STOCCARDA – Mentre l’attenzione mediatica italiana si concentra sull’aperturismo del principe consorte Giambruno, con conseguente congedo anticipato del medesimo, per la serie “visti dalla Germania” segnaliamo il documentario di Ingo Zamperoni “Mein Italien unter Meloni” (“La mia Italia sotto Giorgia Meloni”). Zamperoni, noto giornalista attualmente conduttore di “Tagesthemen” (trasmissione di Tagesschau), è cittadino tedesco e italiano, con radici familiari in Italia, e il suo documentario analizza il nostro Paese in modo personale e approfondito.
Il viaggio esplora diverse località italiane, dalle rive del Lago Maggiore alle vigne del Prosecco in Veneto, dalla costa adriatica alle città del nord Italia come Bologna e Ferrara, fino a Roma e Catania in Sicilia. Zamperoni incontra parenti e amici con opinioni diverse sulla politica di Meloni: alcuni sostengono il Governo di destra, mentre altri criticano il rapporto con la storia fascista. Il documentario offre un ritratto a 360 gradi della società italiana sotto la guida di Giorgia Meloni, con un’analisi dei motivi che hanno portato molti italiani a votare per FdI.
Il documentario è stato oggetto di un recente podcast di Tagesschau, condotto da Alexander Kunz con ospite Ingo Zamperoni, che si apre con un’osservazione sorprendente: nel dopoguerra la Germania ha avuto 24 Governi, l’Italia 67. Il podcast procede con un sottofondo di mandolino come da copione, e ricorda come l’Italia sia per molti tedeschi un “luogo della nostalgia” (cosa si intende esattamente con questa espressione non l’ho mai capito). È un Paese dove andare in vacanza, dove c’è il sole e si mangia bene, ma molti tedeschi non seguono le vicissitudini politiche del Belpaese (beati loro).
Il titolo del podcast si riferisce alla presidente del Consiglio italiana: “Un anno di Meloni: la donna più pericolosa d’Europa?.” La prima considerazione dei podcaster è che Giorgia Meloni in veste governativa è molto meno minacciosa della versione in opposizione/campagna elettorale. Il Governo italiano si è allineato con Nato e Occidente, senza cedere alle tentazioni pro-putiniane dell’ex Presidente di Forza Italia Silvio Berlusconi, nel frattempo passato a miglior vita. L’integrazione filo-atlantica e filo-europeista del Governo Meloni non desta quindi particolari preoccupazioni.
Aldo Cazzullo sostiene che [noi italiani] “siamo quelli con il debito più alto, quindi siamo gli ultimi a poter dire: ora possiamo fare ciò che vogliamo.” Meloni avrebbe riconosciuto questa realtà e vuole mantenere buone relazioni con Germania e Francia, nonostante la vicinanza politica con i Governi conservatori di Ungheria e Polonia (per quest’ultimo Paese le cose potrebbero cambiare dopo le ultime elezioni). L’obiettivo di Meloni rimane quello di consolidare una forte maggioranza conservatrice in Europa, anche se al momento questa ambizione potrebbe non essere ancora evidente.
Il passato post-fascista del partito FdI pone degli interrogativi ai podcaster e più in generale ai commentatori tedeschi. Infatti, mentre in Germania il ripudio per il passato nazionalsocialista è assoluto, trasversale e profondo in (quasi) tutti gli strati della società, il rapporto degli italiani con la storia fascista è più sfumato. C’è chi pensa che Mussolini sarebbe oggi ricordato come uno statista di alto profilo, se non si fosse alleato con Hitler, trascinando il Paese in una guerra disastrosa, con contorno di leggi razziali.
Viene in mente lo sketch di Benigni sull’elettricista che realizza un impianto elettrico a regola d’arte, ma stupra l’intera famiglia. Più recentemente, Aldo Cazzullo ha scritto un libro sull’argomento (“Mussolini il capobanda: perché dovremmo vergognarci del fascismo”), per ricordarci i misfatti del ventennio. La guerra mondiale rappresenta quindi solo la ciliegina sulla torta.
Nel frattempo, si registrano in Germania movimenti tellurici dalla parte opposta dell’arco parlamentare. Sahra Wagenknecht ha lasciato l’estrema sinistra (“die Linke”) e vuole fondare un proprio partito (“Alleanza Sahra Wagenknecht” (BSW)) con un manipolo di seguaci. Oltre a Wagenknecht hanno infatti lasciato il partito altri nove deputati del Bundestag, motivo per cui die Linke rischia di perdere lo status di gruppo parlamentare.
Mentre l’Italia, secondo Alberto Forchielli, subisce da anni un processo di “messicanizzazione”, la mossa di Wagenknecht lascia presagire un processo di “clubmed-itazione” della Germania. La frammentazione politica tipica del Belpaese, in cui partiti si frammentano in schegge sempre più piccole e impazzite, sembra aver contagiato anche il Paese “core” dell’Eurozona. Wagenknecht aveva infatti fondato il partito “die Linke” insieme al marito Oskar Lafontaine, a partire da una costola dell’Spd. Dal punto di vista culturale, sembra quindi che il Sud globale stia conquistando il Nord. Vedremo se il nuovo partito sarà premiato dagli elettori.
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