STOCCARDA – Continua il periodo di “Flaute” (bonaccia) per il veliero teutonico. Come riportato da Dennis Huchzermeier, senior economist dello HRI (Handelsblatt Research Institute), l’economia tedesca non ha ancora recuperato il livello pre-pandemico, mentre il Pil dell’Eurozona è superiore del 3% rispetto al valore del 2019. L’HRI prevede una crescita dello 0,3% nel 2024 e dello 0,6% nel 2025. Stime decisamente più pessimiste rispetto ad altri istituti di ricerca economica, che vedono una crescita compresa tra lo 0,5 e lo 0,9% per il 2024 e almeno dell’1% per il 2025. Il relativo ottimismo di questi ultimi, spiega Huchzermeier, è dovuto alla speranza in una ripresa dei consumi, che dovrebbero dare un impulso alla crescita. Restiamo comunque nell’ambito dei prefissi telefonici.



Il tema è stato dibattuto in una recente puntata del talk-show condotto dal giornalista italo-tedesco Markus Lanz su ZDF. Come osservato da Lucio Baccaro, direttore dell’Istituto Max Planck per lo studio delle società, la componente FDP della coalizione governativa vuole stringere i cordoni della borsa. Christian Dürr, leader del gruppo parlamentare FDP, è per il Schuldenbremse (freno all’indebitamento) senza se e senza ma: “La nostra partecipazione al Governo era condizionata al mantenimento del Schuldenbremse in Costituzione”.



Di diverso avviso è la giornalista Ulrike Herrmann: senza debito non ci sono investimenti, senza investimenti non c’è futuro. La Germania è ostaggio dei “talebani del debito”, sacerdoti di una religione che vede nel rispetto del freno all’indebitamento un totem inviolabile. Markus Lanz incalza Dürr, ricordandogli che una quota sempre maggiore di risorse finanziarie sono assorbite dalle pensioni. Quanti soldi finiscono in investimenti produttivi? Dürr appare un po’ confuso sulle cifre, ma difende la linea rigorista.

La questione del debito ha tenuto banco anche da “Anne Will” su das Erste, un altro salotto buono della televisione tedesca. La situazione attuale è tale da dichiarare uno stato di emergenza, in grado di giustificare la sospensione del freno? Secondo Marcel Fratzscher, Presidente del German Institute for Economic Research, è difficile argomentare che la crisi climatica sia una emergenza imprevedibile. La Corte Costituzionale ha avuto quindi ragione. Occorre però trovare altri strumenti, necessari per recuperare il ritardo causato dai risparmi eccessivi degli ultimi anni.



Come ricordato in un articolo di Stefan Foag su Bayerische Rundfunk, l’avversione al debito pubblico affonda le radici nella storia del XX secolo. Dopo la fine della Prima guerra mondiale, la Germania si ritrovò fortemente indebitata a causa delle riparazioni imposte dal trattato di Versailles. Venne quindi risucchiata nel vortice di una devastante crisi economica, con contorno di iper-inflazione e risvolti sociali disastrosi, che favorirono l’ascesa del partito nazista. Un trauma profondo, utile per interpretare l’allergia verso il debito. Un rigetto percepibile anche parlando con la gente comune, che i vari partiti politici si limitano a interpretare.

La relazione storica tra il popolo tedesco e il Governo, caratterizzata da un profondo attaccamento al risparmio e da una marcata diffidenza nei confronti di un’eccessiva ingerenza statale, ha contribuito a plasmare un sentimento distintivo rispetto ad altre nazioni europee, come la Francia, che affronta il tema del debito con un approccio più pragmatico. È pur vero che fu l’indebitamento statale eccessivo a portare allo scoppio della Rivoluzione francese e al ventennio napoleonico. Ma da allora è passata molta acqua sotto i ponti della Senna, e comunque la presa della Bastiglia e il guado della Beresina fanno parte di un periodo glorioso della Grande Nation.

L’allergia tedesca per il debito proprio e altrui ha anche portato alla riforma del Patto di stabilità e crescita, che, come predetto in tempi non sospetti, si è concretizzata in senso più restrittivo: “Quindi, se di una riforma del Patto di stabilità si potrà parlare, si tratterà di una riforma in senso forse più rigorista, nel senso che le nuove regole, una volta fissate, dovranno essere applicate senza eccezioni.” E cosi è stato. Lezione per l’Italia: meglio non lamentarsi troppo, le cose possono sempre peggiorare.

Come se la passa nel frattempo il Governo Scholz? La crisi paventata all’ombra della sentenza di Karlsruhe sembra rientrata. Ragionando all’italiana, potremmo dire che tutti i partiti della coalizione vanno male nei sondaggi e quindi nessuno ha interesse ad aprire una crisi con nuove elezioni. Pensando alla tedesca, possiamo confermare che anche le crisi di governo, come il debito eccessivo, da queste parti sono un argomento tabù.

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