BERLINO – Una notizia allarmante sta inquietando la Germania. Ieri il Governo ha fatto sapere che chi ha meno di 60 anni non deve vaccinarsi con AstraZeneca. Il motivo è l’aumento allarmante dei casi di trombosi avvenuti dopo la somministrazione del vaccino nella popolazione più anziana. In una nota relativa al caso, il Comitato permanente per la vaccinazione presso l’Istituto Robert Koch (Stiko) ha comunicato che la trombosi si manifesterebbe entro pochi giorni dalla somministrazione del farmaco. Fino a oggi sono stati riscontrati 31 casi certi. In un’intervista rilasciata al quotidiano Die Welt, il Prof. Dr. Hugo Van Aken, direttore della clinica per malattie infettive all’Università di Münster, ha dichiarato che la mortalità per gli under 60 in seguito all’assunzione del vaccino AstraZeneca è più alta di quella del virus Covid-19, confermando i timori di molti che il rimedio approntato così in fretta fosse peggiore del male.



La decisione è un ribaltone clamoroso se si considera che fino a ieri Angela Merkel sosteneva che erano soprattutto gli under 60 a doversi vaccinare, e cade pesante come una tegola, l’ennesima, sulla testa della cancelliera che da un po’ di tempo a questa parte sembra non farne più una giusta. Che qualcosa stesse andando storto con i vaccini lo si era capito dall’ammutinamento del personale medico nella regione di Hannover. Un quotidiano locale riferisce che il 27 marzo centinaia di medici e infermieri non si sono presentati all’appuntamento per la vaccinazione. Si tratta dei due terzi del personale medico e paramedico che avrebbe dovuto vaccinarsi quel giorno, una cifra enorme se si pensa che si tratta di personale specialistico. È facile a questo punto immaginare la domanda del cittadino comune: se sono proprio i medici i primi a non avere fiducia nei vaccini chi può garantire che questi prodotti siano sicuri? I media? I politici? I personaggi famosi?



I dati iniziano ad affluire anche da altre parti del mondo. Sulle morti correlate ai vaccini il Cdc (Centro americano per la prevenzione e il controllo delle epidemie) scrive sul suo sito: “Dal 14 dicembre 2020 al 29 marzo 2021, negli Stati Uniti sono state somministrate oltre 145 milioni di dosi di vaccini Covid-19. Durante questo periodo il Vaers (centro di segnalazione per reazioni avverse ai vaccini) ha ricevuto 2.509 segnalazioni di decessi (0,0017%) tra le persone che hanno ricevuto un vaccino Covid-19. I medici del Cdc e della Fda esaminano ogni caso di morte non appena notificato e Cdc richiede cartelle cliniche per valutare ulteriormente i rapporti”.



Lo 0,0017% è una percentuale molto bassa. Un prezzo tutto sommato accettabile per raggiungere la famosa immunità di gregge promessa dai vaccini che ci ridarà la vita precedente, ammesso che si possa tornare alla vita precedente. Tuttavia, come tutte le cose di questo stramaledetto impiccio chiamato Covid, si tratta di un numero incerto, temporaneo, un numero che potrebbe virare al brutto. Infatti, per i decessi avvenuti in seguito alla somministrazione del vaccino non vale lo stesso criterio di assegnazione della causa che vale per i decessi Covid. Nel primo caso la causa della morte viene indagata in modo esaustivo e nel caso siano presenti altre patologie, difficilmente il decesso viene attribuito al vaccino, mentre nel secondo caso, la morte in ospedale di un paziente risultato positivo al virus ma che era afflitto anche da altre patologie, viene quasi sempre attribuita al virus.

Le retromarce di Angela Merkel prima sul lockdown pasquale e adesso sui vaccini AstraZeneca dimostrano su quale piano inclinato ci muoviamo. Al di là dei giudizi di valore sull’operato del Governo tedesco questi ripensamenti non fanno che confermare quello che si sospettava da tempo, e cioè che su questa brutta faccenda del Covid abbiamo ben poche certezze e che il mondo scientifico non è in grado, per il momento almeno, di fornirci delle risposte univoche. Se vogliamo veramente iniziare a uscirne dobbiamo smetterla di approcciare questa faccenda con lo spirito ottuso del tifoso, dobbiamo piantarla di dividerci secondo casacche ideologiche indossate senza riflettere e recuperare l’amore per, e la tensione verso la verità che ha animato la civiltà europea fin dai tempi di Socrate. Dovremmo organizzare dibatti pubblici a livello quantomeno europeo dove esperti di una e dell’altra parte possano confrontarsi su tutto: efficacia scientifica del lockdown, effettiva pericolosità del virus e dei vaccini, pressione delle industrie farmaceutiche e della politica per tentare di influenzare le ricerche e via discorrendo. Le disputatio medioevali mettevano a confronto le idee dei contendenti davanti a una platea di studenti obbligati ad assistervi; possibile che noi uomini del terzo millennio non siamo in grado di fare ciò che i nostri avi facevano ottocento anni fa?

E magari potremmo incominciare a discutere la dichiarazione del produttore del vaccino Moderna, il quale sostiene che nella vaccinazione mediante mRna non si tratta tanto di un vaccino quanto di un sistema operativo per applicare la tecnica genetica all’uomo. Perché, come dichiara il Dr. Tal Zaks, Chief Medical Officer di Moderna Inc, “in definitiva noi hackeriamo il software della vita”.

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