La Commissione europea sta facendo pressioni sempre più forti sull’Italia perché ratifichi il trattato Mes (Meccanismo europeo di stabilità). Nel novembre scorso il parlamento italiano si è espresso in modo contrario, impegnando il Governo a non ratificare la riforma del Trattato.
Palazzo Chigi sembra però aver fatto scivolare il Mes nella “logica di pacchetto” (tradotto: di scambio) adottata in sede di negoziato sulla riforma del Patto di stabilità e crescita (Psc) di cui si riparlerà nel prossimo Ecofin di giugno. Sono gli effetti della “moral suasion” europea e il comunicato finale dell’ultimo G7 Finanze ne è la conferma.
In realtà, non c’è Meccanismo o Patto che tenga. Tutta l’Unione economica e monetaria è in un grande vicolo cieco, spiega al Sussidiario l’economista tedesco Heiner Flassbeck, già capo macroecnomista del Diw e segretario di Stato alle Finanze (1998-99) durante il ministero di Oskar Lafontaine. Per Flassbeck l’Italia non deve ratificare il Mes, deve formare una coalizione con la Francia e altri Paesi per cambiare il Psc e contrapporsi al mercantilismo dei Paesi del Nord. Durissimo il giudizio sulla gestione della Bce a guida Lagarde.
Professor Flassbeck, qual è la sua valutazione, al momento, della proposta di riforma del Patto di stabilità e crescita (Psc) presentata dalla Commissione europea?
La Commissione vuole negoziare bilateralmente con i Paesi che superano il limite di debito del 60% (debito pubblico in rapporto al Pil, ndr), che rimane in vigore, e trovare soluzioni individuali. Ma questo suona come un intrigo ancora più grosso di quanto non fosse già la regola, dove Germania e Francia, ad esempio, non sono mai state sanzionate nonostante avessero chiaramente infranto le regole.
Il Governo tedesco non sembra gradire questa proposta. Come mai, a suo avviso?
Il Governo tedesco guarda solo al debito nazionale e questo è sbagliato. L’unica regola fattualmente appropriata avrebbe dovuto essere quella di sviluppare scenari debitori individuali, ma senza alcun compromesso, sulla base di ciò che i saldi di bilancio passati e presenti del rispettivo Paese creano per lo Stato in termini di necessità del proprio debito. Ma i saldi di bilancio settoriali sono sconosciuti in Germania, e non vogliamo nemmeno conoscerli, perché rendono il mondo troppo complicato e opprimono il nostro spirito da casalinga sveva. Quindi né il signor Lindner né i suoi segretari di Stato ne parlano mai, né tanto meno ne fanno la base della politica. Fa comodo che nemmeno la maggioranza degli economisti professionisti vogliano saperne di queste diavolerie, perché mettono in discussione le loro convinzioni.
Nei mesi scorsi si sono evidenziati i limiti dell’attuale Psc. Ora, si dice, viene accantonata l’austerità. Vede reali passi avanti rispetto al passato?
No, non ne vedo, c’è un certo pragmatismo, ma nessuna reale comprensione del contesto.
Cosa pensa della richiesta italiana di escludere gli investimenti e alcune spese (come quella per la difesa) dalla valutazione sul rispetto dei limiti di spesa e dalla traiettoria di aggiustamento del debito concordata con Bruxelles?
Anche l’Italia, a quanto pare, non è in grado di difendersi in modo intellettualmente adeguato. Si tratta di minuzie che non hanno nulla a che vedere con il vero problema.
Ritiene che si possa ancora trovare una proposta unitaria di riforma del Psc? Se sì, come percorrerla e sulla base di quali soluzioni sarebbe possibile un punto di incontro?
No, come ho detto sopra, solo se tutte le parti capissero che risparmio e debito sono due facce della stessa medaglia ci sarebbe un progresso.
L’Italia sta ricevendo pressioni sempre più forti perché ratifichi il trattato Mes, anche se il parlamento italiano si è espresso in modo contrario. Qual è il motivo di queste pressioni, che si sono intensificate proprio durante la trattativa sul nuovo Psc?
Sul motivo, vedi sopra. L’Italia non dovrebbe ratificare e capire che il surplus commerciale tedesco – e olandese – rende impossibile il risparmio pubblico nel resto dei Paesi. Dovrebbe formare una coalizione con la Francia e altri per affrontare chiaramente i Paesi del Nord riguardo alle loro violazioni del Patto.
Il Mes dovrebbe costituire il fondo di backstop della costituenda unione bancaria. Che cosa pensa in proposito? Il Mes ha ancora un senso?
Credo che non abbia alcun senso. E l’unione bancaria è una cosa ridicola.
L’Ue vuole rispondere all’Inflation Reduction Act degli Usa, ma ci sono Paesi, tra cui la Germania, che si oppongono a un’iniziativa simile con un fondo comune europeo, lasciando solo più spazio agli aiuti di Stato. Non c’è il rischio in questo modo di spaccare il mercato comune e di non riuscire nemmeno a contrastare l’Ira?
Il mercato comune è diviso da tempo dal comportamento mercantilista dei Paesi del Nord. Con l’Ira, anche gli Stati Uniti contrastano in primo luogo i surplus commerciali dell’Unione economica e monetaria, causati dai Paesi del Nord. Bisogna innanzitutto farsi un esame di coscienza.
Siamo oggi in un contesto completamente diverso rispetto a tre anni fa, segnato da guerra in Ucraina, fine della globalizzazione, transizione green. Lei ha fortemente criticato la politica monetaria della Bce. Non è chiaro però che cosa ci aspetti, cioè dove la gestione Lagarde possa portare l’Uem. Secondo lei?
Il Comitato esecutivo della Bce, compresa la signora Lagarde, è un fallimento totale. È ciò che accade quando si fa politica monetaria senza un minimo di teoria monetaria realistica, e lo si può vedere proprio ora a Francoforte. Le banche regionali di Germania, Austria e Paesi Bassi hanno avuto la meglio perché il resto del Comitato esecutivo non ne ha la minima idea.
(Federico Ferraù, Barbara Herzog)
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