltro in un segmento di mercato più elevato e si possono permettere prezzi più alti. Per adesso, ma l’appuntamento con la svolta è solo rinviato.

Quali sono le possibili contromisure? Alcuni (o molti) ritengono che lo stop al 2035 delle immatricolazioni fossili imposto dall’Ue sia stato un errore, a cui occorre porre rimedio. Il Professore Nicola Armaroli, esperto di tecnologie energetiche, ritiene invece che la Commissione europea abbia giustamente voluto dare un segnale chiaro all’industria europea, per salvare, insieme all’ambiente, l’industria stessa dal destino che già fu di Kodak e Nokia. La tecnologia elettrica sembra infatti essere superiore sono troppi punti di vista, distogliere lo sguardo sarebbe come continuare a usare la macchina da scrivere quando esiste già il computer: un danno per i produttori e per i consumatori.

C’è inoltre un elefante nell’abitacolo che in questo momento sembra sparito dai radar, ma potrebbe risvegliarsi e produrre ulteriori sconquassi. Si tratta naturalmente della guida autonoma, in fase di “test avanzato” con clienti paganti negli Stati Uniti, da parte di Waymo e Cruise, in ripresa da un incidente che aveva portato allo stop temporaneo del servizio. Elon Musk ha recentemente dichiarato che la guida autonoma “full” sarà disponibile per Tesla a partire dal 2025. Disponibile su scala ridotta, ma in rapida espansione anche in Cina. Europa: non pervenuta.

Qual è allora la soluzione? Ce la dice il Ceo di Deutsche Bank Christian Sewing, intervistato da Handelsblatt. Secondo il top banker, gli investitori internazionali hanno dubbi non solo sulla capacità, ma anche sulla volontà della Germania di crescere! Una decrescita felice in salsa teutonica insomma. L’economia nel 2025 dovrebbe crescere di più, ma potrebbe essere una crescita da prefisso telefonico. Il Paese ha bisogno di una “agenda 2030”: ridurre le tasse, ridurre la burocrazia e soprattutto lavorare di più. Parafrasando Jeff Bezos, “puoi lavorare a lungo, duramente o in modo intelligente, ma non puoi scegliere di fare solo due delle tre cose”.

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