STOCCARDA – Seguendo le nuove linee guida della politica occidentale, la Germania sta cercando di mettere in pratica il “decoupling” dalla Russia. In barba agli stereotipi che li dipingono come rigidi esecutori di regole e procedure prestabilite, in questa circostanza i tedeschi stanno mostrando un notevole grado di flessibilità e tolleranza per compromessi e contraddizioni.



Un primo esempio in tal senso è dato dall’esclusione delle banche russe dal sistema Swift. Il Governo tedesco ha deciso di vietare l’accesso in modo selettivo ad alcune banche: il ban non riguarda però Sberbank e Gazprombank, che casualmente sono proprio gli istituti di credito necessari per effettuare il pagamento di gas e petrolio. Un altro esempio è dato dalla sospensione del gasdotto Nord Stream 2: gli altri streams restano però attivi, e anche le modalità utilizzate per la sospensione del nuovo gasdotto non precluderebbero un successivo ripescaggio dello stesso.



Questi trucchetti non sono sfuggiti al Presidente ucraino Volodymyr Zelenskyy che, oltre a coordinare le operazioni belliche dalla capitale assediata, è impegnato in un tour virtuale presso i principali Parlamenti occidentali. Nella sessione dedicata al Bundestag, Zelenskyy ha duramente strigliato i parlamentari tedeschi, accusando il Governo Scholz di pensare solo all’economia, ed esortando la Germania ad assumere il ruolo di leader che “merita in Europa”.

Il messaggio è stato ripetuto anche dall’Ambasciatore Andrij Melnyk, molto popolare sui mezzi di informazione (il suo intervento al talk-show “Hart aber fair” del 28 febbraio è stato accolto da una standing ovation). Il linguaggio del diplomatico, come sottolineato da Tagesschau, è tutt’altro che diplomatico. Già nel 2021, Melnyk aveva duramente criticato il Presidente federale Frank-Walter Steinmeier, che aveva difeso il Nord Stream 2, definendolo “l’ultimo ponte tra Russia ed Europa”. Il rifiuto attuale di interrompere le forniture energetiche dalla Russia, recentemente ribadito dal Governo tedesco, rappresenterebbe un “coltello nella schiena dell’Ucraina”.



Le esitazioni della Germania sarebbero dovute, sostiene Melnyk, ai sensi di colpa derivanti dall’operazione Barbarossa, che nel corso della Seconda guerra mondiale costò la vita a 20 milioni di cittadini sovietici. La soluzione per liberarsi da questo trauma consiste, secondo l’ambasciatore/psicoterapeuta, nel rendersi conto che anche l’Ucraina patì duramente per mano dei nazisti. A questo punto non ci sarebbero più scuse per non procedere alla guerra totale contro la Russia.

L’atteggiamento baldanzoso del Governo ucraino ricorda a tratti la self-confidence di Israele. Entrambi i Paesi godono dell’appoggio incondizionato degli Stati Uniti, la cui posizione è peraltro inflessibile. “Sosterremo una risoluzione negoziata che rispetti la sovranità e l’integrità territoriale dell’Ucraina all’interno dei suoi confini riconosciuti a livello internazionale. Full stop”, ha affermato il portavoce del Dipartimento di Stato Ned Price, come riportato dalla CNN. Israele si astiene peraltro dall’applicare le sanzioni alla Russia, dimostrando che è possibile perseguire i propri interessi senza irritare l’alleato statunitense.

Nel frattempo il ministro dell’Economia e dell’Ambiente Robert Habeck è alla ricerca di una soluzione al rebus delle risorse energetiche. Obiettivo: sostituire il gas e il petrolio di Putin con fonti alternative. Ecco quindi il ministro in tournée in Qatar e negli Emirati Arabi Uniti, accompagnato da una delegazione di aziende tedesche. Secondo Klaus Stratmann di Handelsblatt, l’esito della missione è stato positivo: non sono stati ancora firmati contratti (solo Memorandum of Understanding), ma le prospettive sono buone.

Per i Verdi (il partito di Habeck e del ministro degli Esteri Baerbock) si tratta di una situazione piuttosto imbarazzante: cercare un accordo con Paesi dotati di standard democratici non eccelsi, per la fornitura di combustibili fossili: una mission ortogonale, non solo ai dettami del contratto di coalizione, ma anche ai principi-guida del loro partito negli ultimi 30 anni. Per completare il quadro, mancherebbe solo una clausola contrattuale “oil for panzer”, per pagare il combustibile con materiale bellico!

Anche il fronte interno mostra segni di cedimento. La puntata del già citato talk-show “Hart aber fair”, andata in onda il 21 marzo, è stata interamente dedicata alle ripercussioni della guerra sui prezzi di benzina e riscaldamento, che stanno rendendo la vita difficile ai cittadini a basso reddito. La famiglia della signora bavarese Kathrin Waldhoer, ad esempio, dispone di un reddito di 2.800 euro mensili. L’utilizzo dell’auto, indispensabile per accompagnare i tre figli nelle attività quotidiane, assorbe una quota crescente del budget familiare, e i mezzi pubblici non sono necessariamente a buon mercato.

Il Governo ha deciso di intervenire per dare una mano ai cittadini in difficoltà: mettendo a disposizione 300 euro lordi una tantum per ogni lavoratore (più 100 euro lordi per ogni figlio a carico); riducendo per tre mesi il prezzo di un litro di benzina e diesel di 30 e 14 centesimi rispettivamente; incentivando l’uso dei mezzi pubblici con un contributo di 9 euro al mese, sempre per tre mesi. Si tratta di misure temporanee, come sottolineato dal ministro Lindner, preoccupato per l’aumento del debito pubblico.

Lo sgravio dei combustibili fossili rappresenta l’ennesimo ribaltone orchestrato dal Governo Scholz: il proposito, cristallizzato nel contratto di coalizione, era infatti aumentare i prezzi per disincentivarne l’utilizzo. La buona notizia è che l’opinione pubblica sembra approvare le scelte governative. Certo, dopo gli accadimenti delle ultime settimane, la Germania potrebbe avere qualche problema a dare lezioni di coerenza luterana al resto d’Europa.

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