STOCCARDA – Come evidenziato dall’eccellente articolo di Ugo Arrigo, mentre le dinamiche dei Pil di Italia e Francia hanno fatto registrare nel 2021 un record storico (+6,5% e +7,0% rispettivamente), la Germania ha archiviato un risultato non proprio brillante (+2,8%). Se il rimbalzo piuttosto fiacco del Pil tedesco è sicuramente in parte da attribuire a una caduta nel 2020 più ridotta (-4,6%) rispetto ad altri Paesi europei, una parte del (mancato) effetto resta inesplicata. Ciò che davvero conta è infatti quando verrà raggiunto il valore di Pil pre-pandemico (fine 2019) e su questo obiettivo la Germania (insieme all’Austria) sembra essere leggermente in ritardo.
I fattori chiamati in causa per spiegare il ritardo sono essenzialmente due, entrambi riconducibili alla pandemia. In primo luogo, i famigerati problemi di consegna di materie prime e semilavorati, dovuti alle strozzature logistiche prodotte dalle prime ondate di Covid e dai controlli introdotti per contrastarne la diffusione. Un esempio è dato dalla carenza di chip elettronici, a danno soprattutto dell’industria automobilistica, che in Germania ha un peso enorme sull’economia. Com’è noto, le auto moderne contengono diverse decine di centraline elettroniche, che gestiscono tutte le funzioni del veicolo. Ho appreso da fonte sicura (impiegato della Europcar di Heilbronn) che gli operai delle fabbriche erano costretti a montare, smontare e rimontare le stesse (poche) unità disponibili per fare uscire i veicoli dalla catena di montaggio.
Il fenomeno, che ha interessato tutti i Paesi colpiti dal Covid (e quindi l’intero pianeta) ha avuto un impatto amplificato sulla prima economia europea, a causa di quelli che sono normalmente annoverati tra i punti di forza dell’economia tedesca: il peso dell’industria manifatturiera e il successo dell’export (circa 18% e 43% del Pil, rispettivamente) e la conseguente esposizione alla fornitura e alla domanda proveniente dai mercati internazionali, Cina in primis. Il rallentamento del commercio (fisico) globale causato dalla pandemia ha avuto quindi un effetto maggiore sulla Germania rispetto ad altri Paesi.
Il secondo fattore è dovuto a una quota di vaccinazione della popolazione tedesca al di sotto della media europea, per motivi già analizzati in precedenza sul Sussidiario. La paura del contagio e le misure di lockdown, adottate per fronteggiare l’impennata di casi registrata nel quarto trimestre 2021, hanno depresso i consumi interni e rallentato il commercio. Se il piano del Cancelliere Scholz andrà in porto, la vaccinazione potrebbe diventare obbligatoria in Germania a partire da aprile. La decisione spetta naturalmente al Bundestag, dove un recente sondaggio mostra che l’idea non sembrerebbe godere del supporto necessario.
Secondo il presidente dell’IFO (Leibniz-Institut für Wirtschaftsforschung) Clemens Fuest, intervistato da Handelsblatt, tutti questi problemi sarebbero in via di risoluzione. L’indice di fiducia delle imprese è risalito, i problemi logistici stanno migliorando e la variante Omicron appare meno pericolosa del previsto. I portafogli ordini delle aziende sono pieni, l’industria tedesca è come una molla carica, pronta a scattare. La ripresa dovrebbe quindi prendere slancio a partire dal secondo trimestre, consentendo di recuperare il tempo perduto (Ucraina permettendo).
È opportuno sottolineare come il mercato del lavoro stia reagendo in modo sostanzialmente positivo. Secondo la Bundesagentur für Arbeit, “durante la pausa invernale, il numero dei disoccupati è aumentato a gennaio 2022 rispetto al mese precedente, da 133.000 a 2.462.000. L’aumento è stato quindi notevolmente inferiore rispetto agli anni precedenti. La disoccupazione destagionalizzata è quindi diminuita di 48.000 unità. Rispetto a gennaio dello scorso anno, sono 439.000 in meno. Il tasso di disoccupazione è aumentato da dicembre 2021 a gennaio 2022 di 0,3 punti percentuali al 5,4 per cento.”
Sul fronte finanziario, la Banca centrale europea ha deciso, per il momento, di non aumentare i tassi. La decisione è stata accolta con sfavore dalle imprese tedesche, che normalmente si giovano di tassi di interessi bassi, ma che al momento sono alle prese con costi dei prodotti di input troppo elevati, dovuti appunto all’inflazione galoppante. La Presidente Lagarde ha motivato la decisione con la necessità di non ostacolare il recupero di quei settori dell’economia europea che sono ancora alle prese con i postumi del Covid. Le previsioni di Francoforte (e anche quelle dell’IFO) restano comunque improntate all’ottimismo: l’inflazione dovrebbe restare su livelli elevati ancora per un semestre, per poi tornare sotto il 2% entro fine anno.
Nel frattempo, il ministro delle Finanze Christian Lindner si incontrato a Roma con il suo omologo italiano, Daniele Franco. La sensazione è che il dibattito sulla riforma del Patto di stabilità stia entrando nel vivo. Il tema ripropone il tradizionale confronto tra il Nord frugale in vena di austerità e il Sud spendaccione in cerca di flessibilità. In base all’analisi del contratto di coalizione, non sembrano esserci le premesse per un cambiamento di rotta del Governo tedesco rispetto ai governi precedenti: vedremo come Italia e Francia sapranno giocare le carte in loro possesso.
Lindner ha peraltro in programma un altro viaggio in “Bella Italia”, per sposarsi con la altrettanto bella giornalista Franca Lehfeldt. Come riportato da “T-online”, il matrimonio civile è programmato ad Amburgo per il 7 luglio. Successivamente Christian, Franca ed il loro entourage si trasferiranno in Toscana, dove intendono sposarsi in una piccola cappella vicino alla città di Lucca. In un’intervista a RTL, Franca Lehfeldt ha dichiarato: “Siamo felicissimi”. Speriamo che il matrimonio italiano stabilisca un profondo legame emotivo tra il nostro Paese e il ministro, che lo aiuti a vedere le cose dalla prospettiva a Sud delle Alpi, per trasmettere felicità anche al debito pubblico italiano.
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